Fin dalla sua prima puntata Boris era già destinata ad essere una serie innovativa, una rivelazione e una rivoluzione televisiva. Finalmente, dopo dodici anni, torna una quarta stagione a ridefinire i cambiamenti che hanno investito il panorama seriale, ormai ben lontano dai tempi di Gli Occhi del Cuore.
Presentato in anteprima stampa alla Festa del Cinema di Roma e al pubblico ad Alice nella Città (il 23 e 24 ottobre), Boris 4 è prodotto da The Apartment insieme a Freemantle e sarà disponibile su Disney+ dal 26 ottobre.

Sembravamo tutti rassegnati al fatto che non ci sarebbe stata una quarta stagione, invece Boris è riapparso con otto nuove puntate. Ora i protagonisti dovranno fare i conti con un’ambiente notevolmente cambiato rispetto alla TV generalista di un decennio fa, poiché tocca loro vedersela con algoritmi, piattaforme streaming, teen story, tematiche politically correct e codici comportamentali.
Ormai l'”anello del conte” è cosa vecchia, Stanis LaRochelle, oltre che diventare marito di Corinna, ha avuto l’idea di girare Vita di Gesù con se stesso come produttore e protagonista (nonostante la differenza di circa diciassette anni). Alla luce di questi presupposti, giunge il momento di rimettere insieme la vecchia e rodata troupe capitanata da Renè Ferretti, che oltre a interagire con i suoi storici compagni di lavoro si dovrà confrontare con Allison, manager della Piattaforma e capo di Alessandro (che nel frattempo è diventato responsabile italiano della Piattaforma).
I protagonisti dovranno percorrere una strada completamente nuova per realizzare il progetto, ma non prima che il sovrano algoritmo approvi la sceneggiatura…
Boris 4 non delude le aspettative e mentre i personaggi si identificano e si scontrano con quei caratteri propriamente superficiali e cinicamente comici, l’ambiente che li circonda muta tanto velocemente da catapultarli in qualcosa di completamente nuovo.
“Il tentativo è stato quello di cambiare tutto per non cambiare niente” hanno affermato gli stessi sceneggiatori Luca Vendruscolo e Giacomo Ciarrapico, confermando la necessità per i personaggi di mantenere tutte le loro condizioni e contraddizioni.

La quarta stagione di Boris sfrutta la stessa pungente ironia andando, questa volta, a toccare il sistema produttivo legato alle piattaforme streaming e ai sistemi di controllo delle preferenze. Si sposta quindi l’attenzione su una contemporaneità dove qualsiasi prodotto, dal più artistico al più scadente è condizionato da forzate scelte perbeniste e politically correct ed inoltre deve mantenere un look accattivante. La conseguenza di ciò è che Renè e la sua sgangherata tropue non possono più andare a “cazzo di cane” e “smarmellare” per risparmiare tempo e denaro.
Nonostante l’impronta tipicamente comica e irriverente, Boris 4 dissemina anche una intermittente malinconia per la scomparsa di Mattia Torre, rappresentato nella serie da Valerio Aprea come entità vicina e incoraggiante suggeritore.
La modernità, in Boris 4, non è indice di miglioramento, ma una nuova forma di “schiavismo da set” dove, mentre una volta era la rete (intesa come emittente) ad ordinare cosa e come raccontare ora è il trend a imporre le condizioni, a modificare le storie per evitare polemiche e ad essere il nuovo oggetto di parodia in questa che rimane ancora la “fuori-serie” italiana.