Ken Loach, intramontabile regista britannico, è uno di quei cineasti in grado di colorare le sue opere grazie alla sua autentica e impegnata visione del cinema e non solo.
Lo stile distintivo e la narrativa socialmente consapevole hanno trasformato i suoi film in una robusta testimonianza delle ingiustizie e delle sfide affrontate instancabilmente dalla classe lavoratrice.
Adattata a mezzo di denuncia sociale e di riflessione sulla condizione umana, la filmografia di Loach appare come un mosaico di emozioni, in cui ogni pellicola invita lo spettatore a mettersi nei panni degli emarginati, a comprendere le loro lotte e a esaminare criticamente le diseguaglianze sociali. Questo è un regno popolato da personaggi coinvolgenti e tridimensionali, che rappresentano una varietà di voci e storie spesso ignorate o tacitate. Attraverso l’analisi dei suoi tre film più iconici, ci impegneremo ad esplorare ulteriormente il suo mondo cinematografico e l’eredità che ha lasciato.
Io, Daniel Blake (2016)

Carica di forte significato, Io, Daniel Blake è una perla che affronta con acume il tema della disumanizzazione del sistema assistenziale e della burocrazia sempre più farraginosa. Loach, con un controllo impeccabile, sviluppa personaggi credibili e autentici, partendo proprio dal protagonista che, colpito da un improvviso malore, deve fare i conti con le grandi difficoltà del mondo assistenziale.
Nel corso della propria lotta conosce Daisy, una donna giovane e disoccupata, madre di due figli. Spostandosi d’inquadratura in inquadratura con una regia piuttosto sobria, Loach rispolvera le questioni sociali, le ingiustizie e la battaglia che chi vive in condizioni precarie è costretto a sostenere giorno per giorno.
Qui la recensione di Io, Daniel Blake
Riff-Raff (1991)

Con Riff-Raff, Ken Loach si concentra sulle storie dei lavoratori migranti nella Gran Bretagna degli anni ’90. In particolare, si seguono i passi di Steve, giovane scozzese appena uscito dal carcere e in cerca di lavoro.
Dopo averne trovato uno in un cantiere edile londinese, Steve viene aiutato nella ricerca di un alloggio dagli altri operai, ma i problemi in cantiere sono svariati: dalla mancanza totale d’igiene alla sicurezza a dir poco precaria. Tragedie e sconvolgimenti aspetteranno il protagonista al varco, in un contesto che fa dell’incertezza il suo segno distintivo.
Con un connubio vincente di umorismo e dramma, Loach ci accompagna in quest’affannosa ricerca, da parte dei migranti, di una vita migliore, ponendoci domande critiche sulla società e sull’etica alla base dei valori comunitari.
Il vento che accarezza l’erba (2006)

Arriviamo quindi a Il vento che accarezza l’erba, pellicola toccante che esplora il turbolento periodo della lotta per l’indipendenza nell’Irlanda degli anni ’20. In questa narrazione il focus è incentrato sui dilemmi morali e sulle scelte a cui i protagonisti vengono messi di fronte, portati a scegliere tra l’interesse personale e un comune obiettivo che s’identifica nella resistenza contro l’occupazione britannica.
L’atmosfera è avvincente, con enfasi sulle dinamiche di potere e di conflitti umani, peculiarità dei tempi di guerra. In questo viaggio indietro nel tempo, Loach parla così del prezzo della libertà, con sensibilità politica e sociale, e ci porta a capire come la lotta per l’autodeterminazione possa rappresentare l’anticamera di una vita che prevede il sacrificio e la perdita.
Qui la recensione di Il vento che accarezza l’erba