Ci sono tre città in particolare che sono particolarmente care al grande Woody Allen: Parigi, Venezia e, naturalmente, la sua New York. Se, dunque, il regista aveva già dedicato a quest’ultima il bellissimo Manhattan nel 1979, eccolo tornare proprio in questi luoghi quarant’anni dopo per realizzare Un Giorno di Pioggia a New York, film piccolo e prezioso nella sua estetica ricercata e raffinata, da molti, purtroppo, bypassato, quasi semplicemente perché “era meglio il primo Woody Allen”. Un’affermazione, la presente, a tratti, se vogliamo, anche condivisibile, seppur un po’ troppo generalista. Già, perché, di fatto, anche soltanto negli ultimi anni il cineasta di New York – sebbene in modo molto meno “cervellotico” e apparentemente più “moderato” rispetto a qualche decennio fa – di gioiellini ne ha sfornati eccome. Uno di questi, appunto, potrebbe essere considerato proprio il presente Un Giorno di Pioggia a New York.
La storia qui messa in scena, dunque, è quella di due giovani studenti: Ashleigh (impersonata da Elle Fanning) e Gatsby (Timothée Chalamet). I due, fidanzati da diverso tempo, decidono, appunto, di trascorrere insieme un fine settimana a New York, la città natale di Gatsby, il quale vorrebbe mostrare alla sua bella i luoghi per lui maggiormente significativi. Le cose, tuttavia, non vanno come sperato, perché Ashleigh dovrà intervistare Roland Pollard (Liev Schreiber), il suo regista preferito, e, tra un impegno e l’altro, lascerà Gatsby praticamente sempre da solo.
Una serie di bizzarri incontri – con, ovviamente, la bellissima città di New York, ulteriormente valorizzata dalla fotografia di Vittorio Storaro, a fare da spettatrice silente – costellerà il weekend dei due e gli eventi ci verranno mostrati principalmente attraverso la prospettiva di Gatsby, giovane sognatore dall’animo puro, accanito fumatore, vero e proprio alter ego del nostro Woody Allen. A lui il compito di portare sullo schermo le sue psicosi, a lui il compito di cercare, all’interno di una città piovosa ma incredibilmente affascinante, a metà strada tra passato e modernità, ogni possibile manifestazione di bellezza.
Non mancano, durante la visione di Un Giorno di Pioggia a New York, momenti esilaranti (provocati ora da situazioni “imbarazzanti” all’interno di una camera d’albergo, ora, ad esempio, dalla risata insolita – e spesso alquanto irritante – della futura cognata di Gatsby). Si ride, ma, al contempo, si riflette. Si riflette sui rapporti amorosi, sui (sempre complicati) rapporti famigliari, sulle proprie nevrosi, sulla vita, sull’arte, sul Cinema. Già, il cinema. Mentre Ashleigh è impegnata tra interviste a registi e sceneggiatori, proiezioni in privato e feste di Hollywood che rischiano di degenerare, Gatsby si ritrova nel bel mezzo di un set, a improvvisare un bacio all’interno della sua macchina. In Un giorno di Pioggia a New York il Cinema è ovunque. Distruttore, rivelatore, salvatore, esso è a suo modo in grado di cambiare per sempre le vite dei protagonisti (e di ognuno di noi). Woody Allen lo sa bene. E anche qui ha saputo rendergli omaggio come si deve, per una poetica, bellissima dichiarazione d’amore.