Alla Festa del Cinema di Roma non sono mancate le proposte anche dalla Corea del Sud, e a tal proposito è il caso di parlare di Jeong-sun, diretto da Jeong Ji-hye.
La vita insignificante, ma non per questo infelice, di una donna coreana è scossa fino al midollo dalla vergogna e dalla mortificazione causata dalla diffusione di un video che la ritrae seminuda, mentre gioca con il proprio partner.
I crimini sessuali digitali sono in crescente aumento in Corea del Sud, dove le vittime affrontano svariate difficoltà nel perseguire azioni legali a causa di una forte disparità di genere, senza contare un totale disinteresse del governo nei confronti della tematica.

Jeong-sun (Kim Geumsoon) lavora alla linea d’imballaggio di una fabbrica alimentare, un lavoro umile ed alienante, ma che in fin dei conti le garantisce un salario. Nel momento in cui un cauto rapporto con uno dei nuovi lavoratori, Yeong-su (Cho Hyun-woo), sembra riaccendere nella donna nuove speranze per il futuro, la situazione crolla.
A sua insaputa, la sfortunata vittima di uno strano scherzo del destino vedrà diffondersi a macchia d’olio un video che la ritrae in intimo, girato proprio da Yeong-su. Un tradimento che la mette spalle al muro, portandola a lasciare il posto di lavoro e ha rinchiudersi in se stessa, sovrastata da un carico emozionale troppo grande da gestire.

Sobrio e intimo, il film si concentra sui piccoli dettagli, partendo dalla performance della protagonista. Spesso i silenzi lasciano spazio alle micro-espressioni del viso, che diventano sempre più esplicative man mano che la storia si complica.
Questo è uno dei vari film ispiratosi al caso “Nth Room”, un’organizzazione coreana con finalità criminale specializzata nella diffusione di materiale esplicito via Telegram. Mentre l’incidente del film può essere considerato meno gravoso, si riesce comunque a catturare l’essenza della cyber-esposizione e della vergogna che ne deriva.
Le relazioni femminili nel film sono particolarmente forti, con Jeong-sun che viene ciecamente sostenuta sia dalle sue colleghe che da sua figlia, molto più combattiva rispetto alla protagonista, e vogliosa di giustizia. Ciò che trapela è lo splendido suggerimento secondo cui, in un mondo misogino e spietato, l’antidoto possa essere il femminismo e la cooperazione. Allo stesso modo però, la storia narrata risulta in qualche modo non abbastanza tragica, considerato che avrebbe potuto assumere risvolti ben più tragici (e ciononostante realistici).

Il ritmo della pellicola è molto spezzettato, con un minutaggio che, nonostante non sia eccessivo, risulta procedere molto a rilento. Prima che si arrivi al momento di svolta, con la scoperta del video, si attraversa una lunga fase introduttiva che forse si estende più di quanto fosse necessario.
Avendo superato poi lo snodo cardine della trama, la narrazione finisce per arenarsi una seconda volta, conducendoci molto lentamente ad un finale sicuramente più drammatico. Nonostante ciò, Jeong-sun è una storia che vale la pena ascoltare ed assimilare, una critica sociale a cui è corretto dar voce ogni volta che vi è possibilità.