Ordinarie o eroine, del presente o del passato, le serie televisive hanno scandagliato lo sfaccettato animo femminile regalandoci personaggi capaci di stregare il pubblico più ampio. Dal drama al crime, dalla commedia alla spy story, oggi si parla di donne e ve le raccontiamo con quattro serie tv da non perdere.

The Great 

The great Elle Fanning

Le serie tv tornano a parlare di Caterina la Grande, la sovrana illuminata che, con astuzia e determinazione, si impose sull’incapace marito Pietro III. Se, però, nel 2019 il volto dell’imperatrice, sullo schermo, era quello di Helen Mirren, nel 2020, Caterina, è la favolosa Elle Fanning. Tony McNamara, ideatore e sceneggiatore della serie, lascia la corte inglese del recente La Favorita, per raccontare la Russia, con lo stesso sfarzo, ma con molto più black humor. The Great, in questa prima stagione, racconta l’arrivo della giovane Caterina in una Russia arretratissima. Né il paese, né il consorte saranno all’altezza delle sue aspettative ma, con una radicale trasformazione da ingenua ragazzina a donna potente e determinata, finirà per regnare sul primo, destituendo il secondo. La storia è realistica, ma non del tutto reale, sin da subito infatti il sottotitolo mette in chiaro che si tratti di una storia “occasionalmente vera” infarcita di battute umoristiche, parolacce e sessualità. Non cercateci quindi un’aderenza fedele agli eventi storici, perché ne rimarreste delusi. Per godersi al meglio The Great bisogna infatti calarsi, sin dai primi minuti, nell’universo assurdo di McNamara, non stupendosi di nulla in questo mood perennemente delirante ed irriverente della serie. Parodizzata, estremizzata, traboccante di una crudeltà aberrante, la narrazione è ben bilanciata da uno humor travolgente, con dieci episodi che gettano uno sguardo su una Russia del ‘700, in procinto di rinnovarsi. I riflettori sono tutti puntati su di lei: la regina Caterina, con il candido volto di Elle Fanning, stavolta però simbolo di determinazione, astuzia, sete di conoscenza e più che mai di una grande femminilità, contrapposta ad un regnante maschilismo, a dir poco tossico. Tra i toni scherzosi ed occasionalmente fedeli agli eventi storici, McNamara veste di lussuosi abiti d’altri tempi tematiche attualissime, come la libertà d’espressione, il potere della conoscenza ed il controverso ruolo della donna nella società. Menzione speciale per Nicholas Hoult, nel ruolo di un re eccentrico e capriccioso che, con la sua magnifica interpretazione, è il perfetto contraltare della Fanning, con la quale riesce a creare la netta contrapposizione di due mondi, che finiranno inevitabilmente per scontrarsi.

Killing Eve

killing eve

Se avete amato l’umorismo nero di Fleabag, probabilmente finirete per innamorarvi anche di Killing Eve, la serie basata sul romanzo Codename Villanelle di Luke Jennings. Dietro l’inconsueta spystory britannica del 2018, c’è sempre il genio di Phoebe Waller-Bridge, che ha però firmato solamente la prima stagione della serie, decisamente la meglio riuscita delle tre. La storia alla base di Killing Eve è, almeno all’apparenza, molto semplice: una funzionaria del MI5, Eve Polastri, da la caccia ad una killer professionista, conosciuta come Villanelle. Tutta l’impalcatura si regge sul rapporto tra le due donne, interpretate magnificamente dalla conosciutissima Sandra Oh, nei panni dell’agente di sicurezza e Jodie Comer, forse meno conosciuta, ma incredibilmente brava nei panni della psicopatica omicida. Killing Eve non è la solita serie-tv incasellabile in un genere preciso, è spy, è comedy, è una particolarissima love story, è unica nel suo genere e, sicuramente, una delle narrazioni televisive meglio riuscite degli ultimi tempi. Tra repulsione ed attrazione le due protagoniste giocano al gatto ed il topo, al poliziotto ed il killer, coinvolgendo sin da subito il pubblico in questa dinamica assurda ed iper femminile. Il personaggio di Villanelle è tanto crudele quanto seducente, reso perfettamente dalla mimica facciale della Comer che, anche quando non dice nulla, dice tutto. Brutalmente crudele, distaccata, sadica, narcisista e dotata di una freddezza da brividi, la killer professionista finirà per sedurre, l’annoiata Eve, incastrata in un matrimonio con un uomo che è la copia esatta di suo padre. Sullo sfondo di un’Europa in continuo movimento, che asseconda perfettamente l’inarrestabile inseguimento tra le due donne, spicca una sceneggiatura perfetta, con una caratterizzazione dei personaggi meticolosa, seguita da una scelta di costumi quanto mai azzeccata. Villanelle scappa, cambia identità, e con lei anche i suoi outfit, che impreziosiscono ogni puntata di un glamour azzeccatissimo; l’abito rosa di tulle rimarrà sicuramente tra i momenti più alti della serie. Due donne, due personaggi, un binge watching assicurato.

