All’interno di una casa fatiscente sovrastata dalle ombre, si sentono echeggiare le note della marcia di radetzky da un vecchio giradischi. È qui, che in un’atmosfera tra reale e fantastico, Pablo Larraìn scrive, insieme a Guillermo Calderón, e dirige El Conde, tra i film in concorso per questa 80esima edizione del Festival di Venezia.

Una dark comedy con tratti grotteschi che ritrae un mondo alternativo, albergato dal dittatore cileno Augusto Pinochet, nelle vesti di un attempato vampiro dalla vita solitaria.
El Conde è prodotto da Juan de Dios Larraìn, da Rocío Jadue e dallo stesso Pablo Larraìn e arriverà su Netflix dal 15 settembre.

In una cornice tetra e dominata dai toni prevalentemente saturi del bianco e nero, assistiamo ad una storia che appartiene ad un universo parallelo.
L’idea di Larraìn è di smontare l’immagine dell’atroce dittatore Pinochet riducendolo a bislacco, ma sanguinario partorita.

Così, in questo mondo Augusto Pinochet (Jaime Vadell) è un vampiro che ha vissuto per circa 250 anni in Francia, combattuto la rivoluzione, che ha furtivamente trafugato e conservato gelosamente la testa di Maria Antonietta e che si è rifugiato in Cile riuscendo a diventare dittatore. Il film si focalizza sull’ormai ex tiranno che è sempre più deciso a non nutrirsi di sangue per sopravvivere.

Abbracciando l’idea che non vale più inscenare la propria morte per sfuggire ai problemi, Pinochet decide che forse è arrivato il suo momento. Questo desiderio è in verità effimero, poiché entreranno in campo membri famigliari che, con avidità e opportunismo, tenteranno in ogni modo possibile di mettere le mani sulla losca fortuna accumulata dal protagonista… A ciò si accosta anche l’inaspettata presenza di una figura materna.

El Conde è un’allegoria cinematografica in cui si mette in scena la distruttiva funzione politica e sociale del dittatore Pinochet. Senza basarsi su solenni retoriche, Larraìn trasforma il tiranno in un vampiro e accomunandoli da caratteristiche come l’egoismo e l’avidità.

Il film si mantiene in equilibrio per la nua natura gotica e grottesca allo stesso tempo. Questi ultimi sono due elementi che convivono perfettamente con l’immagine di un mostro in decadenza. Nel El Conde la storia è raccontata attraverso dialoghi in cui si inserisce anche una punta di cinismo arricchendo dei personaggi già di per sè negativi.

Nel contesto di una trama in cui si snodano i problemi esistenziali del protagonista, si inseriscono anche complotti famigliari che enfatizzano i toni della black-comedy. El Conde segue la logica narrativa del flashback narrando a ritroso il passato del vampiro Pinochet, contestualizzando il suo presente logoro e decadente.

El Conde è interamente girato in bianco e nero, dandoci una suggestiva prova di una fotografia (ad opera di fatta di Edward Lachman) dettagli e contrasti più o meno netti. La luce si mescola con il buio per dare vita a sequenze di vampiri in volo, in cui alle ombre di una realtà fittizia si aggiungono inquadrature strutturate da una meticolosa connotazione estetica.
Per Larraìn un’ulteriore biografia, diversa e dissacrante, ma comunque efficace.