Ancora un caso per il commissario Maigret. L’eroe nato dalla penna di George Simenon appare visibilmente stanco, acciaccato, con il volto segnato dalla tristezza e si sente “nudo” senza la sua pipa. Patrice Leconte dirige Maigret e la giovane morta (titolo originale Maigret et la jeune morte), tratto dall’omonimo romanzo del 1954.
Distribuito da Adler Entertainment, Maigret e la giovane morta è previsto nelle sale italiane per il prossimo 15 settembre.

Con l’immancabile cappello e con il suo lungo e pesante cappotto scuro Maigret, questa volta interpretato da Gérard Depardieu, deve indagare sulla misteriosa morte della giovanissima Louise Louviére (Clara Antoons).
In un primo momento non si conosce l’identità della giovane, ma il commissario ha un provvidenziale incontro con Betty (Jade Labeste), ragazza molto somigliante alla vittima che lo aiuterà a risolvere il mistero e svelare i colpevoli.
Attraverso un’indagine tipica del ragionamento deduttivo, tanto caro a numerosi giallisti, Maigret pacatamente osserva e scopre la verità, ritrovandosi a fare i conti anche col suo passato, nello specifico con un momento intimo che cela la perdita di una persona a lui assai cara.
Maigret e la giovane morta è un film in cui si respira appieno l’atmosfera della Parigi della fine degli anni Quaranta. Tutto sembra rivestito da una certa tranquillità e sobrietà e la storia procede senza intoppi, lasciando anche intendere chi potrebbe essere coinvolto nella sordida vicenda. Quest’ultima viene risolta fluidamente dal protagonista che non lascia mai trapelare alcuna emozione nonostante si intuisce che abbia subito un traumatico distacco con la sua unica figlia.

Maigret segue, indizio dopo indizio, la sua strada deduttiva adoperando un convincente stratagemma per ottenere le confessioni di un incidente mascherato da omicidio.
In Maigret e la giovane morta Depardieu dimostra ancora una volta la sua abilità di attore, attraverso i lunghi silenzi e una comicità testuale appena accennata non fa che investire il protagonista di maggiore umanità. La camminata del commissario è un lenta e ciondolante e ogni suo movimento trasmette una pacata stanchezza.
Le protagoniste femminili, così come i personaggi secondari, riescono a risultare facilmente convincenti. Le loro interpretazioni evidenziano i tormenti e le preoccupazioni che colpiscono sia la vittima che i carnefici.
Leconte dirige un film che, agli occhi dello spettatore, risulta essere essenziale, quasi scarno. Con una totale assenza di virtuosismi registici, Maigret e la giovane morta predilige l’indagine e i pochi – ma fondamentali – personaggi che vi ruotano attorno. La scarsa presenza di colori, vibranti e la scelta del regista di seguire una saturazione del colore fredda, porta il film ad un livello prevalentemente retrò, tipico del noir tanto caro alla cinematografia francese.
Le ombre scure e la scarsità di luce avvolgono Maigret/Depardieu col fascino che merita e lo fanno somigliare vagamente all’ “infernale” Orson Welles, regista protagonista de L’infernale Quinlan, 1958), o meglio alla sua versione buona.. Il tutto sembra appartenere ad una dimensione temporale che, come in una fotografia, rimane impressionata nella mente dello spettatore attento. Maigret e la giovane morta è avvincente, affermazione del tutto banale per chi almeno una volta nella vita ha sfogliato le pagine di Simenon o visto questo leggendario commissario con il volto di Gino Cervi.