All’epoca di Quando c’era lui… caro lei il Corriere della Sera apostrofò il film di Giancarlo Santi come «una gran pagliacciata fumettistica» perché sminuiva gli aspetti storico-politici del Regime fascista. Lo scrisse Giovanni Grazzini, però forse il film meritava qualcosa di più. Hugo Prat, Paolo Villaggio e Gianni Cavina (gli attori protagonisti della commedia) non volevano raccontare un ventennio, ma mostrare che l’appartenenza politica (e partitica) in Italia spesso è in balia di fluttui e correnti. Oggi una tale satira sociale non si vede più e il cinema italiano è tendenzialmente più cauto anche quando prende spunto da un prodotto straniero ben riuscito e, per certi versi, decisamente sfrontato.

Sono tornato è la versione nostrana del film campione di incassi in Germania Lui è tornato. Se nell’originale tedesco era Adolf Hitler che compariva misteriosamente nel presente, in quello italiano invece è Mussolini in persona ad essere catapultato ai giorni nostri.

Recensione Sono tornato  Il duce emerge dal diradarsi delle nubi della storia, nei giardini di Piazza Vittorio, proprio in prossimità della mistica porta alchemica, ma il 2017 non è certo la sua epoca. Si sveglia in una Roma multietnica dove i giornali parlano di matrimoni gay (sorprendentemente ne capisce anche il senso!) e trova la sua residenza privata infestata da scolaresche. Tutti lo credono un pazzo con la divisa fascista, compreso l’aspirante documentarista Andrea Canaletti che se lo carica su un furgoncino per la consegna di mozzarelle e lo porta in giro per l’Italia, filmando e postando su internet le reazioni del popolo davanti al dittatore redivivo. Fioccano selfie e visualizzazioni. Mussolini spopola (di nuovo?) e capisce immediatamente la capillarità propagandistica dei nuovi media. Da YouTube ai social fino all’approdo in TV: l’emittente per cui lavora precariamente Canaletti propone uno show in prima serata con il personaggio Mussolini, il problema è che sotto l’uniforme e il fez della milizia fascista c’è proprio lui, Benito, pronto a riconquistare l’Italia di oggi che gli dà pure retta.

Il film di Luca Miniero è una commedia che sicuramente diverte il pubblico in sala. Le battute e i dialoghi sono plausibili, le situazioni umane. Massimo Popolizio nei panni di Benito Mussolini è credibile e raccoglie la sfida di interpretare seriamente un ruolo parodistico. Il gioco tra finzione cinematografica e “girato dal vero” però non è ben amalgamato e il primo aspetto sovrasta spesso il materiale documentaristico prodotto per la realizzazione del film. La regia di Miniero non regala un granché, ma in alcuni casi compie scelte ben precise: le braccia tese che salutano il Duce sono quasi sempre tagliate fuori dalle inquadrature, come se giudicate inaccettabili. Questo potrebbe essere letto come  una precisa presa di posizione, sebbene il film in fin dei conti sia troppo assolutorio. 

Recensione Sono tornato Mussolini VS Hitler
Più che remake, Sono tornato è un “calco” di Lui è tornato. Infatti non si tratta di una versione made in Italy del film tedesco di David Wnendt (che prendeva spunto dall’omonimo bestseller di Timur Vermes) in cui il lavoro di rifacimento interessa l’ambientazione e rimodella i personaggi (remake). La sceneggiatura di Sono tornato è “scolpita” sul modello originale soprattutto per quanto riguarda le svolte narrative. Ad esempio, l’inconveniente che fa precipitare la popolarità social di Mussolini –e l’intera storia raccontata– è lo stesso che arreca un fiume di commenti negativi alla nuova ascesa mediatica del Führer. Il diverso personaggio storico/protagonista, così come la nuova ambientazione, implicherebbe differenti tourning point in sceneggiatura, a rigor di logica. A questo punto è inevitabile il continuo paragone tra i due film…

Sono tornato intrattiene soprattutto chi non ha visto la versione con Hitler, più audace nel mostrare gli spaccati sociali della Germania odierna. Al film di Miniero manca il becerume, la mano pesante nel filmare l’Italia xenofoba, estremista e ignorante. Mostrare un fascismo soft è, oltre che errato, decisamente inutile.  Un film sul ritorno del Duce poteva essere un’occasione ghiotta per una commedia mordace su temi vivi e cocenti, sulla scia del bel cinema di satira sociale. Ci si poteva divertire moltissimo osando, mirando al pubblico e mettendolo davanti alle proprie incongruenze di pensiero e comportamento. Il film poteva essere un pungolo, così come la versione tedesca, una spina nel fianco per raccontare l’Italia di oggi con una vena di triste sarcasmo.

Ah! Quando c’era lui… il cinema satirico, sfacciatamente polemico.