Per la prima volta al cinema… Il cinema. Per la prima volta in un film… Quelli che fanno un film. Per la prima volta la vita privata… Di quelli che non hanno mai una vita privata. Un film sulla verità? Un film sulla menzogna? Un film sulla verità e sulla menzogna!

dal  trailer italiano di Effetto Notte

Inserito dalla rivista Time nella lista dei 100 migliori film di tutti i tempi, Effetto Notte è il tredicesimo lungometraggio di François Truffaut. L’unico vincitore di un Oscar, per l’esattezza in qualità di miglior film straniero nel 1974.

Questa pellicola ricca di humor del regista della Nouvelle Vague è un’ode alla settima arte.  Un film su un film che già nel titolo contiene l’essenza di questo racconto brioso e fresco.

Uno dei trucchi cinematografici più noti per far sembrare notturne delle scene esterne girate di giorno è l’effetto notte. Si ottiene sottoesponendo la pellicola e applicando dei filtri polarizzatori e colorati davanti all’obiettivo.
Il titolo originale del film è La nuit américaine, espressione gergale francese utilizzata per esprimere quest’effetto visivo. Il richiamo all’America è legato al fatto che era pratica comune fare uso di questo trucco nei western delle produzioni hollywoodiane.
La tecnica era chiamata Day for night  (ovvero “il giorno per la notte”) che infatti è anche il titolo dato al film di Truffaut all’estero.

Effetto notte: trama

A Nizza si sta girando il film Vi presento Pamela, coproduzione internazionale in cui la protagonista lascia il novello sposo per scappare con il suocero. Regista di questo melodramma è Ferrand (François Truffaut), quarantenne francese sordo dall’orecchio sinistro. Attorno a lui, oltre agli attori e al produttore Bertrand (Jean Champion), le maestranze senza le quali il cinema non esisterebbe: l’assistente alla regia Jean-François (Jean-François Stévenin), la segretaria d’edizione Joëll (Nathalie Baye), il direttore della fotografia Walter (Walter Bal), la truccatrice Odille (Nike Arrighi), l’attrezzista e trovarobe Bernard (Bernard Ménez), la controfigura, il microfonista, poi sarte, macchinisti, tecnici audio, assicuratori e altri ancora.

Tra difficoltà finanziarie, questioni tecniche e problemi relazionali, la lavorazione procede tra mille contrattempi.
Il regista Ferrand è costretto a destreggiarsi fra piccoli e grandi drammi: la salute psichica della bellissima prima attrice, Julie Baker (Jacqueline Bisset), inglese che lavora e vive a Hollywood arrivata a Nizza con l’attempato medico (David Markham) che l’ha appena curata da un esaurimento nervoso e che si rivela essere il suo comprensivo marito; l’instabilità umorale e sentimentale del protagonista Alphonse (Jean-Pierre Léaud) che aveva portato la fidanzata Liliane (Dani) sul set come stagista, ma a cui lei ora preferisce il cascatore britannico; le amnesie della matura attrice italiana Séverine (Valentina Cortese) che ritrova nel cast il vecchio amore Alexandre (Jean-Pierre Aumont); la gravidanza nascosta di un’altra interprete, Stacey (Alexandra Stewart) che complicherà il montaggio di scene girate a settimane di distanza; perfino l’improvvisa morte di Alexandre, prima dell’ultimo ciak, che imporrà di modificare la trama. Ma alla fine, quasi miracolosamente, il film viene finito. Attori e tecnici si lasciano con un velo di malinconia.  Le loro strade si dividono, ma non tutte. Qualcuno si dà appuntamento al prossimo set per lavorare di nuovo insieme.

I film sono più armoniosi della vita, Alphonse: non ci sono intoppi nei film, non ci sono rallentamenti.I film vanno avanti come i treni, capisci? Come i treni nella notte. La gente come me e come te, lo sai bene, è fatta per essere felice nel nostro lavoro del cinema

Ferrand/Truffaut

Come nella vita, sul set di un film può accadere di tutto. Proprio come in questo capolavoro di Truffaut a metà strada tra dramma e commedia.
Effetto notte è un’opera corale e allo stesso tempo autobiografica. Non a caso Truffaut decide di mettersi anche davanti la cinepresa e interpretare il ruolo del  regista. Sceglie di esibire una sordità da un solo orecchio che evidenzia contemporaneamente il desiderio di isolamento (per non farsi coinvolgere dalle passioni e isterie di chi lo circonda sul set), ma anche la disponibilità alla comprensione in modo da essere in grado di  superare gli ostacoli e riuscire a terminare il proprio lavoro. Del resto, qualunque cosa accada… the show must go on.

