Forse uno dei sequel più attesi (e temuti): 35 anni dopo l’indimenticabile monologo, diventato d’uso comune, “Io ho viste cose che voi umani …” e quel brusco finale in cui le porte di un ascensore si chiudevano sull’immagine di Rick Deckart  e Rachael in fuga, l’universo di Blade Runner è ritornato nelle sale diretto da Denis Veilleneuve.

Accolto, come da copione, da critiche contrastanti. Tra chi lo assurge a capolavoro e chi lo demolisce, Blade Runner 2049 è un degno sequel del primo capitolo diretto da Ridley Scott, il quale rimane insuperabile, bisogna sottolinearlo, in epicità, bellezza e poesia. Denis Veilleneuve ha dato vita a un’opera di forte impatto visivo, merito anche del direttore della fotografia Rogers Deakins, non a caso plurinominato agli Oscar. Un film pregno di filosofia, che spazia dalle crisi esistenziali, al concetto di memoria, al significato dell’umanità, senza dimenticare le spettacolari sequenze da cardiopalma. Gli omaggi al primo capolavoro sono tanti e spesso commoventi: una costante pioggia non può non portare il pensiero dritto a quelle “lacrime nella pioggia” che bagnano il viso di Rutger Hauer. In questo senso, non è difficile rivedere delle somiglianze o dei semplici, magari non lampanti, riferimenti tra i nuovi personaggi e gli iconici protagonisti del primo capitolo.

Rick Deckard (Harrison Ford) –  Agente K (Ryan Gosling)

L’Agente K è un replicante di ultima generazione programmato per dare la caccia ai vecchi Nexus, proprio come il cacciatore di taglie Rick Deckart (file rouge tra i due capitoli) che nel “lontano” 2019 aveva il compito di “ritirare” i replicanti ribelli. Forti, impassibili, duri a morire: Deckart e K sembrano, quasi, padre e figlio: diffidenti, solitari, sicuri di sè, si muovono allo stesso modo nelle società distopiche in cui vivono.

Però, fino a un certo punto: entrambi, dopo varie vicende, arriveranno a dubitare della loro stessa identità. Così apparirà chiaro che la loro è una corazza non del tutto impenetrabile: K e Deckart saranno capaci di cedere alle lusinghe dell’amore, di trasformare il loro sguardo da gelido a colmo del sentimento più profondo, provando anche insopportabile (e umano) dolore.

Memorabile la sequenza in cui, al loro primo incontro, i due se le danno di santa ragione in una sala eventi di un lussuoso hotel dirocatto, con tanto di ologramma di Elvis come “accompagnamento musicale” .

 

 

Roy Batty (Rutger Hauer) – Niander Wallace (Jared Leto)

Leader dei replicanti Nexus 6, Roy Batty è freddo, senza difetti, altamente intelligente, veloce e abile a combattere.  In ogni caso, questo villian – tra i più famosi della storia del cinema – è anche capace di profonde riflessioni ed è dotato di una commovente sensibilità che emerge in pieno nel celebre monologo finale

“Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi:
navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo,
come lacrime nella pioggia.
È tempo di morire.”

“Il più toccante soliloquio di morte nella settima arte” secondo il filosofo Mark Rowlands.

In Blade Runner 2049 il nemico ha il volto del premio Oscar Jared Leto alias Niander Wallace. Un misterioso costruttore di replicanti, cieco e dai modi eleganti anche quando elimina senza scomporsi un modello difettoso o minaccia una rivoluzione. Come per Roy Batty, anche verso Wallace si prova una strana empatia, nonostante la sua natura malvagia: è fascinoso e poetico, un personaggio dolente e spietato. 

Wallace, inizialmente, doveva essere interpretato dal compianto David Bowie e non è difficile immaginare di quale straordinaria interpretazione il destino ci ha privati.

  

Rachael: Sean Young –  Joi: Ana de Armas

L’affascinante e dolce Rachael del primo capitolo: creata come replicante, vissuta come una vera donna, i suoi ricordi non sono altro che impianti. Interpretata dalla sfortunata Sean Young, occhi verdi da cerbiatta, è il solo replicante modello Nexus-7 esistente. Dopo l’incontro con Deckart, Rachael scoprirà di non essere umana. Non essendo stata sviluppata per controllare le emozioni, disperata, si rifugerà, ingenuamente, tra le sue braccia. Deckart non avrà, però, il coraggio di eliminarla, innamorandosi perdutamente di lei e mettendo a rischio tutto. Romanticismo, sensualità e fragilità rendono questo personaggio la vera “anima” di Blade Runner.

Joi invece è un sistema operativo che vive con K e che ha le bellissime sembianze dell’attrice Ana De Armas: anche lei, come Rachael, è capace di suscitare i sentimenti più profondi, nonostante la sua natura sia labile e K possa fare l’amore con lei solo servendosi del corpo di una donna vera (il riferimento va inevitabilmente a Her di Spike Jonze del 2013). 

Ma Joi è fondamentale per lui: è il suo unico sprazzo di “umanità” in un universo asettico e senza bellezza in cui neanche gli uomini sembrano più capaci di amare.

 

Pris: Daryl Hannah – Luv: Sylvia Hoeks

Pris Stratton è un “modello base di piacere” creato nel 2016 il giorno di San Valentino. Atletica, folle, con una resistenza sovraumana, è la compagna di Roy Batty e insieme a lui cerca l’antidoto contro la sindrome di invecchiamento precoce che colpisce tutti i replicanti.

Il paragone, inevitabile, in Blade Runner 2049, va a Luv, replicante tirapiedi di Wallace: una “macchina da guerra” indistruttibile,

disposta a tutto per ubbidire gli ordini del suo padrone e portare avanti i suoi progetti di dominio dell’umanità.