Chi non ha mai visto I racconti di Hoffman di Michael Powell e neppure Ho camminato con uno zombi di Jacques Tourneur non sa cosa è il cinema. E non sa cosa è il cinema neppure chi non ha mai visto One week di Buster Keaton e Lo sperone nudo di Anthony Mann. Non parliamo di capolavori “alti” di una volta, oggi da cineclub, quali quelli girati da un Murnau o da un Lang, ma di opere popolari girate da registi-poeti capaci di coniugare lo stile con lo spettacolo nel rispetto del grande pubblico. A riscoprire questi film dimenticati provvede ogni anno la benemerita Cineteca di Bologna con la manifestazione intitolata, appunto, “Il cinema ritrovato” la quale ad ogni edizione ripresenta una perla dello schermo sepolta nell’oblio. Una iniziativa del genere dovrebbe sortire un effetto rebound tale da far innamorare i giovani del grande cinema di un tempo, anche e soprattutto di quello di genere tipo Vera Cruz e Il corsaro dell’isola verde, e potrebbe trasformarsi, dunque, da retrospettiva rivolta agli studiosi in rassegna propulsiva per rilanciare nel futuro un cinema ormai scomparso.One week Keaton

Oggi che i film sembrano tante scatolette di tonno spesso insapore non resta che sperare che sia il pennello digitale a farli ridiventare grandi con il restituirci i colori fiammeggianti di Duello al sole e di Via col vento o i primi piani immensi di Da qui all’eternità e di Greed. Si dirà che oggi le inquadrature al cinema non esistono più come non esistono più i quadri in pittura e si dirà anche che il regime scopico nei film ma anche nell’arte figurativa ha perso il suo primato sostituito da una percezione ottica, sonora e persino tattile diffusa e anche interattiva ( il touch nei videogames) e che dunque tutto è installazione e performance.Bene,dovrà essere la cinepittura digitale a far esplodere di nuovo le immagini in storie mai viste prima, come mai viste prima erano quelle del cinematografo delle origini nemico delle convenzioni del romanzo e del teatro borghesi e fautore di anarchiche fantasmagorie  grafiche e pittoriche di altissimo artigianato tecnico-formale( come oggi sono quelle digitali dell’eccentrico pittore- cineasta visionario multimediale Peter Greenaway).