“Un vecchio milanese lavora sempre, ogni giorno, durante tutta la settimana, se commette qualcosa che non va, la commette al sabato”. G. Scerbanenco

Se cercate un Polar all’italiana, qualcosa di più di un poliziottesco, il film di Duccio Tessari può fare al caso vostro, infatti, nonostante l’azione venga mossa dallo stereotipo rape & revenge, le forti componenti sociali rendono la pellicola un affresco degli anni ’70 italiani e un punto di riferimento per gli amanti degli sbirri su grande schermo.

lamorterisaleaieriL’opera porta la data del 1970 ed è la tredicesima pellicola del regista Tessari che aveva diretto soprattutto spaghetti western, portando al cinema anche il personaggio “cultissimo” di Ringo.

La storia è tratta dal romanzo di Scerbanenco I milanesi ammazzano al sabato, il film è uscito anche con il titolo La morte risale a ieri sera, sia per presentarsi al pubblico come un giallo di altissimo livello sia per allontanarsi dal genere poliziottesco vero e proprio, che spesso aveva una città nel titolo (Moretti canzonava ne Il caimano introducendo il film “Violenza a Cosenza”).

Ai bordi della Milano da bere, scompare improvvisamente Donatella, una venticinquenne affetta da problemi mentali – un ritardo nello sviluppo dell’intelligenza e la ninfomania. Duca Lamberti (Frank Wolff), spinto da una commossa richiesta di Amanzio Berzaghi, padre della ragazza, si fa carico delle indagini: la pista più calda porta ad un torbido giro di prostituzione e, grazie all’aiuto di una lucciola, amica sua, Lamberti identificherà i colpevoli. Intanto anche il genitore, visto l’apparente staticità della polizia, arriva a scoprire i rapitori. Quando Duca Lamberti va per acciuffare i colpevoli, si troverà davanti a tre cadaveri e intuirà che il signor Berzaghi si è fatto giustizia da solo.

La Milano di Scerbanenco prima, di Tessari poi, è una città cupissima, più grigia del solito, sempre piovosa e coperta da una fitta coltre di nebbia: a dare quest’aspetto autunnale, avvilito e quasi amareggiato, contribuisce, da un lato la fredda fotografia di Caimi, dall’altro la colonna sonora di Ferrio, che vanta anche due canzoni di Mina. I Milanesi questa volta sono cittadini comuni, non solo spietati criminali, come accadeva in Milano calibro 9 di Di Leo, e il personaggio di Amanzio, interpretato da Raf Vallone è quasi commovente nella sua dignità: è un lavoratore onesto, ma le circostanze lo hanno costretto a “sporcarsi le mani” e a cercare fino ad ottenere una tanto brutale quanto catartica vendetta.

La sceneggiatura non ha imperfezioni, è condita anche con un notevole impegno sociale, emblematica la sequenza nella quale le prostitute raccontano i motivi per cui fanno il mestiere.i milanesi ammazzano al sabato

Il cast offre una prestazione veramente importante: sia Raf Vallone che Frank Wolff, si calano a perfezione nei rispettivi ruoli e li rendono decisamente umani e credibili: Wolff dipinge con sfumature ironiche il suo Lamberti, mentre Vallone è puntuale nella trasformazione da padre triste e preoccupato a spietato vendicatore malinconico.

Quello che non convince del tutto è la regia di Tessari, non ci sono particolari movimenti di macchina, nessun virtuosismo e le inquadrature non sono troppo ricercate anzi, sembrano quasi a caso.

La ripresa, a tratti piatta e scialba, tuttavia non è un deterrente così forte da far bocciare effettivamente il film, ho già evidenziato gli ingredienti che rendono godibilissima pellicola. Come spesso accade, è preferibile il romanzo: il Duca Lamberti letterario è molto diverso ed ha un vissuto che lo rende più interessante inoltre bisogna ammettere che le pagine di Scerbanenco sono impossibili da imprimere su pellicola con la stessa efficacia.