Già vero e proprio caso cinematografico nelle nostre sale, nonché titolo di punta dell’ottava edizione del Nordic Film Fest, Border – Creature di Confine – per la regia dell’iraniano naturalizzato svedese Ali Abbasi – sta a rappresentare, all’interno del panorama cinematografico mondiale, quasi una sorta di prodotto a sé, data la sua singolare connotazione che si situa a metà strada tra il cinema fantastico e quello di denuncia sociale, per immagini magnetiche e personaggi che difficilmente riusciranno a farsi dimenticare.

Tutto prende il via, dunque, presso la dogana svedese, luogo in cui lavora Tina (Eva Melander), una donna dalle fattezze assai particolari, dotata di un fiuto eccezionale, adatto a captare ogni più recondita emozione umana. La donna, con un padre anziano e malato che ha sempre creduto in lei, convive con un uomo che sembra non darle alcuna importanza e che la tradisce continuamente senza nemmeno preoccuparsi nasconderle i suoi stessi adulteri. Le cose cambiano improvvisamente nel momento in cui Tina, alla dogana, fa la conoscenza di Vore (Eero Milonoff), un uomo che le somiglia incredibilmente e che, proprio come lei, ha le stesse capacità di captare le emozioni umane.

Border - Creature di confineCreature umane o esseri appartenenti a un altro mondo? Quello che Ali Abbasi ha in Border – Creature di Confine ha voluto mettere in scena è, in primis, un grande disagio dovuto alla diversità, unitamente all’importanza di essere sé stessi e di capire chi si è veramente. Un tema, il presente, che, all’interno di questa ottava edizione del Nordic Film Fest, è stato sviscerato molto chiaramente anche nel meno riuscito lungometraggio norvegese The lion Woman di Vibeke Idsøe e che, nel presente caso, trova un suo riuscito compimento nella scelta di raccontare il tutto attraverso un innovativo film di genere dalle venature dell’horror, ma che horror, di fatto, non è, e che attinge a piene mani dalla tradizione scandinava.

Il passato, dunque, viene intelligentemente collocato in una possibile e attuale storia contemporanea, dove a fare da protagonisti assoluti sono soprattutto una forte componente soprannaturale unita a un impietoso realismo, per un mix tanto insolito quanto fortemente ricco di appeal.

A fare da perfetta cornice in Border – Creature di Confine è lo stesso paesaggio svedese – trattato dal regista quasi alla stregua di un ulteriore personaggio – dove scene girate prevalentemente in penombra (in particolare per quanto riguarda l’abitazione di Tina) o in notturna (per quanto riguarda la maggior parte del girato in esterni) con una fotografia virata fortemente al blu (e qui l’impronta di gran parte della cinematografia scandinava si fa più che mai evidente), stanno a trasmettere alla perfezione quell’agorafobico senso di isolamento vissuto dalla protagonista.

E poi, non per ultimo, c’è il bosco. Il bosco con tutte le sue valenze e il suo significato intrinseco. Il bosco simbolo dell’onirico e dell’inconscio, all’interno del quale – di notte, quando nessuno può venire a sapere nulla – i due protagonisti scoprono la loro vera natura e si sentono finalmente liberi di essere sé stessi. Il bosco che, insieme all’acqua, da sempre simbolo di rinascita e di ritorno alla placenta materna, assume, qui, un ruolo chiave nella scoperta della libertà, della vita, dell’amore. Soprattutto dell’amore verso sé stessi, sempre dato per scontato, ma, in realtà, così difficile da raggiungere. Il tutto all’interno di un prodotto così diverso dai canoni scelti dalla distribuzione nostrana, ma, allo stesso tempo, che non può certo passare inosservato.