Di un film visto non ricordiamo mai l’intera trama ma soltanto quella o quelle scene che ci hanno colpito di più. Sono quelle scene che da sole giustificano l’esistenza del film e che in quanto tali restano fissate nella memoria collettiva degli spettatori. Tra queste possiamo citare quella mitica dell’incontro tra il cavaliere e la Morte vestita di nero in il Settimo Sigillo di Bergman, quella finale di Blade runner di Scott dove il replicante morente dice la famosa frase “Ho visto cose che voi umani…”, quella di 2001:Odissea nello spazio di Kubrick dove l’osso lanciato in aria dallo scimmione si trasforma con una ellissi mozzafiato in una astronave, quella di Rosemary’s baby di Polanski in cui la neomamma urla inorridita nel vedere dentro la culla la figura della creatura satanica che ha appena partorito, oppure ancora quella finale sullo sfondo di un tramonto infuocato di Via col vento dove Rossella pronuncia sotto un albero secolare la frase “Domani è un altro giorno” e via-col-ventola cinepresa indietreggia in un grandioso campo totale che consegna l’icona della donna all’immortalità, e pure quella finale di Il cavaliere della valle solitaria di Stevens dove Alan Ladd nei panni di Shane si allontana a cavallo dopo aver eliminato il pistolero cattivo e il ragazzino gli corre dietro implorando “Shane, torna! Torna!” mentre lui scompare all’orizzonte. Queste sono soltanto alcune delle tante scene da inserire in una galleria della memoria filmica ideale, ma altre ancora sono quelle che ci accompagnano anche dopo anni dal momento della visione, scene autoriali ma anche di B-movie in seguito diventati cult, come quella dell’apparizione dell’uomo-pesce in Il mostro della laguna nera o quella dove il marziano e il suo aiutante robot Gort escono dall’astronave in Ultimatum alla Terra. Oppure a volte di un film possiamo ricordare soltanto un dettaglio o un oggetto che connota il personaggio, come il maglione a strisce nere e verdi del mostruoso Freddy Krueger in Nightmare oppure l’auto Dodge Challenger del 1970 con la figura di un teschio sul cofano su cui viaggia lo stuntman in A prova di morte, e questo a riprova che spesso in un film la trama è l’ultima cosa.

Tra i meriti innegabili di You-Tube c’è quello di mettere in rete molte di queste scene tratte dai generi più vari e scelte da appassionati di cinema che le fissano a futura memoria con la possibilità di poterle ogni volta rivedere come si fa con un capitolo di un vecchio libro che ci era piaciuto, una pratica che spesso riserva autentiche sorprese perché diffonde anche perle ignote ai più e scovate da qualche ricercatore in uno sconosciuto archivio polacco o giapponese (l’altro merito di You-Tube è quello di far esercitare i filmaker casalinghi nell’arte della sintesi, un’arte dove questi spesso zoppicano un poco).

Un’altra cosa che infine ricordiamo di un film è dove e con chi lo abbiamo visto (se veramente lo abbiamo visto) o magari lo sguardo fascinoso dell’attrice o la camminata dell’eroe (di un James Dean o di un John Wayne, ,due casi esemplari di sineddoche dove la parte indica il tutto), ma questo è un aspetto affettivo da non dover necessariamente condividere con tutti. Lo scrittore Giuseppe Marotta intitolava una sua raccolta di recensioni di film pubblicata negli anni Sessanta Visti e perduti, ora il titolo andrebbe cambiato in “Visti e ritrovati” e questo grazie ai posatori sui blog e sul web di preziosi e rari frammenti visivi evocati dal loro discorso amoroso sul cinema .In fondo, sono proprio questi frammenti che hanno reso grande e universale il cinema.