L’italianissima Docu-fiction del 2016 riporta in vita un’anima buona e sboccata, un uomo ed un personaggio rimasto impresso tra le strade della sua Bari. Sembra quasi un modo per farsi perdonare, una scusa lunga 52 minuti che la città dedica a Lorenzo De Santis, l’uomo che ha celebrato, ogni giorno, il suo personalissimo gay pride. Da un’idea dei registi Mariangela Barbanente e Antonio Palumbo (qui l’intervista) il mediometraggio è stato presentato alla 12ma edizione del Biografilm Festival di Bologna. Prodotto da Apulia Film Commission e distribuito da Ismaele Film, Varichina-La vera storia della finta vita di Lorenzo De Santis, è ora disponibile su Prime Video.

VARICHINA – LA VERA STORIA DELLA FINTA VITA DI LORENZO DE SANTIS: TRAMA

Posteggiatore abusivo e primo gay dichiarato nella Bari anni ’70, Lorenzo De Santis, qui raccontato attraverso la travolgente mimica teatrale di Totò Onnis, porta sullo schermo un modo di vivere libero e maleducato. La voce narrante del protagonista si accavalla alle tante altre voci dei baresi che lo conoscevano, delineando il profilo dell’uomo: dall’infanzia come venditore di detersivi porta a porta, che gli valse quel soprannome di Varichina, agli ultimi giorni in una casa di cura. La memoria collettiva, affiancata da una meravigliosa quanto semplice ricostruzione cinematografica, riesce a raccontarci la doppia essenza del protagonista, la dualità di quel Varichina che  tanto aveva da nascondere sotto quegli abiti succinti e le movenze iper femminili. L’amica fedele Rosanna, interpretata da Ketty Volpe nella sua ultima apparizione televisiva , è solo la prima delle tre generazioni di donne che ci racconta, con affetto e dignità, il vero Lorenzo e quella sua intima sofferenza, propria di un omosessuale emarginato che aveva solo voglia d’essere se stesso.

VARICHINA – LA VERA STORIA DELLA FINTA VITA DI LORENZO DE SANTIS : RECENSIONE

La pellicola, sulla falsa riga dell’articolo di Alberto Selvaggi “Viva Lorenzo Varichina!” pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno nel 2013, rende omaggio alla personalità eccentrica e mai dimenticata dell’originale Lorenzo De Santis. Partendo dalle strade di una retrograda Bari anni 70, la narrazione viaggia tra un passato critico ed un presente che ancora non possiamo definire completamente cambiato. Raccontano infatti gli stessi registi che, nella passeggiata di Onnis nelle vesti di Varichina sul lungo mare barese, siano tornate le urla spontanee e gli insulti rivolti ad un omosessuale che sembrava esser tornato dai lontani anni ’70. Le interviste a chi lo conosceva, le vie maleducate della Bari odierna, con auto parcheggiate ai lati delle strade che poco ricordano gli anni 70, creano quei continui legami tra un passato non ancora lontano e un presente non del tutto libero dal pregiudizio. Sicuramente la fatica di Varichina ed il suo continuo lottare contro una società arcaica è stato un vistoso primo passo per legittimare ogni vita ed ogni libertà. Lo capiamo, ancora, dalle parole cantate da un giovane ragazzo, probabilmente metafora cinematografica di un presente depositario delle manifestazioni solitarie di Varichina, che ci racconta di quanto i tempi non fossero ancora maturi per una personalità così nuova e che solo col tempo, qualcuno dopo di lui avrebbe raccolto i frutti seminati da quell’eccentrico combattente.

“QUANDO ERO GIOVANE, SE ERI OMOSESSUALE, ERA MEGLIO SE NON ESISTEVI PERCHE’ RIMANEVI SEMPRE SOLO, OPPURE TI UNIVI ALLA SOLITUDINE DEGLI ALTRI DIFETTATI COME TE “

Un uomo buono, un coraggioso, un eterno solitario costretto ai margini di una società che non sapeva come accettarlo. E ancora una maschera, un personaggio, un uomo sboccato che aveva, a suo modo, imparato a proteggersi dal mondo costruendone uno solo suo. Era questo Lorenzo De Santis, e molto altro. La narrazione è in grado di consegnarci un’immagine pura del protagonista, ci si immedesima in lui e nell’ottusità del suo tempo, anche grazie all’utilizzo nudo e crudo del dialetto barese, limpido e senza forzature, che riesce ad avvicinarci a quel contesto autentico e maleducato della vecchia città. La piccola produzione ha poi virtuosamente sfruttato l’esiguo budget destinato alle realtà documentaristiche, dando alla docu-fiction una calibratura perfetta di umorismo e sentimentalismo, in meno di un’ora infatti sappiamo ridere e piangere, empatizzare e vergognarci per una vita che meritava d’essere vissuta sicuramente meglio di così. Varichina è infatti denuncia e ricordo di un uomo che col suo sorriso beffardo è riuscito, ora, a farsi conoscere anche fuori dalla sua città con l’iconica frase “tutti qui dovete venire” scritta col rossetto perfino nel finale.

È questo che ci racconta Varichina – La vera storia della finta vita di Lorenzo De Santis: la finzione di un personaggio costruito per nascondere la verità di un’intera vita. In questo senso la memoria collettiva di una città, con la tipica soggettività che la caratterizza, è quanto di più vicino a quel binomio vero falso che il docu-film ci consegna.

Leggi  anche l’intervista agli autori.