Venezia 77 è ormai cominciata, contro il pessimismo e le difficoltà che hanno contraddistinto questo periodo straziante. La Biennale è partita, così come le proiezioni delle svariate pellicole in gara, provenienti come sempre da tutto il mondo. Di pari passo, anche la sezione Fuori Concorso ha dato il via alle danze, ed è proprio in questa sezione che rientra il film di cui parleremo in questa recensione. S’intitola Night in Paradise, traduzione inglese di Nak-won-eui-bam, ed è l’ultima opera del regista sudcoreano Park Hoon-jung. Lo ricordiamo per I Saw The Devil, datato 2010 e diretto da Kim Jee-woon, per il quale Park scrisse la sceneggiatura. In questo suo nuovo film, la vendetta è l’archè, il perno che muove le pedine sullo scacchiere. Un turbolento thriller che non si risparmia alcun tipo di violenza grafica, pur non essendo esente da scelte narrative quantomeno ambigue, le quali ne limitano il potenziale.
Night in Paradise di Park Hoon-jung: trama dell’action movie coreano presentato a Venezia 77
Tra tutti i membri della gang criminale di Mr. Yang, Tae-gu è l’uomo di punta, il fiore all’occhiello. Quando però, durante un incidente stradale che aveva proprio lui come obiettivo, perdono la vita sua sorella e sua nipote, gli equilibri si spezzano. Tae-gu vuole vendetta, costi quel che costi. Dopo aver eliminato il boss di una gang rivale, sospettato di essere stato il mandante dell’attentato, fugge sull’isola di Jeju in cerca di protezione. Qui trova Kuto e sua nipote Jae-yeon, entrambi intenzionati a prendersi cura di lui per il tempo necessario. Ma nascondersi non eviterà a Tae-gu di pagare il prezzo delle sue azioni.
Il nocciolo narrativo è, come si evince da questa sinossi, la vendetta. In Night in Paradise non vi è nulla di lasciato al caso: ad ogni azione corrisponde una reazione, peggiore e contraria. Ad ogni colpo di pistola risponderanno due colpi, da ogni fuga nascerà un inseguimento, ogni tragedia sarà calamita per altre sventure. Non c’è fato o destino che tenga, solo spietata programmazione. In questo senso, la logica della storia è impeccabile nella sua linearità. Inoltre i richiami ai grandi maestri (Takeshi Kitano, Kim Ki-duk, Park Chan-wook) sono apprezzabili, così come il confezionamento complessivo dell’opera.
Night in Paradise di Park Hoon-jung: analisi dell’action movie coreano presentato a Venezia 77
Chiariamo sin da subito un concetto fondamentale: Night in Paradise non esprime il suo pieno potenziale. I motivi del perché questa è una verità lampante sono molteplici. In primo luogo, i personaggi principali (in particolare il protagonista) non hanno spessore. Sono anonimi e subiscono evoluzioni ambigue. L’errore è di scrittura, poiché manca la forte caratterizzazione che dovrebbe plasmarne l’identità e le scelte. Sempre sul piano della scrittura troviamo l’altra nota dolente del film, ossia i dialoghi. L’opera di Park Hoon-jung si presenta come un thriller molto riflessivo, ma all’atto pratico di riflessivo c’è ben poco. I numerosi momenti di conversazione si limitano a scambi di battute scialbe e senza personalità (guarda caso, come chi le pronuncia). I dialoghi sono un mezzo potentissimo, capaci di delineare in modo ottimale profili e pensieri dei suoi interpreti se studiati con cura, ma non è questo il caso.
Alla luce dei suoi difetti, il film riesce lo stesso a far valere i suoi punti forti. La violenza è esagerata, ostentata, frenetica, così come i ritmi delle scene d’azione ben congegnate. Lungo tutta la narrazione viene data molta importanza al senso di gerarchia onnipresente. Non vi è mai un capo assoluto ma, in base alle circostanze, si può essere suddito o padrone. La traiettoria su cui viaggia la storia è coerente rispetto i suoi principi di vendetta e violenza, ma allo stesso tempo prende risvolti inaspettati che rendono il tutto più avvincente. Al livello tecnico, i movimenti della macchina da presa sono ben studiati, con una cura dell’estetica notevole. Le atmosfere sono suggestive, con una fotografia che beneficia ampiamente delle vedute mozzafiato che regala l’Isola di Jeju, la più grande della Corea del Sud.
Night in Paradise di Park Hoon-jung: conclusioni
Con ogni probabilità il regista Park Hoon-jung aveva concepito in origine Night in Paradise come un thriller noir introspettivo, crudo e dai numerosi spunti di riflessione. Il prodotto finale rimane valido, pur distaccandosi da queste linee generali. La storia è accattivante, ma per tutta la durata del film non si è capaci di mettere bene a fuoco chi sia realmente il protagonista. Non vi è una figura iconica che spicca, che prende il controllo, ma troviamo piuttosto svariati interpreti di pari livello che si litigano la scena. Ciò fa si che si fallisca ogni tentativo d’empatia verso le figure chiave di Tae-gu e Jae-yeon, entrambi vittime della maschera che sembra essergli stata cucita forzatamente addosso.
Detto ciò, sono 2 ore di girato che intrattengono. Il lato action della storia è ben riuscito, senza esclusione di colpi e di riprese, viste le sequenze molto esplicite di combattimento. La sensazione però è quella di un’occasione non sfruttata al meglio, che avrebbe potuto regalarci una pellicola di un altro livello. Se su quest’impalcatura thriller, fondata sul sangue e sulla vendetta, avessero aggiunto dei personaggi carismatici e una scrittura brillante dei dialoghi, ci saremmo trovati di fronte ad un film di classe. Preso invece così com’è, Night in Paradise è un’opera che regala molte soddisfazioni, ma è incapace di spiccare il volo ed alzare l’asticella.
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