Dopo un lungo periodo di assenza dalle sale il cinema ritorna sul grande schermo dal quale era stato esiliato a causa della pandemia.
Le piattaforme sostitutive stavano per rendere piccolo quello che era nato per essere grande nel formato e nelle intenzioni creative degli autori, ma ora per fortuna i film riappaiono nel loro luogo deputato giusto in tempo per non far perdere la memoria di ciò che era stato lungo un secolo dalla invenzione del cinematografo Lumière.

Adesso dopo qualche volo rasente terra il cinema sembra apprestarsi al colpo d’ala capace di librarlo verso l’alto senza che la sua essenza venga snaturata. Qualche nuovo titolo risponde già ai requisiti che ad esso si richiedono (vale a dire quelli di esperienza irripetibile che soltanto un film visto al buio sul grande schermo insieme ad altri può procurare).
Due di questi sono in arrivo dal festival di Venezia e sono il film di Alejandro Inarritu Bardo, falsa cronica de unas cuantas verdades e quello di Darren Aronofsky intitolato The whale (il primo mostra il viaggio esistenziale di un documentarista nel Messico delle sue origini, il secondo è un dramma psicologico su un professore afflitto da grave obesità che cerca di ricostruire un rapporto con la figlia), due titoli ai quali va aggiunto anche il western dei veterano Walter Hill Dead for a dollar (dove in uno scenario  di ampio respiro  ritroviamo eroi umani e non più  supereroi di cartone come quelli di tanto cinema recente.)

Da questi e da altri titoli annunciati possiamo prevedere che per i cinema – dipendenti la stagione del metadone stia per finire con la possibilità di poter tornare a consumare sostanze forti ma non tossiche, sostanze filmiche come le immagini di Burt Lancaster assieme a Debora Kerr illuminati dalla luna sulla spiaggia in una celebre scena di Da qui all’eternità che lo scrittore Don DeLillo cita come esempio della quintessenza del cinema (“Burt era una città in cui tutti noi abitiamo,tanto era grande…Burt illuminato dalla luna era un crescendo di perfezione virile senza per questo perdere in umanità”), quello stesso DeLillo dal cui romanzo è tratto uno dei film in concorso Rumore bianco.
Di immagini come queste che si sono sedimentate nella nostra memoria abbiamo ancora bisogno perché noi siamo anche i film che abbiamo visto e che ci hanno segnato nella vita.