Fin dalle sue origini il cinema ha attinto al patrimonio delle figure dei miti antichi per creare storie dalla sicura presa emotiva tali da coinvolgere il pubblico di tutto il mondo. Dall’automa d’argilla della leggenda ebraica rappresentato nel 1920 da Paul Wegener in Il Golem fino agli odierni supereroi di tanta produzione hollywoodiana, l’archetipo della creatura dotata di poteri sovrannaturali lo ritroviamo evocato in decine di opere che lo ripropongono in abiti antichi o moderni come incarnazione dei semidei mitologici. Se dalla tragedia greca provengono i molti Edipi e le molte Medee visti sul grande schermo in riletture miranti ad attualizzarne il significato (si pensi, ad esempio, a Edipo re in cui Pasolini offre un’interpretazione in chiave esistenziale del mito o, sempre dello stesso regista, a Medea in cui la vicenda della regina della Colchide viene riletta in un’ottica terzomondista), è dall’ Odissea che deriva il topos narrativo del “ritorno” utilizzato dal cinema nei più diversi contesti, ultimo quello fantascientifico di Interstellar dove il protagonista è un futuribile Ulisse in veste di astronauta che per tornare a casa da un viaggio nel profondo cosmo sfrutta un buco nero individuato tra le galassie (per non parlare del recente Il ritorno di Ulisse visto a puntate in televisione dove il personaggio, una volta tornato a Itaca, soffre della sindrome del reduce e impazzisce).le fatiche di ercole

Il recupero di eroi dell’antichità,già attuato negli anni Sessanta dal genere italiano chiamato “peplum” (con il capostipite Le fatiche di Ercole girato nel 1958 da Pietro Francisci ed esportato con successo in tutto il mondo), ha visto un’espansione tra la fine del Novecento e i primi anni del Duemila sul piano internazionale, come dimostrano i numerosi Ercoli in circolazione in tutte le forme possibili e per gli spettatori di tutte le età (l’ultimo è quello rappresentato nel 2014 da Brett Rainer nel suo Hercules-Il guerriero in una prospettiva critica sul rapporto tra storia e leggenda). La richiesta crescente di figure mitologiche da parte del pubblico può spiegarsi con il senso di spaesamento in cui viviamo oggi in un mondo senza punti fissi di riferimento e senza più modelli di comportamento,quei punti e quei modelli seguiti dagli eroi delle favole archetipiche nei loro viaggi iniziatici alla ricerca del proprio Sé (come ben spiegato dal classico studio di Joseph Campbell sulla figura dell’Eroe). Queste figure riemergono con cadenze cicliche dal nostro inconscio collettivo e ci parlano ancora perché, In fondo, anche noi viviamo gli stessi conflitti e le stesse passioni degli dei dell’Olimpo,con la differenza che noi non siamo immortali come erano loro.

Intanto,a ulteriore riprova della permanenza del mito nel nostro immaginario, è in arrivo dalla tradizione biblica anche un Mosè in versione “gladiatore” nell’annunciato film Exodus Dei e Re di Ridley Scott, storia di un altro viaggio che sta alla base della nostra religione fondata sui precetti di un Dio demiurgo liberatore degli ebrei (ma forse non del mondo).