In un isolato albergo di lusso della Germania sono riuniti per un G8 i ministri dell’economia delle grandi potenze mondiali. Durante il summit deve essere discussa una manovra importante e controversa che potrebbe cambiare, e non in meglio, il destino del mondo. Il direttore del Fondo monetario internazionale, Daniel Roché (Daniel Auteil, doppiato da Luca Zingaretti), tra lo sconcerto dei ministri, ha deciso di invitare tre osservatori esterni: una scrittrice di libri per bambini di grande successo, una rock star, e un
monaco certosino autore di libri non ortodossi. L’invito non è disinteressato: Roché ha deciso infatti di confessarsi. L’indomani il banchiere viene trovato morto, lasciando lo spettatore alle prese con tre domande: si è trattato di suicidio o di omicidio? Roché ha rivelato al frate la verità sulla manovra segreta? Riuscirà il confessore a impedire che questa manovra venga approvata?
Proprio questa fantomatica manovra, vagamente descritta come una decisione che dovrebbe favorire i poteri forti e le banche affossando definitivamente i paesi in difficoltà, rappresenta l’espediente, il MacGuffin come lo definirebbe Hitchcock, che fa muovere la storia del nuovo film di Roberto Andò, Le confessioni, portando alla luce segreti, trame, dinamiche tra i vari personaggi. L’omaggio, dichiarato, è proprio al maestro del brivido e al suo Io confesso, film del 1953 con Montgomery Clift, che utilizzava il segreto della confessione come motore della vicenda.
L’andamento de Le confessioni è però molto diverso da quello di una pellicola del regista inglese: Andò, infatti, pur partendo da elementi mutuati dal cinema di genere (la casa isolata, un gruppo di convitati tra i quali avviene una morte violenta, l’innocente ingiustamente sospettato) li piega ai tempi e al ritmo di una parabola etica, trasformando l’hotel isolato in un luogo metafisico capace di mettere in chiaro nitidamente la separazione netta tra la politica e il popolo che dovrebbe rappresentare. Da dentro quella gabbia dorata sembra esistere solo il potere economico, le sue ragioni, i suoi interessi, mentre delle persone all’esterno quasi non si avverte l’esistenza, tranne una fugace apparizione di alcuni manifestanti, subito allontanati.
Ciò non toglie che Andò è anche in grado di sfruttare perfettamente la suspense della vicenda, scomponendo la confessione di Rochè nel corso della storia, costruendo false piste, componendo attentamente il film verso un finale dal sapore chapliniano. A muoversi in questa storia è il monaco interpretato da Toni Servillo, capace di rivendicare il suo diritto al silenzio e di trasformarlo in un’arma bianca in grado di contrastare, con il suo rigore e la sua semplicità, quel mondo votato solo alle ragioni del denaro.
Il risultato è un film che è insieme un thriller di fantapolitica e una riflessione sul valore del silenzio e sul suo enorme potere, ambientata nel mondo, sempre attuale, della politica e delle banche: due entità che sembrano essere una cosa sola, la prima semplice espressione delle scelte imposte dalle seconde.
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