Il mondo si divide in due categorie di persone: chi vuole fare cinema e chi sa fare cinema. Steven Spielberg, neanche a dirlo, rientra nella seconda categoria, ma non lo scopriamo di certo ora. Dopo la sua versione del classico West Side Story (2021), “The Entertainment King” torna sul grande schermo con una pellicola che si annovera tra le più ispirate della sua produzione filmica recente.
Il fatto è che The Fabelmans mette molta carne al fuoco e, nonostante ciò, la storia regge con una solidità che solo un maestro sa e può garantire. In un’estasi d’amore per il grande schermo, il regista dirige un cast che figura, tra gli altri, Paul Dano e Michelle Williams, ad oggi due veri e propri colossi della recitazione hollywoodiana.

Il film racconta di Sammy Fabelmans (Gabriel LaBelle), un sedicenne gagliardo che, dopo aver passato la sua infanzia nell’Arizona del secondo dopoguerra, scopre le mille possibilità celate nella macchina da presa. In una famiglia a dir poco frenetica, Sam condivide il tetto con le sue tre sorelle, sua mamma Mitzi (Michelle Williams) e suo papà Burt (Paul Dano), spesso presi da bisticci di poco conto.
Le sue giornate, tuttavia, vengono stravolte non appena Burt comunica a tutti del trasloco imminente in California. Gli equilibri si rompono, e nella vita di Sam diviene man mano sempre più ostico stabilire dei punti di riferimento. Nella foschia di una vita che sembra arrovellarsi in inconvenienti e spiacevoli scoperte, l’unica ancora di salvezza si rivela essere proprio il cinema.

Uno dei paragoni che viene più spontaneo è quello con C’era una volta a Hollywood di Quentin Tarantino, per una serie di ragioni. Così come Tarantino volle, nelle intenzioni alla base della sua opera, omaggiare quel cinema anni ’60 che tanto l’ha fatto innamorare della settima arte, così Spielberg decide di dedicare una lettera d’amore al cinema, ma con una visione ancora più ampia. La storia di Sam è difatti quella del piccolo Steven, capace di riscoprire la vita in tutte le sue sfumature attraverso l’arte della cinepresa.
Differentemente dal film di Tarantino, The Fabelmans tuttavia si basa su di un tipo di narrativa piuttosto lineare, semplice e senza troppi stravolgimenti della linea temporale. Se questo, a primo acchito, può sembrare un punto a sfavore, bastano pochi minuti della visione per comprendere che la forza di questa storia non risiede in artifici mirabolanti o colpi di scena eclatanti, ma nell’empatia che tutti gli interpreti riescono a conquistarsi in pochissimo tempo, mettendo a nudo i loro lati più umani.

Nonostante ciò, la frenesia non manca, e le vicende si svolgono con una dinamicità tale da non mostrare mai nemmeno uno spiraglio di noia. A onor del vero, il cast non si limita al duo Dano-Williams, ed è doveroso dirigere gli elogi alla totalità degli interpreti, specialmente a Gabriel LaBelle (Sam), giovane speranzoso che ricorda l’Hugo Cabret di Scorsese.
È un film che diverte e affascina, The Fabelmans, fatto per un pubblico che sa ancora sognare, volenteroso di fantasticare per due ore seguendo la strada tracciata da uno dei più grandi di sempre.
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