La violenza non si esaurisce nell’atto stesso del suo compiersi, ma lascia dietro di se un peso tremendo, i segni fisici, psicologici e morali del suo passaggio. Agnus Dei, il film di Anne Fontaine che uscirà in sala il 17 novembre, cerca di affrontare questo terribile momento, in cui disperatamente si cerca di fare i conti con un evento tanto terribile da riuscire a mettere in discussione e a far crollare ogni certezza.
La storia prende spunto dai diari di Madeleine Pauliac, medico francese di 27 anni che dopo essere stata nella Resistenza ed aver partecipato alla liberazione di Parigi si unì alla Croce Rossa per aiutare a curare e a rimandare a casa i soldati francesi feriti in Polonia. È qui che Madeleine scoprì la tremenda realtà degli stupri condotti dai soldati dell’Armata Rossa.
Stessa atroce rivelazione che capita nel film alla giovane Mathilde (Lou De Laâge): a seguito della disperata richiesta d’aiuto di suor Maria la ragazza si troverà a dover aiutare le altre sorelle del convento rimaste incinte dopo le violenze dei soldati russi. Un’esperienza che la porterà, lei comunista, donna libera e indipendente, a contatto con una scelta di vita completamente diversa dalla sua.
Attraverso il rapporto tra queste due donne che tentano di avvicinarsi e di comprendersi l’una con l’altra, il film si concentra sulle conseguenze psicologiche di un atto così tremendo e su come esso possa incidere sulla fede e sull’esistenza di chi ha consacrato il proprio corpo e la propria vita a Dio.
Dovendo trattare un tema così delicato, la regista cerca un difficile equilibrio tra rigore e dramma, scegliendo nella prima parte un approccio che nel suo distacco un po’ raggelato riesce ad evitare i sentimentalismi e a far emergere, grazie anche alle ottime interpreti, le individualità nel gruppo delle religiose e le loro diverse reazioni, dallo spaesamento alla disperazione, dalla negazione ad una difficile e sofferta accettazione.
La debolezza del film sta però nel non voler affrontare quello che in realtà è il problema centrare della vicenda: queste donne sono costrette a nascondersi perché, qualora venisse scoperto il loro stato, dovrebbero abbandonare il velo e il convento, finendo per apparire più colpevoli che vittime della violenza che hanno subito.
Evitando lo scontro frontale con una tematica scomoda, ancora attuale e irrisolta all’interno della Chiesa, il film preferisce concentrare tutti gli aspetti negativi nel personaggio della Madre Badessa (la bravissima Agata Kulesza), anch’esso ambiguo e contraddittorio, prima vittima e per questo poi carnefice giustificato, che paga le sue colpe con una punizione che non ha nulla da invidiare a quelle inferte dal codice Hays alle femme fatale del cinema noir.
Mosse dalla ricerca di una via di pacificazione da raggiungere a tutti i costi, la regista e le sue sceneggiatrici Sabrina B. Karine e Alice Vidal dimenticano il rigore della denuncia e cadono in un finale che vorrebbe essere liberatorio ma finisce invece per apparire un inaccettabile compromesso, un’edulcorata happy end quasi offensiva nel suo insopportabile buonismo.
Partendo dalla volontà di indagare e portare alla luce un orrore rimosso e dimenticato, Agnus Dei lo fa in maniera meno coraggiosa di quanto possa sembrare, costruendo una storia troppo consolatoria che alla fine salva tutto e tutti. Al film sembra mancare il coraggio di andare fino in fondo, preferendo invece restare prudentemente sull’argine di quell’abisso di sofferenza causato non tanto dalla violenza in se ma dall’abbandono, dalla solitudine, dalla vergogna a cui è condannato chi la subisce.
[…] Quando si parla di argomenti spinosi, la guerra fa capolino quasi immediatamente all’interno della discussione. In ambito cinematografico, gettarsi nella realizzazione di un film che tratti l’argomento è un qualcosa di non poco complesso, soprattutto considerata la grande sensibilità artistica che richiede. Rientra di sicuro nei generi più amati, vista la capacità di raccontare la cruda realtà delle più grandi tragedie dell’umanità e le dinamiche psicologiche degli individui alle prese con i suoi orrori e le sue violenze. […]