Star Wars Il risveglio della forza, dieci anni dopo l’ultima volta, la forza si risveglia e orde scalmanate di fan possono ora fiondarsi (si sono già fiondate) al cinema per vedere il settimo film della saga stellare, ma primo da quando George Lucas ha ceduto i diritti alla Disney.
Senza indugiare troppo nella trama de Il risveglio della forza ed evitando così espliciti spoiler, avventuriamoci nella genesi di questo film e le impressioni che ha suscitato dopo la visione, con il costante riferimento ai fan più accaniti, minuziosi osservatori di un mondo di cui bramano far parte.
Prendersi dei rischi e tentare di proporre qualcosa di diverso e originale (rischiando di inimicarsi milioni di fan)? Restare cauti e proporre qualcosa che possa accontentare tutti? Probabilmente sono state queste le domande che si è posto J.J. Abrams quando ha deciso di mettere le mani su Star Wars – Il risveglio della forza, ed è chiaro che la materia che Abrams ha dovuto trattare richiedeva guanti e mosse delicatissimi e un’accuratissima valutazione delle scelte e delle loro conseguenze. La risposta è dunque evidente, soprattutto a chi il film l’ha visto: Abrams ha preferito essere prudente.
Il settimo capitolo riprende molti temi del mondo creato da Lucas: visivamente alcune scene ricordano soprattutto la prima trilogia e Una nuova speranza, narrativamente è simile a quest’ultimo e perciò ha una certa prevedibilità. Il rapporto paterno innanzitutto e le dinamiche familiari, qui traslate ma immutate, la “Morte Nera” di cui vediamo un iperbolico surrogato, così come l’azione per disattivarne gli scudi e colpirla al cuore. Ma anche il bar, tentativo di creare un’atmosfera, quella di fantasiosi mondi popolati da una propria fauna e flora locale, che qui viene un po’ a mancare.
La guerra appare più rappresentazione esplicita della violenza, anziché espletamento di fini politici, somigliando così più alla prima trilogia, che alla seconda, e lasciandoci qualche dubbio sulle origini e l’essenza di questo nuovo conflitto, probabilmente da giustificarsi nei film prossimi. La padronanza Disney, a mio avviso, non inficia il risultato del film, se non per l’assenza di braccia o mani tagliate.
Il lato umoristico dal suo canto è efficace e riuscito, anche nei piccoli siparietti ricavanti all’interno delle scene d’azione. Proprio queste godono di un particolare effetto di straordinarietà e meraviglia, grazie ai progressi tecnologici, risultando appassionanti e spettacolari, anche grazie al supporto delle magniloquenti musiche di John Williams, che come di consueto realizza un ottimo lavoro.
Insieme alle fughe in astronave e le sparatorie, fanno la loro figura anche i nuovi interpreti, che rivitalizzano la saga, naturalmente al fianco delle vecchie conoscenze, portatrici di vecchie emozioni. Un solo appunto va fatto infine a qualche taglio, probabilmente realizzato in post-produzione per motivi di minutaggio. In particolare verso la fine del film, quando i protagonisti sono all’interno del pianetone-cannone, si ritrovano nella sequenza immediatamente successiva a combattere nel bosco.
Il difetto più grande e forse unico, se tale si può chiamare, in Star Wars – Il risveglio della forza, è, a mio avviso, il villain. Che Kylo Ren non possa possedere il magnetismo di Darth Vader, è da aspettarselo, ma l’ho trovato comunque carente del fascino necessario, insieme ad una maschera tolta troppo prematuramente. Il giovane volto sotto di essa, in un momento narrativo differente, magari a seguito di un performare catartico del personaggio, avrebbe suscitato un effetto differente.
Dunque alla domanda iniziale, che riduceva indubbiamente ai minimi termini la situazione di J.J. Abrams, aggiungiamone altre due: si poteva agire alternativamente? Sì. Si poteva fare un lavoro migliore? Forse no. Star wars – Il risveglio della forza è un buon film, anzi un ottimo film, un intrattenimento efficace, mai noioso e indubbiamente sicuro, che per genesi non può godere di picchi o lodi memorabili perciò aspettiamo la colazione per capire se la forza si è risvegliata veramente.