A volte nella comunicazione e nello spettacolo appaiono piccoli segnali che, a saperli interpretare, la dicono lunga sull’evoluzione in atto dei gusti del pubblico. Prendiamo due casi recenti, uno dalla pubblicità e un altro dal cinema. Il primo è quello dello spot delle Poste Italiane sui vantaggi dei buoni fruttiferi da esse emessi il quale è di ambientazione western nello sfondo e nei personaggi, una scelta insolita se si tiene conto del prodotto pubblicizzato ma che rende bene l’idea di qualcosa di solido e di sicuro da acquistare senza incorrere in brutte sorprese,parola dell’uomo che incede a cavallo a difesa dell’ordine nel villaggio. Il secondo caso viene dal cinema ed è rappresentato dalla scelta fatta da Tarantino di ambientare la storia del ultimo The Hateful Eight in un Far West selvaggio popolato di uomini duri e violenti come sono appunto i balordi ma simpatici otto figuri protagonisti del film. La calorosa accoglienza riservata alla pellicola nella sua anteprima romana è la conferma del rinnovato favore con cui il pubblico sta guardando a un genere che sembrava tramontato e che invece sta rialzando la testa,come prova anche il successo del recente The revenant-Il Redivivo dove un Di Caprio irriconoscibile in veste di cacciatore finisce maciullato da un grizzly nella foresta e cerca di sopravvivere in una natura selvaggia per compiere la sua vendetta contro i compagni traditori. Insomma, speroni, carabine e scazzottate epiche che sembravano archiviati adesso tornano a popolare il cinema, anche se con intelligenti contaminazioni tra generi e con tocchi di ironia come si vede nel film western-giallo-horror di Tarantino. L’evocazione dell’immaginario western fatta in piena sincronia da una pubblicità destinata alle famiglie e da un regista che finora non l’aveva considerata pur essendo un dichiarato ammiratore di Sergio Leone significherà pur qualcosa, tanto più che il film di Tarantino si prevede già che sarà il campione di incassi allorchè a febbraio uscirà in tutte le sale.
Forse una motivazione psicologica di questo revival del western c’è ed quella che consiste in un inconscio desiderio del pubblico di ruoli e di situazioni forti in un mondo liquido dove sono fragili le persone e anche i rapporti a ogni livello sociale. Nei personaggi della tradizione western gli spettatori maschi forse proiettano il bisogno di recuperare, per usare termini cari a Jung, quell’Animus virile che è andato sempre più a confondersi con l’ anima femminile, mentre questa si è andata progressivamente uniformando al primo in un processo di scambio innaturale causa per tutti, uomini e donne, di nevrosi. La generazione degli attuali trenta-quarantenni eterni adolescenti, precaria nel lavoro e nei sentimenti, forse è un modello in cui i giovanissimi non si riconoscono più dopo averne constatato il fallimento umano e questo spiega il richiamo che su di essi esercitano mitologie in cui i ruoli sono ben connotati, fatta salva la permanenza di una sensibilità umana che escluda derive di tipo sopraffattorio o intollerante verso l’altro. La mitologia western soddisfa questa richiesta, come dimostra la sempre maggiore diffusione anche da noi dei tanti Ranch Western Country in campagna dove si va per sentirsi cow-boy per un giorno e cavalcare all’aria aperta. Dunque, si avverte nella vita e sugli schermi un’esigenza di solidità contro l’imperante virtualità, esigenza che sta anche all’origine della riscoperta dei dischi in vinile e che è la stessa manifestata dal regista Quentin Tarantino con la scelta di girare il suo ultimo film non in digitale ma con pellicola a 70 mm, quella che si usava una volta quando il cinema e i suoi eroi erano davvero grandi. Corsi e ricorsi storici che il cinema popolare sa come sempre cogliere in anticipo rispetto alle altre arti.