Nelle opere di narrativa accade sempre più spesso che i personaggi parlino di qualche film visto in un particolare momento della loro vita e che su di esso esprimano giudizi da semplici spettatori, ma non per questo privi di una loro fondatezza critica. Il fenomeno è assai diffuso sopratutto nelle opere degli scrittori americani nati nel dopoguerra e questo dimostra che per essi il cinema è stato da giovani la principale esperienza formativa ai cui modelli rifarsi nel bene e nel male una volta diventati adulti. A volte capita anche che la visione di uno stesso film riveli la psicologia di più personaggi che su di esso dicono la loro con il risultato che la storia vista sullo schermo funge da test per ciascuno di essi.
E’ quanto accade, ad esempio, nel romanzo di John Updike Il ritorno di Coniglio, pubblicato nel 1971, ma solo adesso uscito in Italia. Il film di cui si parla nel libro è 2001:Odissea nello spazio, la celebre pellicola di Kubrick che il rassegnato protagonista Harry Angstrom detto Coniglio si reca a vedere assieme al figlio dodicenne Nelson e alla moglie Janice dopo una lunga trattativa in famiglia. Il programma per la sospirata serata è allettante, almeno per la donna e per il figlio: cena in un ristorante greco e poi tutti al cinema in tempo per l’inizio dello spettacolo. A premere è soprattutto Nelson che non vede l’ora di gustarsi la prima parte del film, quella dove dice che gli hanno detto che ci sono gli scimmioni che mangiano carne cruda e poi ammazzano un rivale con un osso e “poi lanciano l’osso in aria e quello diventa una nave spaziale” (e la madre lo rimprovera “Grazie assai, guastapensieri. Adesso mi sembra di averlo già visto”). Durante la cena pre-cinema i nostri non si raccapezzano con i piatti della cucina greca finchè a consigliarli giunge un amico di famiglia di origine ellenica di nome Stavros (in verità più amico di Janice che di Coniglio,infatti poi scopriremo che è l’amante segreto della donna), il quale si orienta con sicurezza tra moussakà, souvlaki e melopita e ordina per tutti qualcosa di mangiabile. Durante la cena il discorso cade su 2001:odissea nello spazio e il commento di Stavros è che “fa schifo”, giudizio che motiva al deluso Nelson dicendogli: “Per te sarà magnifico .Giocattoli e basta. Per me, invece, non c’è sesso. Sai io non trovo la tecnologia sessualmente interessante”. Intanto l’ostilità di Coniglio verso Stavros cresce quando il discorso finisce sulla politica americana intorno al 1968, deplorata dal conservatore Coniglio e approvata dal greco liberal, con momenti d’imbarazzante tensione che inducono Janice a far avviare marito e figlio verso il cinema perché è tardi mentre lei li raggiungerà appena avrà finito di gustare il dolce in compagnia dell’amico greco.
Il giorno dopo l’avvenuta visione del film, l’intreccio tra la fantascienza di Kubrick e la realtà del vissuto della famiglia di Coniglio si prolunga nel ricordo dell’esperienza spettatoriale e riconduce alle diverse percezioni emotive avute da ciascuno. Al vecchio padre che gli chiede se gli è piaciuto il film, Coniglio risponde “Al ragazzo è piaciuto. A me, non so, è parso un po’ sconclusionato. Poi non mi sono sentito tanto bene, immagino per qualcosa che ho mangiato”. Anche Janice ripensa al film dopo essersi masturbata a letto accanto a Coniglio dormiente : “Si ricorda del film, la grande ruota che gira contro il velluto nero a tempo con la gloriosa sinfonia che l’ha risollevata svuotandola di tutta la confusione con la quale è arrivata al cinema”. Nel romanzo di Updike il film 2001:Odissea nello spazio interagisce prima e dopo la visione con la storia per ben 52 pagine (da pag.18 a pagina 70) e ha la funzione di far emergere gli stati d’animo dei personaggi, mentre altri film citati, come Il laureato e Hair, servono a contestualizzare la vicenda dentro l’epoca della contestazione giovanile Usa di fine anni Sessanta.
Dunque, il cinema visto come specchio dei tempi e rivelatore dei sentimenti nascosti degli spettatori nella evocazione dei film visti presente nelle pagine di grandi scrittori. Scrittori come Updike, ma anche come il sudafricano J.M.Coetzee che nel suo Scene di vita di provincia ricorda di come da giovane si innamorò di Monica Vitti vista al cinema in L’avventura di Antonioni e di come fosse stato segnato per sempre da alcune sequenze di Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, e infine come Paul Auster che in uno dei racconti che formano Trilogia di New York fa raccontare al protagonista l’intera trama del noir Le catene della colpa, quello dove l’eroe è un tormentato Robert Mitchum con il quale egli si identifica.