Un nutrito gruppo di turisti più che benestanti si accinge a festeggiare il Capodanno 2000 presso un lussuoso The Palace hotel nel cuore delle Alpi. All’interno del suddetto hotel ne accadranno davvero di tutti i colori e, al contempo, verranno fuori vizi e difetti di ognuno degli ospiti presenti.

Cosa ci ricorda questa trama? Impossibile non pensare ai fratelli Vanzina dei tempi d’oro e al loro Vacanze di Natale (1983), il quale, a sua volta, ha dato il via al genere dei cinepanettoni. E anche se non si tratta propriamente di un cinepanettone, dunque, The Palace, ultima fatica di Roman Polanski, presentata in anteprima mondiale, fuori concorso, all’80° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, ci è andato decisamente vicino.

Pur presentando, tale lungometraggio, alcune costanti proprie del cinema di Polanski (su tutte, un’unica location che, man mano che si va avanti con la messa in scena, trasmette un crescente senso di claustrofobia), esso trova, infatti, parecchie similitudini proprio con il cinema dei primi fratelli Vanzina.

Sarà puramente un caso, date le tematiche trattate? Non proprio. E infatti, per l’occasione, il presente The Palace è stato prodotto (insieme alla Francia, alla Svizzera e alla Polonia) anche dall’Italia e, nello specifico, da Rai Cinema e dalla Eliseo Entertainment di Luca Barbareschi (qui presente anche in veste di interprete).

Non stupisce, dunque, il fatto che The Palace ci ricordi non soltanto i Vanzina, ma anche molte altre commedie nostrane incentrate sul tema. Rai Cinema (e, in questo caso, anche la Eliseo Entertainment) tende a seguire determinati standard. Questo ormai si sa. E anche un autore come Polanski, a quanto pare, ha dovuto adattarvisi.

Una carrellata di bizzarri personaggi – i cui bisogni vengono in ogni modo soddisfatti dallo stressatissimo direttore d’hotel (impersonato da un ottimo Oliver Masucci) – sono indubbiamente esilaranti e volutamente stereotipati: da un gruppo di miliardari russi che ha bisogno di enormi casseforti a due signore non più giovanissime che discutono sui prossimi ritocchi estetici importunando in continuazione un chirurgo plastico lì in vacanza; da un milionario sull’orlo del fallimento che viene rintracciato da un figlio che non vedeva da anni (con tanto di famiglia al seguito), fino addirittura a un pinguino che si aggira indisturbato per l’hotel. Nel frattempo, Boris Eltsin annuncia in televisione, a sorpresa, le sue dimissioni. Vladimir Putin, suo temporaneo successore, assicura il popolo russo che verrà portata avanti una politica basata sulla pace e sulla tolleranza.

Roman Polanski indubbiamente sa divertirci, gestendo anche spazi e personaggi in maniera complessivamente equilibrata, senza paura di calcare la mano e “colpevole” soltanto di qualche caduta di stile qua e là (come l’incontro tra il suddetto pinguino e il chiwawa di una delle ospiti dell’albergo). A dargli man forte, un cast d’eccezione, che vede la presenza, oltre a Masucci e a Barbareschi (quest’ultima, dato il background, ahimé, abbastanza inevitabile), anche di Fanny Ardant, di John Cleese e di Mickey Rourke.

Siamo d’accordo: dopo la visione di The Palace, molti degli estimatori di Polanski (e non soltanto loro) potrebbero molto facilmente storcere il naso. Non a torto. Già, perché, di fatto, questo suo ultimo lungometraggio, pur intrattenendo piacevolmente e strappando più di una risata, manca di quel mordente, di quella grazia e di quella personalità che da sempre hanno caratterizzato le opere dell’autore. Che sia “colpa” quasi esclusivamente dell’Italia? Questo, naturalmente, non possiamo dirlo con certezza. Eppure, al contempo, il nome di Jerzy Skolimowski tra gli autori della sceneggiatura ci fa ben sperare, anche per quanto riguarda eventuali collaborazioni future, in una sorta di “ritorno alle origini”. Staremo a vedere.