Due corti documentari (A proposito di Nizza, Taris, o del nuoto), un mediometraggio (Zero in condotta) e un lungometraggio (L’Atalante) è tutto ciò che è servito a Jean Vigo (giovane cineasta in ascesa morto precocemente di tubercolosi a soli ventinove anni) per imprimersi in una storia del cinema fatta di cellulosa che, tra riscoperte e celebrazioni, lo ha preservato anche al netto di censure e ostracizzazioni. In particolar modo L’Atalante, ultima opera che l’autore non ha avuto neanche il privilegio di ammirare, scempiato in seguito con una musica differente da quella voluta, ha resistito nei decenni imperterrito, sottotraccia, fino ai molteplici restauri (prima negli anni Cinquanta e poi, quello definitivo anche in 4K, nel 2017) da parte della Cinémathèque française che hanno fatto del film un pilastro della cinematografia francese (non solo per Truffaut che lo adorava).
Allontanandosi dal realismo drammatico tutto teso verso la psicologia dei personaggi predominante nel cinema francese degli anni Trenta, L’Atalante di Vigo narra con una soave leggerezza quasi fiabesca l’essenziale storia di Juliette (Dita Parlo) la quale, in seguito alle nozze con il marinaio Jean (Jean Dasté), si imbarca sulla sua chiatta per navigare nella rete fluviale della nazione in compagnia di pére Jules (Michel Simon) e di un mozzo. Presto, però, la vita claustrofobica e monotona che si prefigura a Juliette le farà sognare, e poi raggiungere (con la conseguente disperazione del marito), le luci scintillanti di Parigi.
L’Atalante, grazie anche alla leggendaria fotografia di Boris Kaufman (uno dei fratelli di Dziga Vertov), è ricco di un’incisiva potenza visiva, attenta anche a suggestive composizioni formali che, congiuntamente alla musica di Maurice Jaubert, raggiungono un lirismo capace di trascendere la più effimera realtà.
Vigo, infatti, formatosi leggendo tanto le teorizzazioni filmiche quanto la critica cinematografica, cinefilo a tal punto da ricercare film di contrabbando come La corazzata Potëmkin, con un incredibile estro riesce ad adattare un avanguardismo visivo a una narrazione semplice, rarefacendola ma impreziosendola.
Riempie così gli occhi di ardite inquadrature dal bassissimo verso l’alto di personaggi che si stagliano contro il cielo vergato da nuvole, oppure riprese a volo d’uccello, fantasmatiche sovrimpressioni, l’erotismo quasi surrealista con pére Jules e i suoi gingilli semoventi (che richiamano tutta la fascinazione per i primi meccanismi di movimento automatizzato del pre-cinema); finendo per abbracciare decisamente l’onirico al termine de L’Atalante (forse frutto anche di suggestioni provenienti dalla sua recente conoscenza del padre cinematografico del movimento, Luis Buñuel), l’autore restituisce l’ammaliante visione di Jean che cerca fin nell’oceano l’amata Juliette.
Proprio la protagonista de L’Atalante, Juliette, ragazza (verrebbe da dire) tanto contemporanea nella sua curiosità e pulsione vitale che la spinge a rinnegare l’opprimente vita sulla chiatta per scoprire l’esuberanza della metropoli (e quindi del mondo al di fuori di ciò che le consente il marito), prefigura l’arco narrativo della vera eroina femminista del XXI secolo cinematografico (con buona pace di quel mediocre tentativo di Barbie) che è la Bella Baxter di Poor Things di Yorgos Lanthimos.
Al lirismo di Vigo, nella trasposizione dell’omonimo romanzo, il regista greco sostituisce un’estetica steampunk grottesca e surreale per narrare la liberazione dalle costrizioni di figure maschili (tutte prevaricatrici, seppur in modi differenti) nella costruzione di una coscienza autonoma attraverso un dialogo empirico con il mondo.
Azzardando tale parallelismo (con certamente tutti i distinguo del caso rispecchianti contesti storico-sociali e sensibilità diverse), è (forse in minima parte) confortante constatare come, almeno nelle rappresentazioni artistiche di due grandi cineasti separati da quasi un secolo, vi sia un cambio nella risoluzione dei rapporti tra i due sessi.
Laddove, infatti, ne L’Atalante si assiste al pentimento e ricongiungimento (nonostante le violenze e le costrizioni) di Juliette con il marito, l’anarchia che deflagra il machismo che circonda Bella Baxter è una fiduciosa favola della buonanotte da raccontare alla future generazioni nella speranza di una maggiore sensibilizzazione.