Grace and Frankie

Diversa da tutte le serie-tv del catalogo Netflix, Grace and Frankie porta sullo schermo il poco affrontato tema della terza età, senza pietismo e banalità, ma svelandone ogni tabù. Due coppie sposate, amici da sempre, si trovano ad affrontare una situazione insolita: i due mariti confessano di essere amanti da anni e, dopo il loro tanto sospirato coming out, decidono di godersi il loro amore andando a vivere insieme. Nonostante il loro rapporto controverso e due caratteri agli antipodi, Grace e Frankie, interpretate dalle spettacolari Jane Fonda e Lily Tomlin, si ritrovano nella stessa situazione: sono single a più di settant’anni. Una è un’imprenditrice rigida e di classe, l’altra un’artista eccentrica e svampita, ma con il tempo (ben 78 episodi rilasciati!) le due protagoniste costruiranno una delle più belle ed autentiche amicizie della serialità televisiva. Gettandosi nell’assurda esperienza di creare una linea di vibratori per le donne avanti con l’età, le due amiche raccontano al pubblico le difficoltà dell’essere anziani: l’artrite, i problemi di udito ed i funerali all’ordine del giorno. Punto forte della serie, oltre alle fantastiche protagoniste, affiancate dalla coppia maschile Martin Sheen e Sam Waterston, è la varietà di tematiche affrontate che, senza mai cadere nella banalità, riescono a raccontare diversi aspetti della vita. Si parla di omosessualità e sessualità vissute in età avanzata, della libertà di avere figli o di scegliere di non averne, delle difficoltà dell’adozione e dei più disparati drammi familiari. La longevità della serie di Marta Kauffman e Howard J. Morris, non ha intaccato minimamente la narrazione che, anche nella sesta stagione, non si appiattisce, anzi, riesce ancora a divertire gettando un occhio sulla terza età, poco considerata nel format delle serie-tv. Nel difficile periodo del Covid-19, che tanto ha colpito i più anziani, il cast della serie ha lanciato la raccolta fondi per Meals on Wheels, leggendo in anteprima lo script di un episodio inedito della settima stagione, sul canale Youtube: Netflix is a Joke.

Le regole del delitto perfetto

How to get away with a murder, è il titolo originale e decisamente più calzante di questa serie-tv crime, sbarcata in Italia nel 2015, che si riassume in un solo modo: Viola Davis. La pluripremiata attrice afroamericana nella serie è l’iconica Annalise Keating, stimata e temuta come avvocato ma anche come docente di diritto penale, presso la Middleton University di Filadelfia. La Keating è potente, inarrestabile e pronta a tutto pur di raggiungere il suo scopo, tutto e tutti sembrano sacrificabili, in queste 6 stagioni di congetture e colpi di scena. Annalise, perennemente circondata dai suoi Keating Five, cinque tra i migliori studenti del suo corso, è al centro della narrazione, sempre. La storia si apre con un omicidio, che darà il via ad una serie di incastri perfetti che non sembrano svelarsi mai completamente, ma che fungono da collante per legare le vite dei personaggi con un nodo sempre più stretto. Con innumerevoli flashback e flashforward, che non fanno altro che alterare e rimescolare, ogni volta, le carte in tavola e le teorie del pubblico, Le regole del delitto perfetto è sicuramente una delle serie meglio architettate degli ultimi tempi. L’interpretazione femminile qui è certamente il fulcro, la colonna portante della narrazione che, grazie soprattutto alla grande attorialità di Viola Davis, si trasforma ogni volta fino a rendere il suo personaggio sempre diverso. La Keating è forte, scaltra, determinata, senza scrupoli ma anche fragile, sofferente, traumatizzata e tradita: è quanto di più umano si possa portare sullo schermo. Creata da Peter Nowalk, e prodotta da Shonda Rhimes, questa serie ha anche il grande merito di aver presentato al pubblico tematiche importanti come l’omosessualità, la violenza sessuale, la pedofilia, il razzismo e, ovviamente, le zone d’ombra nel sistema giudiziario americano.