Nella breve intervista inserita nel documentario ALBE – A Life Beyond Earth di Elisa Fuksas, l’ex astronauta canadese Chris Hadfield sembra non avere dubbi sulla bellezza del nostro Pianeta osservato da una stazione spaziale in orbita, ma confessa di avere qualche incertezza sulla vita extraterrestre. Così come milioni di persone si chiedono se siamo soli o no nell’Universo, a Roma otto individui credono non solo che gli alieni esistano, ma che abbiano già visitato il nostro mondo.

Un rappresentante commerciale, un nutrizionista, un attore caratterista, una parrucchiera, una studentessa, una collaboratrice scolastica, un’impiegata comunale e un ragazzo omosessuale bilingue condividono la stessa passione per gli alieni. Insieme hanno deciso di dare vita al gruppo ALBE per condividere le loro esperienze e dare un senso ai loro dubbi.

Se in Interstellar la scienziata Amelia Brand parla dell’amore come un sentimento capace di travalicare spazio e tempo, in ALBE – A Life Beyond Earth, l’ingegnere aerospaziale Amalia Ercoli-Finzi crede che l’amore sia una sorta di artefatto creato dagli alieni e instillato negli uomini. Ed è proprio questo sentimento che i protagonisti del documentario forse cercano inconsapevolmente.

Albe provino

Tra esorcismi e rapimenti extraterrestri, macchine della verità e convegni di ufologia, Fuksas offre uno sguardo “grandangolare” sulle vite ordinarie di persone che credono nello straordinario. Probabilmente l’unico individuo ad aver conservato il lume della ragione è il ragazzo convinto che “stelle e pianeti siano dentro di noi” e che i veri “extra” siano proprio loro, ovvero chi pensa in maniera diversa dagli altri.

Fuksas colloca i personaggi al centro di architetture urbane simmetriche e di ampio respiro per restituire il senso di spaesamento dell’essere umano di fronte all’ignoto. Ma l’insistenza mostrata nell’avvicinarsi a soggetti che interagiscono tra loro senza naturalezza provoca un corto circuito talmente grave da distruggere la verosimiglianza di ALBE – A Life Beyond Earth, trasformando l’opera in un’astronave aliena lontana anni luce dall’uomo.