Non esiste un cinema vecchio opposto al cinema moderno.
Il cinema è sempre tutto moderno per la sua stessa essenza ontologica di arte nata nel Novecento capace di un nuovo sguardo sulla realtà oltre la pittura e la letteratura tradizionali, un’arte nuova che risulta sempre contemporanea anche a distanza di decenni.

A conferma di questa verità basta seguire le proiezioni del festival Il cinema ritrovato che ogni anno a Bologna ripropone classici del passato in versione restaurata da godere sul grande schermo all’aperto con opere del muto con colonna sonora eseguita dal vivo. Nell’edizione da poco conclusasi abbiamo potuto rivedere film come Nosferatu di Murnau e come Femmine folli di von Stroheim, due  sinfonie visive tra gotico e barocco ancora oggi di estrema attualità perché si collocano fuori del tempo storico.

Un altro film riproposto nella rassegna è stato uno dei capolavori di un regista ingiustamente dimenticato come Joseph Losey, quel Il servo da lui realizzato  nel 1963 con Harold Pinter con lo stile di un barocco gelido che ne fanno un testo di riferimento per ogni discorso sul rapporto tra servo e padrone da Hegel e Marx in poi (e ripreso nel cinema dal recente sudcoreano Parasite).La scrittura di questi film resta moderna come moderni restano lo spazio e il ritmo delle comiche di Buster Keaton o di Harold Lloyd che ogni anno possiamo rivedere a Bologna e che non cessano di stupirci per tecnica e inventiva.

Il cinema è sempre nuovo quale che sia la tradizione culturale entro cui opera.
Anche di questo ci offre la conferma un’altra meritoria rassegna da poco conclusasi a Udine, il Far east film festival dove abbiamo visto un documentario sull’arte del poliforme e sorprendente regista Takeshi Kitano, quello per capirci degli spiazzanti Hana-Bi e Sonatine che ne hanno fatto un regista di culto anche da noi.
Oggi un giovane che ha deciso di fare cinema ha già scelto la modernità e forse non lo sa.