Tante volte ci sarà capitato di fare a un amico la domanda “Ti ricordi quel film?” e questo  in cerca di una conferma alla nostra memoria di spettatori attivata da una circostanza della vita tale da evocare una scena vista in questo o quel film. Mai, invece, abbiamo chiesto a qualcuno se ricordasse quel particolare dramma visto a teatro o quel romanzo letto anni prima.
La cosa si spiega con il fatto che il cinema è una esperienza che va condivisa, una esperienza che implica il confronto alla pari tra diversi punti vista sull’opera vista insieme ad altri, tanto se si tratta di comuni spettatori quanto se a dire la loro sono agguerriti cinefili. All’uscita dal cinema a volte non ci scopriamo del tutto circa le nostre impressioni per non rivelare quello che nel film ha toccato solo noi e magari ha lasciato indifferenti gli altri. Di fatto molte scene le serbiamo nella memoria in attesa di una circostanza in cui esse ci possono aiutare a chiarire con stile una situazione poco piacevole.

Alcuni scrittori si sono serviti di queste evocazioni per rendere meno brutale la comunicazione della fine di un rapporto. Ad esempio, Josè Pablo Feinmann nel suo romanzo Cinebrivido affida a una scena di Manhattan il compito di far dire a una moglie all’ora di cena che vuole lasciare l’ignaro marito per mettersi con la donna che lei ama;  la moglie Nelly : “ Fa mente locale ciccio. Ti ricordi Meryl Streep in quel film?” Il marito Colombres : ”Che donna ,eh? Una grande attrice”. Nelly :-”Ti ricordi che parte aveva nel film?” Colombres scava nella memoria e poi con sicurezza risponde :” Ecco ci sono, lasciava Woody Allen per una donna… Poveraccio, guarda cosa gli doveva capitare”. Nelly : ” Quello che sta capitando a te, Colombres”. E intanto i ravioli per la cena si sono raffreddati.

Cinema e vita si sovrappongono in un gioco di specchi senza fine, un gioco che nel corso del tempo, come dice il filosofo Paul Ricoeur, ridisegna la nostra vita. Ricordare con qualcuno un film visto insieme anni prima vuol dire anche mettere a confronto quello che eravamo e quello che siamo. Nella coesistenza di vita reale e vita immaginata forse noi  tutti non siamo altro che i protagonisti in un film dal finale imperscrutabile il cui regista è Dio.