Una visione che ti cattura, ti ipnotizza, ti commuove e ti sorprende, Gli ultimi giorni dell’Umanità, diretto da Enrico Ghezzi insieme ad Alessandro Gagliardo e presentata fuori concorso alla 79° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Già, perché, di fatto, nel momento in cui ci si approccia a un film come il presente, tutto quello che c’è da fare è semplicemente lasciarsi prendere per mano dalle immagini, dai numerosi filmati d’archivio, dalle voci di Enrico Ghezzi, Toni Servillo e molti altri che, citando testi di Franz Kafka, riflettono sul concetto di Cinema, sulla Storia e sul Tempo.

Attraverso il Cinema, la Storia torna in continuazione, a differenza della fotografia, che, al contrario, è in grado di catturare solo un singolo fotogramma. Frammenti di cinema del passato e del presente si susseguono uno dopo l’altro, per poi fondersi e diventare un tutt’uno insieme ai numerosi filmati amatoriali girati dallo stesso Enrico Ghezzi tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. Piccoli scherzi in famiglia. Momenti di relax. L’uomo con la macchina da presa che, davanti a uno specchio, rende il tutto magicamente metacinematografico.
Ne Gli ultimi Giorni dell’Umanità il cinema parla di sé stesso attraverso la vita di singoli individui. La macchina da presa è in grado di registrare ogni più intimo momento rendendolo unico e prezioso. Quali sono, di fatto, gli ultimi giorni dell’umanità? Sono già trascorsi o stanno per accadere? Questo prezioso documentario di Ghezzi e Gagliardo non vuole a tutti i costi dare una risposta definitiva in merito, ma lascia allo spettatore – con un profondo segno di rispetto – la libertà di costruirsi una propria storia, una propria, soggettiva interpretazione dei fatti.
Le immagini si susseguono sullo schermo con ritmi frenetici e assumono quasi la forma di un flusso di coscienza. Tante voci compongono un coro armonioso e intonato. Proprio come per anni abbiamo visto in Fuori Orario. E in questa nuova, monumentale opera, ci danno quasi l’impressione di voler formulare riflessioni definitive sulla settima arte e sul suo straordinario potere di trasformare in Storia tutto ciò che viene filmato dalla macchina da presa.

Siamo d’accordo: analizzato frammento per frammento (e anche considerando i complessi interrogativi che vengono di volta in volta sollevati), Gli ultimi Giorni dell’Umanità non è assolutamente una visione semplice. Al contrario, al termine della sua visione si potrebbe continuare a discutere sui temi trattati ancora per ore e ore. Eppure, nel desiderio di dar vita a una sorta di trattato sul cinema, ci accorgiamo soprattutto di quanto il cinema, fin dalla sua invenzione, sia entrato a far parte delle nostre vite, al punto da non riuscire più, ormai, a scindersi da esse.
Lo dimostrano i momenti di poetica contemplazione mostratici dai filmati personali di Enrico Ghezzi, così come le immagini su pellicola che, nel corso degli anni, hanno, se possibile, acquistato ancora più fascino e che, nel loro essere ancora così vive e pulsanti, ci fanno sentire immediatamente parte di un mondo senza tempo. Un mondo che, grazie al Cinema, non smetterà mai di esistere.