Con Persepolis, le illustrazioni dell’omonima graphic novel, di Marjane Satrapi, arrivano sul grande schermo, in uno splendido film d’animazione diretto insieme a Vincent Paronnaud.

Marjane Satrapi, con Persepolis, racconta la storia della sua vita e della sua città, Teheran, vista attraverso i suoi piccoli occhi di bambina, costretta a crescere in mezzo alle rivolte. Con un’animazione 2D e quasi interamente in bianco e nero, il film di Satrapi, del 2007, si tiene molto stretto il mondo fumettistico dal quale proviene, tanto da sembrare, soprattutto in alcuni passaggi, come fosse ancora su carta. L’ironia, la leggerezza nel raccontare gli eventi drammatici e l’abilità di lasciare l’orrore quasi sempre sullo sfondo, coperto dall’immensa personalità di Marjane, fa del suo film un meraviglioso racconto disegnato. Sì, perché quello che fotografa Satrapi è l’Iran che cerca di liberarsi dalla monarchia-dittatura per approdare alla tanto sospirata repubblica ma, come sappiamo, la storia ha preso un’altra strada: quei principi di libertà, indipendenza e liberalismo, per cui tanto si è lottato, vengono spazzati via da un fondamentalismo rigoroso e soffocante, che opprime con veli e regole ferree. Il Paese cambia e la piccola è costretta a fare lo stesso.

Marjane ha nove anni, cresce in una famiglia progressista che appoggia la rivoluzione, ascolta i racconti dello zio Anouche, trattenuto in carcere come prigioniero politico, e inizia a capire che il mondo che si sta configurando fuori dalla sua porta non ha nulla a che fare con la libertà che ha sempre respirato in casa sua. Lei, che indossa giacchetti di jeans e ascolta gli Iron Maiden, ironica spensierata e curiosa, come ogni bambina dovrebbe essere, lei che si convince di essere un profeta, con tanto di scambi di battute con Dio, è costretta a diventare un’altra, senza comprendere bene il perché. Perché lei non è “la tipica bambina iraniana” che si racconta, non è questa la storia che si vuole raccontare, lei qui è una bambina qualunque, di qualsiasi posto, una bambina e basta. Questo l’intento profondo di Satrapi: scardinare false credenze e pregiudizi su un Paese che sa cosa significhi il progresso e il saper vivere liberi, ma che troppo spesso viene visto attraverso la lente del fondamentalismo islamico e gli ayatollah, tra pregiudizi e preconcetti.

E se l’identità del Paese cambia velocemente, lo stesso accade a Marjanne che si perde e si ritrova, si allontana e poi ritorna, che cambia e cresce in un Iran trasformato. La popolazione è costretta a schierarsi o a sottomettersi per sopravvivere, a scappare o affrontare il carcere, solo in nome della libertà e lei lo sa, e sa anche che vivere questa vita non è facile, non lo è affatto. Non lo è quando Marjane non riconosce più la sua terra, quando deve sistemarsi il velo, che fino a ieri neanche conosceva, quando vede morire chi conosce e quando è costretta a volare, ancora ragazzina, a Vienna, per il suo bene. Via, in quell’Europa tanto diversa dall’Iran: libera, seducente, piena di opportunità, ma anche estremamente ignorante rispetto al suo mondo, che non conosce ed etichetta come può. E così Marjane per un po’ si dimentica da dove è partita per poter vivere la vita di una ragazza qualunque: intraprendente, un po’ sboccata, che s’innamora e si dispera, stringe nuove amicizie e cerca di condurre una vita frivola, da adolescente; ma lei non è quella, “resta integra e coerente” diceva sua nonna, e Marjanne torna a casa. Neanche questo è semplice, non è facile partire ma neanche ritornare.

Cercavamo talmente la felicità che finimmo per dimenticare che non eravamo liberi

Persepolis, con le voci originali di Chiara Mastroianni e Catherine Denevue, è tutto questo: è romanzo di formazione, che segue Marjane Satrapi dai nove ai ventidue anni, è un racconto divertente e irriverente che scava nell’intimità di una donna che è tutte le donne, ma anche la storia di un popolo orribilmente privato della propria libertà. Premiato al Festival di Cannes con il Premio della Giuria, il film, che ha scatenato non poche poteste da parte del governo iraniano, è la meravigliosa prova che raccontare l’orrore con consapevole simpatia ed esuberanza si può e funziona, almeno per Satrapi.