Il sottogenere polar è, senza troppi dubbi, una delle matrici narrative che ha fatto la storia del cinema. In fondo intrighi, drammi, crimini hanno sempre incuriosito l’indole umana e la settima arte (non prima delle altre, a dir il vero. Mai sentito parlare di Agatha Christie?) ha colto tale bizzarria e fatta sua: alle persone piace tanto farsi i fatti degli altri, ancora meglio se questi sono torbidi.

E anche se stiamo per parlare di pellicole degli anni ‘40, la passione per il true crime è qualcosa che non si rassegna a scemare, basti pensare alla miriade di video e podcast dedicati al tema. E allora perché non andare indietro nel tempo e rivivere gli albori audiovisivi di questo genere?

Ma prima di consigliarvi tre film da vedere, capiamo meglio in cosa consiste il polar. 

Che cos’è il sottogenere polar?

La parola polar è un neologismo francese nato dalla fusione dei termini policier (poliziesco) e noir, che identifica un genere filmico dalle note cupe del noir, i cui protagonisti sono tipicamente appartenenti alle forze dell’ordine, spesso coinvolti in un viaggio introspettivo sulla propria esistenza.

Il sottogenere è nato negli anni ‘40 (resistendo fino ai ‘70, seppur mutando) in Francia ed è riuscito a formare attori come Lino Ventura, Michèle Morgan, Jean Gabin, Philippe Noiret, Serge Reggiani, Jeanne Moreau o Jean-Paul Belmondo, poiché le sceneggiature hanno indirizzato gli interpreti a muoversi tra passioni, ossessioni, vendette e come esse si intreccino con la malavita e la lotta per la sopravvivenza, senza dividere la storia e i personaggi in bianco o nero, ma ponendosi su una sfumata scala di grigi. 

Tutto ciò non è casuale, poiché il sottogenere è stata la risposta al detective impassibile, un po’ supereroe incensurato della tradizione americana, che per i francesi non era abbastanza realistico. Il poliziotto, invece, era la figura ideale per le trame noir, poiché rappresenta le istituzioni che si scontrano con la corruzione, che spesso viene dall’interno.

L’ambientazione tipica del genere si è mossa senza problemi tra la cittá e l’hinterland, in ambienti diversi ma egualmente irrequieti, dove la pace non c’è mai. 

Il polar è stato anche prettamente “maschile” nella resa, perché spesso le donne sono presenti solo come vittime o  rientrano nel trope della “donna nel frigorifero” (ovvero le donne sentimentalmente legate ai protagonisti quindi alle forze dell’ordine cui unico scopo è quello di diventare il motivo di dolore, rabbia e voglia di vendetta del protagonista) o sono semplicemente degli accessori narrativi.

Tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80, il polar è entrato in crisi poiché la generazione che ha reso grande il genere era ormai tramontata e considerata al tempo stesso insostituibile. Il sottogenere nella sua forma originaria si è spento, rinascendo anni dopo nel neo-polar e adattandosi a più moderne esigenze di pubblico. 

La grande razzia, il polar di Henri Decoin

La grande razzia (Razzia sur la Chnouf) è un film del 1954 diretto da Henri Decoin, la cui trama gira attorno a Henri (Jean Gabin), detto Le Nantais, dietro la copertura della gestione di un ristorante ha il compito, datogli dal boss Liski (Marcel Dalio), di riorganizzare il traffico della droga parigina. Nel mentre si innamora della cassiera del locale, Lisette (Magali Noël), che è all’oscuro di tutto, e aiutato dai due scagnozzi di Liski, Roger le Catalan (Lino Ventura) e Bibi (Albert Rémy), entra con ruolo principale in tutti i rami del giro, dalla produzione alla distribuzione; che però gli servirà per ben altro scopo.

Il film, pur non essendo uno dei titoli di punta dei polar, ha il merito di essere stato il primo a mettere al centro il tema del narcotraffico, portando sul grande schermo un nuovo tipo di violenza, non scontata per quegli anni. Sicuramente è datato quando ci si focalizza su tematiche secondarie del film (come la componente sentimentale tra Lisette e Henri), ma resta un film da rivedere: in primis perché arricchisce l’universo narrativo dal romanzo di Auguste Le Breton da cui è tratto, in secundis perché la sua suggestiva atmosfera notturna, il gruppo colorito di personaggi e la descrizione del microcosmo dei drogati stabiliscono una narrazione secca ma con attenzione alla rappresentazione realistica della malavita inserito nel quotidiano.
Il film non è disponibile in streaming, ma si può acquistare qui.

Grisbí, il cult francese di Jacques Becker

Grisbì (Touchez pas au grisbi) è un film del 1954 diretto da Jacques Becker, basato su un romanzo di Albert Simonin.  Proiettato nel 1954 alla 15ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, la pellicola è un’icona del polar noir: essa mette in scena l’ossessivo scontro tra i valori intergenerazionali, tra il decadimento e la modernità della Francia degli anni ‘50.

La trama parla di Max (Jean Gabin) ormai stanco e avanti negli anni, conta di ritirarsi e trascorrere in tranquillità il resto della vita, grazie ai frutti di una cospicua rapina in lingotti d’oro compiuta all’aeroporto di Orly. Ma i suoi progetti devono fare i conti con la passione di Henri “Riton” (René Dary), il suo socio, per le giovani ballerine. Nel frattempo, il rivale Angelo (Lino Ventura) viene a sapere del loro colpo e, per impadronirsi per primo del bottino, assolda dei sicari.

Nel raccontare la storia di Max , il regista Becker crea uno scontro generazionale: se il protagonista incarna il mondo passato dove l’onore va a braccetto con l’essere un fuorilegge, il suo giovane rivale Angelo afferma, con forza bruta, la fretta nel volere tutto e subito, sintomo di una avidità collettiva degli anni ‘50.
Il film è disponibile in streaming su Prime Video cliccando qui.

I senza nome, il sottogenere polar secondo Jean-Pierre Melville

I senza nome (Le cercle rouge) è un film noir del 1970 scritto e diretto da Jean-Pierre Melville, il vero genio del polar. Colui che ha dettato i lineamenti del personaggio del criminale e del poliziotto, creando nuovi tropes all’interno del genere, è il padre di questa pellicola che è considerata una delle migliori del genere nella storia del cinema. 

Il film parla del giovane pregiudicato Corey (Alain Delon), appena uscito dal carcere che si vendica di un torto subito. Lo stesso giorno, un criminale italiano Genco (Gian Maria Volonté) si sottrae alla sorveglianza del poliziotto di scorta, durante il trasferimento da Marsiglia a Parigi. I due malviventi, entrambi alcolizzati, finiscono casualmente per incontrarsi e decidono di unirsi per svaligiare una gioielleria di Place Vendôme, a Parigi. 

I senza nome è da vedere perché la storia si installa su un beffardo destino, sull’idea che è già tutto deciso, enfatizzando quel lato un po’ ridicolo della malavita che prende sempre il sopravvento sulla vita dei protagonisti. Detto così, sembrerebbe una commedia, ma gli elementi del noir sono presenti, dando un’atmosfera cupa anche in un film a colori dalle tipiche tinte degli anni ‘70.

Lo potete vedere su Prime Video, proprio qui.