A qualcuno potrà dispiacere ma, Palma o non Palma, il meglio di Cannes 2014 si colloca in una dimensione decisamente horror. Quasi tutti i film più attraenti visti al festival appena concluso sono accomunati, infatti, da una coloritura horror che vede il genere declinato in diversi modi, alcuni tradizionali e altri eterodossi, a conferma del fatto che la cifra più adatta per capire la realtà odierna è quella dell’orrore, letterale o metaforico o metafisico che sia. Se It Follows di Mitchell è un classico slasher in forma di teen-horror che rilegge in maniera originale il prototipo di Carpenter, cosa è infatti il film di Cronenberg Maps to the Stars se non una horror-comedy che ritrae con toni grotteschi venati di humour noir la fittizia realtà di Hollywood senza peraltro tradire la nota freddezza dello sguardo dell’autore? E cosa è se non un surreale visionario teatro degli orrori sospeso tra Lynch e Argento Lost River di Gosling? E ancora, come definire il discusso Welcome to New York di Ferrara se non un porno-horror estremo sulle gesta di quell’ex direttore del FMI Strauss-Khan assurto anni fa ai disonori della cronaca nera come recidivo violentatore di cameriere d’albergo? Per non parlare poi del pulp-thriller-noir di Jim Mickle Cold in July tratto da un romanzo molto cold di Lansdale e non privo di marcate tracce di gore in versione southern.
Ma se fin qui i riferimenti al genere sono sempre riconoscibili anche se in maniera spostata, a modo loro sono “tremendi” anche altri due titoli apparsi nella rassegna a contrastare la restante offerta ( fatta di lussuosi ma inutili biopic tipo Saint Laurent e Grace di Monaco o di opere piene di buone intenzioni ma prevedibili nei risultati tipo Due giorni una notte dei pur bravi fratelli Dardenne e Jimmy’s Hall del veterano Ken Loach). Il primo di questi titoli perturbatori è Mr.Turner
dove Mike Leigh ricostruisce la vita e l’opera del pittore William Turner attraverso una serie di immagini sublimi che sembrano uscite dalle tele del grande paesaggista romantico protoinformale e che come queste suscitano un senso di terrore primigenio secondo i canoni dell’estetica del sublime di matrice kantiana. Il secondo film “ terribile” – in senso negativo per gli spettatori benpensanti,in senso positivo per tutti i marziani amanti del cinema-, è quell’ ufo audiovisivo che è Adieu au langage dove il giovane ottantenne Godard si interroga sul futuro del linguaggio nella forma di un film-saggio basato sulla decostruzione e sulla citazione analogo a quelli che il regista va facendo da cinquant’anni-anche qui ,come già in Fino all’ultimo respiro e in Pierrot le fou, ci sono un uomo e una donna che non si capiscono,con in più un cane che invece capisce tutto- con la stessa curiosità e intelligenza di sempre verso i mutamenti sociali e quelli dei mezzi di comunicazione,3D compreso.Sugli altri film ,benchè alcuni di essi attesi e spupazzati,poco da dire,se non segnalare l’animistico ed epifanico poema naturale Still the water della giapponese Naomi Kawase e la poetica e panica storia di formazione al femminile Le meraviglie di Alice Rohrwacher ( film,quest’ultimo che,per la cronaca, ha vinto il gran premio della giuria mentre l’altro premio della giuria è andato giustamente a Godard e la Palma d’oro è stata assegnata a Winter Sleep del turco Nuri Bilge Ceylan ,una ponderosa riflessione filosofica sul bene e sul male dal respiro dostojevskiano molto profonda ma anche molto pesante per il comune spettatore a causa dei serrati dialoghi e dell’ambientazione claustrofobica) . Intanto , lontano da Cannes in tutte le sale cittadine il lucertolone di Godzilla continua a distruggere il mondo. Ma va bene così.