Gli animali nel cinema, nostri simili, nostri fratelli. Da sempre gli animali sono una presenza costante sullo schermo dove figurano come una proiezione dei nostri aspetti positivi e negativi, un fenomeno che oggi vediamo riconfermato da due recenti opere di successo come la versione live de Il libro della giungla e il film d’animazione Zootropolis. zootropolisSugli animali il cinema opera un processo di traslazione del nostro Sé diviso tra l’aspetto istintuale e quello razionale consistente in un duplice processo di identificazione che consiste da una parte nell’umanizzazione degli animali e dall’altra nell’animalizzazione degli umani.

Il risultato è che gli animali possono svolgere il doppio ruolo di rappresentare le nostre qualità positive (la fedeltà del cane, l’istinto materno dell’orsa) ma anche quello di incarnare la nostra ombra negativa che ci accompagna come il lato oscuro di ognuno (l’impulso selvaggio che ci trasforma in lupi feroci). Il lato “umano” degli animali viene esaltato in film come King-Kong, storia del gorilla che si innamora i della donna da lui rapita e che rischia la vita per salvarla, alla morte del quale tutti proviamo una grande pena, oppure come Balla coi lupi, dove il lupo solitario “due calzini” diventa amico e quasi mentore del protagonista e noi lo salutiamo con nostalgia quando se ne torna sulla montagna. L’antropomorfizzazione degli animali è stata una caratteristica di tutta la produzione di cartoon di Walt Disney che ha saputo coniugare fantasia e sentimento in molte storie struggenti a cominciare da quelle classiche del cerbiatto a cui muore la madre in Bambi e dell’elefantino con il complesso delle orecchie troppo grandi in Dumbo.

In alcuni film la totemizzazione degli animali avviene nella chiave della favola, come accade in Ladyhawke (Richard Donner, 1985), dove in seguito a un sortilegio il cavaliere si trasforma in lupo di notte e la sua innamorata in falco di giorno, mentre in altri essi sono evocati per simboleggiare aspetti negativi del carattere umano, cosa che vediamo in Sciopero (Sergej Ejzenstejn,1925) dove i padroni della fabbrica occupata dagli operai sono raffigurati con un gioco di sovrimpressioni con i volti di maiale, volpe, faina e cane ringhioso. Sulla simbiosi affettiva che si può creare tra l’uomo e l’animale sono stati girati alcuni film di grande spessore artistico, alcuni dei quali in bilico tra zoologia e poesia come Gorilla nella nebbia (Michael Apted,1988) e L’ultimo lupo (Jan-Jacques Annaud,2015) dove i protagonisti mettono a rischio la loro vita per salvare dall’estinzione razze animali ritenute pericolose per l’uomo. Comunque in questa categoria prevale il genere per famiglie delle storie edificanti aventi per protagonisti bambini e animali, un genere collaudato che comprende titoli classici come Il cucciolo e Torna a casa Lassie e opere più recenti come Babe maialino coraggioso, Black Stallion, Beniamino e Free Willy, tutti film in cui un animale salvato da un bambino e accolto senza entusiasmo dai genitori si rivela poi essere un piccolo eroe capace di compiere azioni che aiutano gli umani in situazioni di pericolo. In alcuni film gli animali si rivelano molto più sensibili degli umani. king kongLo vediamo in Killer Joe (William Friedkin, 2011) dove c’è un cane da guardia che abbaia furioso ogni volta che vede entrare i padroni di casa ma che non abbaia invece quando arriva lo sconosciuto sicario nerovestito che si rivelerà, come ha subito capito il cane, molto più morale della coppia padre-figlio da cui l’uomo è stato assoldato per uccidere la matrigna. Molto umano è anche il grizzly che nel recente The revenant –Il redivivo (Alejandro Inarritu,2015) trovatosi di fronte il cacciatore che sta per sparagli, prima lo avverte di stare alla larga con ripetuti grugniti, poi prova a strattonarlo e soltanto alla fine ferito a morte nello scontro finale si risolve a sfacellare il corpo dell’uomo prima di crollargli addosso morto, a significare che in questo caso il vero predatore è l’uomo e non l’orso. Un ruolo simbolico è anche quello svolto dal povero asino sottoposto a continui maltrattamenti da parte del padrone in Au hasard Balthazar (Robert Bresson,1966) dove l’animale rappresenta la virtù della sopportazione dinanzi alla malvagità umana.

Ci sono film dove gli animali fungono da riflesso della psicologia dei protagonisti, cosa che vediamo con i due gatti che nelle commedie brillanti Colazione da Tiffany e Una strega in Paradiso rispecchiano l’anima misteriosa, enigmatica e quasi magica delle rispettive padroncine Audrey Hepburn e Kim Novak. Un rispecchiamento di genere ben diverso è quello che in un contesto realistico si instaura tra la condizione di un cane randagio e quella dell’ altrettanto randagio tossicodipendente che se ne prende cura sullo sfondo della città indifferente nel poetico L’imperatore di Roma ( Nico D’Alessandria,1987). A volte al cinema gli animali si ribellano all’uomo in forme anche cruente e in verità non hanno tutti i torti nel farlo. Accade con la rivolta “metafisica” attuata dagli uccelli in Gli uccelli ( Hitchcock,1963),dove i volatili stanchi di essere cacciati e scacciati dall’uomo si alleano e attaccano a colpi di becco gli umani, e anche con quella dei pesci che, in seguito a mutazione dovuta a sostanze tossiche, fanno strage di giovani bagnanti nell’horror Piranha ( Joe Dante,1978 ), e con quella assurda dei polli che, stanchi di finire fritti impanati, si trasformano in zombies e massacrano i clienti di un fast food nello splatter demenziale ma non stupido Poultrigeyst-La notte dei polli viventi ( Lloyd Kaufman2006).Revenant

La funzione della presenza degli animali nel cinema, vista nella loro interazione con gli umani, è quella di favorire la nostra integrazione nel mondo animale e vegetale e di farci ridimensionare il nostro Ego arrogante che ci fa sentire signori del creato. Il cinema nel rappresentare gli animali con storie esemplari ci ha fatto capire che essi quando aggrediscono lo fanno perché hanno fame o perché devono difendersi da noi, e questo perché essi sono “naturali” ,a differenza degli uomini che spesso non lo sono e ricorrono alla violenza per il puro gusto di farlo. Inoltre, gli animali rispetto agli uomini hanno il vantaggio di non parlare e quindi non possono ingannare con le parole come facciamo noi ogni giorno. Ecco perché nei film le scene più belle sono quelle dove un umano e un animale equino, felino o canino comunicano senza parole ma solo con sguardi e carezze.