Le proiezioni di genere biografico, in particolare quelli che raccontano gli artisti, fanno sempre tremare lo spettatore critico e appassionato prima ancora di dedicarsi alla visione della pellicola: questo perché l’artista e la sua opera o si amano o si odiano e ci si aspetta dal film proprio l’intimità poetica del processo di creazione dell’opera che porta il fruitore all’ammirazione o alla negazione di esso.

Da qui molti film diventano “piccoli” di fronte alla “grandezza” del personaggio invece altri ripropongono quasi pienamente l’enfasi straordinaria trasmessa dalle opere stesse.

Di quest’ultima categoria fa parte il film della regista statunitense Julie Taymor, dedicato alla pittrice messicana Frida Kahlo. La pellicola del 2002 è l’adattamento cinematografico del libro “Frida: A Biography of Frida Kahlo” di Hayden Herrera.

Il film ripercorre dettagliatamente l’esistenza passionale e sofferente della pittrice e insieme l’ascesa artistica: l’incidente che le sconvolse la vita a diciotto anni, l’amore  passionale e sofferente con Diego Rivera (pittore e muralista messicano) e la militanza politica. Temi dai quali la sua opera nasce, si sviluppa e si esalta verso una visione reale, ma non terrena, piuttosto surreale e intima, che Frida vive e percepisce lungo tutta la sua vita.

Dedicando particolare attenzione ai risvolti privati di Frida, il film è un ottimo strumento di comprensione intima di come i suoi dipinti diventano una sorta di vita parallela che la affianca in ogni momento: sono profondamente dolorosi, sofferenti e tristi ma contemporaneamente vivi, popolari, folcloristici, colorati e bizzarri, ma anche straordinariamente moderni e attuali.

La tecnica cinematografica, attraverso la fotografia, soprattutto con le tonalità di colore, e la musica, risulta impregnata della personalità di Frida Kahlo: i rossi sono spesso presenti nelle sue opere, come nel film, che vira in alcuni casi verso i blu e i verdi, caratteristici della casa paterna dell’artista. I tipici costumi messicani e le pittoresche tradizioni popolari vengono incluse dalla Taymor nel film così come Frida le rappresentava sovente nei quadri, dimostrando la fierezza culturale dello spirito indigeno e dei peones.

Il film risulta un percorso profondo ed intenso di due ore che sicuramente dà allo spettatore quasi le stesse emozioni che susciterebbe la visione delle pitture: la Kahlo è la protagonista del film e delle sue tele, prevalentemente autoritratti, visioni di un’altra Se, proiezioni di attimi e situazioni vissuti, quasi dettati da una coscienza automatica che la guida a metabolizzare la vita.

S’instaura così una piacevole corrispondenza tra la reale produzione della Kalho e “Frida” di J. Taymor.

Sono presenti anche le vicende che accompagnano la protagonista verso nuovi slanci artistici come l’arrivo di Frida in Europa, a Parigi, dove entra in contatto con il mondo intellettuale del periodo rimanendone colpita solo per il carattere decadente e in America, nei lunghi periodi che vi trascorre per stare al fianco di Rivera, impegnato nella sua ascesa artistica.

Fuori dal Messico Frida entra in contatto con il surrealismo ma non abbraccia questa corrente infatti le sue opere rimarranno sempre originali e uniche. Il suo, è un surrealismo autodidatta che nasce con le sue prime opere e si sviluppa prendendo spunto dalle sue esperienze di vita. Unico riferimento e forse omaggio al genio “daliliano” lo si riscontra nella trasposizione surreale e visionaria dell’opera “What the water gave me” con immagini di paura e dolore che galleggiano nell’acqua di una vasca da bagno, emblematico come il processo di creazione del dipinto viene descritto nella pellicola.Viva la vida -FRIDA-what the water gave me

Il film è infine portavoce della natura culturale messicana viva in Frida, fiera della tradizione del suo paese, attiva nella lotta della rivoluzione messicana che rivive in tutta la pellicola attraverso gli amici e colleghi Compañeros, irrefrenabili militanti di una lotta giusta contro la dittatura.

La visione è sempre appassionata e incita alla vita, proprio quello che Frida voleva dalle sue opere, sempre gioiose e colorate dalla vitalità spiazzante negli amori e nelle gioie, ma contemporaneamente crude nel raccontare l’amarezza della sua esistenza; il tutto è divinamente interpretato nella pellicola da una Salma Hayek coinvolta e coinvolgente, anche autrice di alcuni dipinti presenti nel film.

Chi tra gli spettatori, dopo la visione, sentirà il desiderio di conoscere più a fondo questa magica pittrice avrà modo di entrare in contatto con le sue opere in una personale a lei dedicata che si terrà a Roma, alle Scuderie del Quirinale, nella primavera 2014. Un appuntamento esclusivo per vedere le opere provenienti dalle più importanti collezioni d’arte internazionali, piene del vitalismo estetico e culturale ribadito in tutto il suo lavoro. Un “Viva la Vida” costante, come quello che impresse nella sua ultima e rossa opera, dipinta prima di morire nel 1954, dove lei non è più protagonista e lascia spazio a frutti succosi quasi emblema della pienezza del suo trascorso.