In The Prodigy – il figlio del male il professor Jacobson spiega alla giovane madre Sarah Blume la differenza tra possessione e reincarnazione. Mentre la possessione è il controllo di un’entità soprannaturale sullo spirito di un essere vivente, la reincarnazione è il processo per cui l’anima, una volta morto il corpo che abita, rinasce in un altro corpo. Se per il primo caso è necessario un esorcismo per allontanare lo spettro, nel secondo invece bisogna intervenire con una seduta di ipnosi.

Dopo pochi anni dalla nascita, il piccolo Miles (Jackson Robert Scott) manifesta atteggiamenti che preoccupano la madre Sarah (Taylor Schilling). Nonostante alcuni insegnanti lo considerino un piccolo prodigio per la sua insolita intelligenza, Sarah crede che qualcosa di strano stia prendendo il sopravvento sul bambino e per questo decide di sottoporlo alle sedute di ipnosi del professor Jacobson (Colm Feore).

il figlio del male

L’identità della forza maligna attorno cui ruota la narrazione di The Prodigy – il figlio del male è comprensibile già nei primi minuti della visione, durante i quali si può inoltre intuire la chiusa stessa del film. Il prologo e l’epilogo sono infatti le parti più riuscite dell’horror diretto da Nicholas McCarthy, perché solo durante l’arco finale i fili narrativi mal tessuti dalla sceneggiatura iniziano a intrecciarsi a dovere.

Tra omaggi e riferimenti a L’esorcista di William Fredkin e Rosemary’s Baby di Roman Polanski, The prodigy il figlio del male si concentra sulla precoce intelligenza di Miles non sviluppando in maniera coerente altri aspetti della vicenda. il possibile legame tra il bambino ed entità, o il difficile rapporto col padre sono spunti solo accennati che finiscono nel calderone delle dinamiche di genere, come ad esempio le discese nei seminterrati bui o le registrazioni di borbottii in lingue sconosciute.

il figlio del male

La tensione e il mistero del racconto devono quindi lasciare il posto a una suspense costruita ad hoc per ogni blocco consequenziale, in cui è il jump scare più elementare a farla da padrone. The prodigy – il figlio del male non riesce a conciliare la pretesa di spaventare a tutti i costi lo spettatore con l’ambizione di offrire un’opera che pone invece la paura stessa come motore della narrazione, aggiungendosi così alla mole di scivoloni horror che promettono di fiorire solo nei probabili capitoli successivi.