La sentite anche voi? Esattamente, è Eye of the Tiger dei Survivor, che si solleva inesorabile, aumentando di volume, mentre si comincia a parlare della pellicola in questione. Se c’è una cosa che la saga di Creed ha infatti saputo fare con ottimi risultati, questa è proprio mantenere viva la parabola secolare di Rocky, attualizzandola e rendendola fruibile tutt’oggi.
Nonostante ciò, è importante sottolineare come questo Creed 3, terzo episodio della serie, sia il primo della saga senza la presenza di Silvester Stallone nei panni di Rocky Balboa. Questo passaggio definitivo del testimone posa sulla serie un’enorme pressione, la quale però non sembra minimamente scalfirne l’integrità.

La storia prende luogo cinque anni dopo quella di Creed 2. Adonis Creed (Michael B. Jordan), dopo il rocambolesco spezzone di vita appena trascorso, si è conquistato un po’ di sana tranquillità sia nella carriera che nella vita familiare. Tutto però viene stravolto quando Damian “Dame” Anderson (Jonathan Majors), suo amico d’infanzia ed ex prodigio della boxe, riemerge dopo aver scontato più di una decade in prigione.
Impaziente di rimettersi in gioco e dimostrare il suo valore, chiede aiuto a Donnie, il quale però è titubante. Tra un passato che scalpita per far riemergere i suoi scheletri, e un presente che lascia intravedere più di qualche crepa, lo scontro tra i due appare sempre più inevitabile.

Ciò che stupisce da sempre della saga di Rocky è la sua estrema versatilità al livello di fruizione, soprattutto sul piano domestico. Detto in altre parole, seppur trattandosi di trame particolarmente violente, la parabola del pugile di Filadelfia è da sempre godibile soprattutto in ambito familiare, con grandi e piccoli che si lasciano incantare dalla sua storia di redenzione tramite il riscatto personale ed il duro lavoro.
Creed 3 non fa eccezione, convivendo con questo dualismo al suo interno e mostrandosi per quello che è, ovvero un film per famiglie. Ci sono degli elementi molto interessanti al livello di composizione visiva e di narrazione, maggiormente verso la seconda metà del film. La tensione che si accumula e che porta allo scontro finale è palpabile, nonostante il tutto sia ampiamente pronosticabile.
La gestione del faccia a faccia, in particolare, è forse il fattore di maggiore forza del film, con un ambiente come il ring, tipicamente asettico e spietato, che invece diventa teatro d’emozioni e di rivalsa, tra i drammi di una vita che si mischiano con il sudore ed il sangue sui guantoni.

Questa però non è solo la prima volta senza Stallone, ma anche l’esordio alla regia per lo stesso Michael B. Jordan, confidente di meritarsi tutta la luce dei riflettori, sia davanti che dietro la macchina da presa. Si può dire che il lavoro svolto sia tutto sommato soddisfacente.
Con una storia lineare e conforme al genere, non abbiamo grandi colpi di scena, ma piuttosto una formula vincente che accontenta tutti senza troppi problemi. Non c’è grande ambizione, ma voglia di far avanzare una saga che ha già ampiamente cominciato a camminare sulle sue gambe.
Nessuno può prevedere il suo futuro, ma la figlia di Adonis, la piccola Amara Creed, forse ci lascia più di un indizio in questo terzo capitolo. Staremo a vedere.