L’acclamato regista finlandese Aki Kaurismäki presenterà in concorso al Festival di Cannes 2023 Dead Leaves, la sua ultima fatica, nonché uno dei film più attesi sulla Croisette.
Già, perché, di fatto, il cineasta, nel corso della sua lunga e prolifica carriera, ha avuto modo di farsi conoscere (e apprezzare) in tutto il mondo grazie al suo stile.

Uno stile del tutto personale e fortemente minimalista, caratterizzato da dialoghi essenziali, da una regia di bressoniana memoria (con inquadrature prevalentemente statiche insieme ad ambientazioni che sembrano voler rappresentare luoghi quasi sospesi nel tempo che contribuiscono a conferire al tutto un carattere decisamente surreale) e da una grottesca comicità di fondo.

Attivo già dai primi anni Ottanta, Aki Kaurismäki vanta una filmografia particolarmente ricca e variegata. Film realizzati grazie anche alla costante collaborazione con il fratello Mika (regista, sceneggiatore e produttore), con cui ha fondato la casa di produzione Villealfa e la casa di distribuzione Senso Film (in omaggio al bellissimo Senso di Luchino Visconti).

Insieme, i due fratelli hanno realizzato un infinito numero di lungometraggi che, considerati nell’insieme, vanno quasi a coprire un quinto della filmografia nazionale; non a caso, dunque, Aki Kaurismäki è considerato (meritatamente!) il regista finlandese più importante di tutti i tempi.

Come spesso accade con la distribuzione cinematografica italiana, però, non sempre Kaurismäki ha ricevuto lo spazio e l’attenzione meritati per quanto riguarda l’uscita in sala dei suoi film. Eppure, fortunatamente, molte delle sue pellicole sono facilmente recuperabili.

Se, dunque, volessimo scegliere tre film particolarmente significativi che chiunque abbia voglia di conoscere meglio il regista di Orimattila dovrebbe assolutamente vedere, ecco, a partire dal meno recente, quali sono le nostre scelte.

Calamari Union (1985)

Calamari Union è quello che è considerato il primo, vero capolavoro di Aki Kaurismäki.
Un film in cui già si può chiaramente intuire la direzione che avrebbe preso il suo cinema e in cui riconosciamo molte delle costanti della sua variegata filmografia.

La storia messa in scena è quella di un gruppo di amici che vivono nell’estrema periferia di Helsinki e che un giorno, al fine di dare una svolta alle proprie vite, decidono di partire all’avventura per raggiungere il centro città della capitale finlandese (e, nello specifico, il quartiere altolocato di Eira), al fine di poter vivere in condizioni migliori.
La città, tuttavia, si rivelerà un labirinto di strade pronte a offrire numerose e inaspettate avventure.

Quando Aki Kaurismäki ha realizzato Calamari Union, ha chiaramente invitato il pubblico a non andare a vedere il film. E infatti, la pellicola è decisamente ciò che non ci si aspetta. Peccato soltanto che si tratta, di fatto, di un film bellissimo, che, forte di quanto realizzato in passato in tutto il mondo, avrebbe aperto le strade a un nuovo modo di intendere il cinema, effettuando, al contempo, anche una profonda e mai scontata analisi politica.

Dialoghi essenziali e al limite del surreale fanno quasi pensare al teatro di Ionesco. Un ruvido bianco e nero conferisce al tutto un carattere senza tempo.

Il gruppo di amici (tutti di nome Frank) sta a rappresentare la classe proletaria che cerca di affermarsi all’interno della società (spesso dovendo superare prove impossibili che metteranno a repentaglio le loro stesse vite). Riusciranno i nostri eroi nella loro complessa impresa?

Amleto si mette in affari (1987)

Amleto si mette in Affari è considerato il secondo, grande film di Aki Kaurismäki. Al fine di mettere in scena una tanto profonda quanto spietata e tristemente veritiera analisi sul capitalismo e sulla società in cui viviamo (particolarmente emblematica, a tal proposito, l’immagine di un uomo con la testa infilata in un televisore), il regista si è avvalso addirittura di quanto il grande William Shakespeare ha realizzato nel corso della sua vita. Come già possiamo intuire dal titolo, dunque, il lungometraggio è una rilettura postmoderna proprio dell’Amleto.

La storia messa in scena è quella di Amleto, erede di un’importante industria finlandese. Suo padre è appena stato ucciso dall’amante di sua madre, il quale spera di poter portare a termine importanti (e losche) trattative con un’industria rivale.
Dal momento che il ragazzo, tuttavia, ha ereditato il 51% della proprietà, l’uomo decide di ucciderlo. Peccato soltanto che il suo compito si rivela molto più complesso del previsto e, nel frattempo, numerosi altri personaggi inizieranno a morire uno dopo l’altro nei modi più impensabili.

Un profondo cinismo, ma anche una consapevole ironia fanno qui da protagonisti assoluti. L’uomo è mosso solamente dal Dio Denaro e ha ormai da tempo smesso di considerare i propri simili come esseri umani in quanto tali. 

Si ride e si riflette, durante la visione di Amleto si mette in Affari, e, al contempo, Aki Kaurismäki ci regala immagini esteticamente raffinate e pregne di simbolismo, ulteriormente valorizzate dal bianco e nero e dal quel tocco di surrealismo che tanto abbiamo imparato ad apprezzare.

L’Uomo senza Passato (2002)

Grand Prix della Giuria e Premio alla Miglior Interpretazione Femminile (conferito a Kati Outinen) al 55° Festival di Cannes, L’Uomo senza Passato è probabilmente il film che ha definitivamente contribuito a rendere Aki Kaurismäki uno degli autori più apprezzati all’interno del panorama cinematografico mondiale contemporaneo.

Nel realizzare L’Uomo senza Passato, Kaurismäki ha ancora una volta optato per i toni della commedia grottesca e surreale, che con apparente leggerezza ci racconta, in realtà, un vero e proprio dramma: il dramma di un uomo giunto in treno, di notte, a Helsinki, il quale, riposando su una panchina, viene aggredito da tre teppisti. In seguito all’aggressione egli perderà la memoria e sarà costretto a ricostruirsi una propria vita in cerca di un lavoro, girovagando per uffici di collocamento e commissariati di polizia e trovando, inaspettatamente, persino l’amore.

Il tema della memoria, della solitudine, ma anche dell’identità e della crisi personale (quest’ultimo, in realtà, riguarda non soltanto il protagonista, bensì ognuno dei personaggi di volta in volta incontrati, fatta eccezione, ovviamente, per i tre teppisti) fanno da protagonisti assoluti e vengono resi alla perfezione sul grande schermo in una commedia ironica e amara quanto basta.

In un film in cui si gioca di sottrazione, in cui i dialoghi sono ridotti all’osso, in cui situazioni al limite del paradossale ci fanno sentire come all’interno di un labirinto di cui difficilmente si riesce a trovare l’uscita.

Aki Kaurismäki sa indubbiamente il fatto suo. E nel corso della sua rispettabile carriera non ha mai deluso le aspettative del pubblico, pronto com’è, ogni volta, a regalarci ciò che non ci aspettiamo.
Per iniziare a conoscerlo, questi tre film sono a dir poco fondamentali. E di certo, al termine delle visioni, ne vorremo sempre di più.