Esordio alla regia di Gianluca Santoni, Io e il secco è un toccante racconto di amicizia e violenza visto dagli occhi di un bambino, ormai stanco di restare a guardare.

Gianluca Santoni col suo primo lungometraggio, Io e il secco, dimostra di avere le idee già molto chiare: pochi personaggi ma molto buoni, un punto di vista insolito e un modo delicato e divertente di trattare una delle piaghe più insidiose della nostra società: la violenza domestica.

Certo, il cinema ha già indagato in lungo e in largo questo tema, ma il merito di Santoni è proprio quello di cambiare prospettiva, di mettere il suo pubblico negli occhi del bambino protagonista e mostrare solo quello che vede lui, quasi come anche noi venissimo allontanati dalle botte, come si fa con i più piccoli; Il dramma casalingo fa da sfondo, da innesco ad una storia d’insolita amicizia tra un piccolo delinque dal cuore tenero e un bambino in cerca di serenità.

Io e il secco: trama del film di Gianluca Santoni

Denni (con la i) ha 10 anni e già sa cosa fare: deve far uccidere suo padre (Andrea Sartoretti) per salvare sua madre (Barbara Ronchi). L’uomo è un violento e i lividi sul volto di sua mamma ne sono la prova, lividi che Denni non vuole più vedere e che lo costringono a crescere e affrontare la situazione come può. Con i 500 euro rubati al padre, Denni assolda quello che secondo lui è un “superkiller”, il cugino di una sua amichetta che spaccia droga nella zona.

Così inizia la storia d’amicizia tra Denni e il Secco, due solitari, due emarginati che si ritrovano a vagare per una cupa Romagna, ben lontana dai toni caldi dell’estate con cui siamo stati abituati a vederla. La complicità tra i due protagonisti, nonché tra i due interpreti, il sempre più bravo Andrea Lattanzi e il piccolo Francesco Lombardo, rende questa pellicola un viaggio toccante e drammatico all’interno di due vite, così distanti eppure così simili.

Se l’amicizia tra i due inizia con il Secco che, pur di avere quei soldi, fa credere al ragazzino di poter davvero uccidere suo padre, man mano che prosegue il racconto, i due s’immedesimano sempre di più nella vita dell’altro, fino a riconoscersi e prendersi per mano. Il Secco è un giovane nato e cresciuto ai limiti della legalità, con un padre assente, un fratello appena uscito di prigione e una ragazza incinta di un figlio che lui non è pronto ad avere, è un delinquente per forza ma che non ha mai scelto di esserlo. Denni, invece, è il ritratto dell’innocenza infantile che inizia a subire qualche crepa, proprio a causa di quel padre che non gli permette di vivere la sua età come dovrebbe. Il piccolo spesso vaga tutto solo per le strade e per le spiagge con la sua bicicletta, col sole e col buio, perché a casa non può tornarci, sua mamma non vuole e lui sa bene perché. Così appare al pubblico la violenza, un qualcosa che si vede solo per quello che lascia: lividi, paura e tanto, tanto risentimento.

Santoni, con Io e il Secco, riesce a descrivere perfettamente il disagio di Denni pur non mostrandolo mai a tutto schermo, i problemi sono un contorno appena accennato, appena mostrato, filtrato dagli occhi e dalle parole dei due protagonisti maschili, due uomini in divenire che rifiutano di essere come i loro padri. Non ci sono liti, non ci sono schiaffi ma solo il dopo, quella tristezza insopportabile che Denni non vuole più vivere e che lo rende rabbioso e solo proprio come il Secco, una sorta di suo corrispettivo più adulto. Loro sono due buoni che provano a galleggiare, mano nella mano, sulle brutture della vita, che si sostengono come possono e che cantano Sere Nere di Tiziano Ferro (qui in versione davvero straziante) per provare a non avere paura della vita.

Adesso chiudo gli occhi e penso di galleggiare

In sostanza, Io e il Secco è quasi una storia di formazione, un percorso di crescita tra spacciatori, pistole, vere e finte, violenza e quei cementoni abitati da chi vive ai margini; ed è proprio la storia, scritta da Michela Straniero e Gianluca Santoni, già vincitrice del Premio Solinas, a fare la differenza e segnare un ottimo esordio per il giovane regista. Poca retorica, battute divertenti che smorzano la tensione e l’atteggiamento romanissimo di Lattanzi che contrasta con il ben più serio, anche se molto più piccolo, Francesco Lombardo, tutto questo crea un equilibrio splendido che concilia due mondi, due età diverse e le fonde in un’amicizia tanto particolare quanto bellissima.

Il mare d’inverno come stato d’animo del film

A fare da cornice a tutto questo c’è, indubbiamente, la fotografia di Damjan Radovanović che ci mostra una Romagna insolita, un lungomare invernale e deserto che sembra quasi ingoiare i protagonisti nella desolazione delle loro vite. Una scelta azzeccatissima quella dei luoghi, dei colori e delle ambientazioni che, non solo ci mostra un’altra faccia del litorale adriatico ma, riesce a portare sullo schermo quella solitudine tipica del mare d’inverno (come cantava la Berté). Un buonissimo inizio quello di Santoni che, con il suo Io e il Secco, si è guadagnato anche la menzione speciale The Hollywood Reporter Roma- Uno sguardo sul Futuro nella sezione Alice nella Città, sezione parallela alla Festa del Cinema di Roma 2023. Sicuramente un titolo da recuperare se si è in cerca di emozioni vere.