Per Truffaut il cinema e la vita sono una cosa sola.
In Effetto Notte racconta questo binomio in modo genuino, naturale, spontaneo. Il suo non è semplicemente un film nel film, ma crea un esempio di meta-cinema in cui lo spettatore possa vedere cosa significhi vivere su un set, partecipare alla creazione di un lungometraggio. Potrebbe sembrare che Effetto Notte sia un film tecnico, teorico. Invece, è quello più sentimentale del regista della Nouvelle Vague. La sua più grande dichiarazione d’amore all’arte cinematografica. 

Truffaut prima di diventare regista ha amato il cinema. Ne ha scritto, lo ha sognato. Ha cullato per quindici anni il desiderio di girare Effetto Notte.
Questa pellicola è la prova del suo immenso affetto verso un mondo professionale prima che artistico, ma anche una riflessione sulla morte. Sul set muoiono amori e personaggi, come sul finto film girato da Ferrand. Tutto finisce, anche il set viene smantellato a fine riprese. Però, forse, a morire è il cinema stesso. O, almeno, un certo tipo di cinema.

Quello che rende speciale questa pellicola è la fruibilità universale.
Tutti possono godere di quest’opera, è un film per un pubblico indifferenziato. Non per soli cinefili, insomma. Questa scelta fu fortemente criticata da Jean-Luc Godard (altro noto esponente della Nouvelle Vague) che lo accusò di aver realizzato un lungometraggio borghese tradendo il cinema sperimentale e politico.
Effetto Notte segna la chiusura dei rapporti tra i due registi. In effetti, Truffaut in quest’opera si allontana molto dalla “nuova onda”. Le tecniche di ripresa sono quelle tipiche del cinema classico. Un ritorno alla tradizione per raccontare un’evoluzione del suo cinema.

Infatti, già il titolo racchiude questo cambiamento di registro. Quell’effetto notte nel 1973 (anno in cui il film è stato girato ) è una tecnica che allora era già desueta. Perché fingere la notte quando si puo’ tranquillamente girare nelle ore di buio? Il tempo è passato. Il mondo è cambiato e anche il modo di fare cinema. Non a caso Truffaut ha dedicato il film a Dorothy e Lillian Gish,  due eroine assolute dell’epoca del muto, genere  superato, ma mai dimenticato.

In Effetto Notte il regista di Jules et Jim utilizza delle inquadrature senza limiti, campi lunghi. Delle immagini ampie con spazio aperto ai lati. Infatti, è proprio ai margini o fuori campo che avvengono gli  imprevisti. Ma allo stesso tempo, puo’ uscire dal campo da un momento all’ altro qualsiasi cosa o persona. 
Tutto quello che è presente in scena è instabile e imprevedibile. Basta pensare al gatto che l’attrezzista cerca di mantenere in scena a ogni costo, ma che continua a uscire dall’ inquadratura. Truffaut gira e gioca. Il suo divertimento viene trasmesso allo spettatore che, empaticamente, si entusiasma.

Il tredicesimo lungometraggio di François Truffaut  è pregno di citazioni e tributi a tutti i suoi amori della settima arte.
Primo su tutti Quarto Potere di Orson Welles (1949) omaggiato nella sequenza onirica del film.  Inoltre, è impossibile non notare il fil rouge che lega il cineasta francese a Federico Fellini.

Ho osato intraprendere Effetto notte solo perché 8 ½ si fermava prima delle riprese e riguardava solo la preparazione di un film. Il mio è meno interiore. (…) Se nel film ci sono cose profonde, preferisco pensare che ci siano entrate mio malgrado.

Una sorta di passaggio di testimone, insomma. Ma Fellini ci mostra l’ispirazione, Truffaut la pratica. Il regista d’oltralpe racconta la settima arte attraverso se stessa. Grazie anche alla sceneggiatura scritta insieme a Jean-Louis Richard e Suzanne Schiffman, dipinge un affresco umano genuino, appassionato e divertente. Con il suo doppio in scena ci spiega perché fa cinema. Semplicemente… ne è innamorato da fin che ha memoria. Come ulteriore prova d’amore, Truffaut ci mostra anche dei  siparietti in bianco e nero che scandiscono la tripartizione del film. Ci appare una  proiezione del regista francese intento a rubare fotogrammi dei più grandi film a lui contemporanei. Una chicca d’autore.

Checché ne dica Jean-Luc Godard, Effetto Notte è senza ombra di dubbio non solo uno dei film più belli di François Truffaut, ma una pietra miliare della storia del cinema. Un’opera realizzata con amore oltre che con grande tecnica e con un  cast in stato di grazia dal quale, su tutti, spicca Valentina Cortese che ci regala una delle sue interpretazioni più brillanti.

Questo è un film che ogni  cinefilo (e non solo) deve vedere (e rivedere).
Quando un messaggio è universale, arriva al cuore di tutti. E sono davvero pochi i registi in grado di fare questo. A dirla tutta, più che  effetto notte… è  effetto Truffaut.