Nella prima definizione ufficiale di fantascienza, l’inventore e scrittore Hugo Gernsback parla di scientifiction, un mix di racconto, fatti scientifici e visioni profetiche in linea con le opere di Jules Verne e Herbert George Wells. Per l’autore de La Guerra dei Mondi la fantascienza affronta i problemi della realtà attraverso la scienza ed è per questo motivo che nel cinema fantascientifico hollywoodiano la dominante è wellsiana. Con la science fiction, la cultura tenta di comprendere e affrontare i cambiamenti sociali tramite vari tipi di speculazioni tecnico-scientifiche.

Il passaggio dall’economia rurale alla società urbana inizia con la Rivoluzione Industriale e prosegue negli anni venti e trenta del Novecento, due decenni segnati dalla Grande Depressione e dallo spettro del nazifascismo. Film come Il Dottor Jekyll (1931), L’uomo Invisibile (1931) e Il Raggio Invisibile (1936) esaltano gli aspetti orrifici del genere e riflettono sul concetto di responsabilità della ricerca, insinuando il dubbio che il progresso nasconda fermenti pronti a scatenare il caos. La prima trasposizione cinematografica di Frankenstein (1931), tratta dal romanzo di Mary Shelley, inaugura il personaggio del mad doctor, uno scienziato accecato da ambizioni disumane, isolato in laboratorio e circondato da sofisticati strumenti pseudoscientifici.

Negli anni cinquanta le ansie dell’era post-nucleare e della Guerra Fredda indeboliscono l’idea di un futuro utopico e alimentano la paranoia dell’infiltrazione, dell’invasione e della bomba atomica, minacciando la fiducia nel metodo scientifico. Ultimatum alla Terra (1951), La Cosa da un altro Mondo (1951), Assalto alla Terra (1954), Cittadini dello Spazio (1955) o L’esperimento del Dottor K. (1958) si basano sull’estetica del disastro e accolgono la compresenza di scienziati criminali e ricercatori eroi perché l’opinione pubblica dell’epoca suggerisce che la devozione verso la scienza può condurre alla pazzia.

Dagli anni sessanta in poi la fantascienza scopre nelle alterazioni del DNA un pretesto per raccontare la creazione della vita. L’immaginario sci-fi più recente sfrutta gli sviluppi dell’ingegneria genetica e delle biotecnologie per rappresentare possibili usi e combinazioni di reali studi scientifici. Jurassic Park (1993) ripropone lo scienziato frankenstiano che resuscita paure ataviche e scatena forze incontrollabili, mentre Gattaca – La Porta dell’Universo (1997) ipotizza una completa subordinazione dei valori sociali alla tecnica, accogliendo l’ideologia base del determinismo genetico, secondo cui l’uomo è soltanto il prodotto dei propri geni.

Spesso sono gli influssi di una nuova teoria o scoperta scientifica a costringere la science fiction ad abbandonare alcune intuizioni o a integrarle con altre più efficaci dal punto di vista logico. La differenza tra l’estensione dell’Universo e l’esistenza umana è superata grazie all’iperspazio, concetto correlato alla Relatività Ristretta di Albert Einstein. In lungometraggi come Stargate (1994), Contact (1994) o Interstellar (2014) i corridoi spazio-temporali vengono descritti seguendo una coerenza tecnico-scientifica, mentre le saghe di Star Wars e Star Trek o Il Pianeta delle Scimmie (1968) accettano la convenzione per cui il salto nell’iperspazio è possibile grazie ad astronavi che raggiungono o superano la velocità della luce.

Il viaggio cronotopico, uno dei motivi ricorrenti del genere, nasce dalla capacità di manipolazione del tempo di una macchina figlia dell’immaginario scientifico di fine Ottocento. In L’uomo che Visse nel futuro (1960) o L’esercito delle Dodici Scimmie (1995) la time machine viaggia lungo un asse unico e lineare, mentre in Terminator (1984), Ritorno al Futuro (1985) o Mr. Nobody (2009) esistono infinite frammentazioni temporali che la fantascienza prende in prestito dall’interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica per risolvere i paradossi del viaggio nel tempo.

La science fiction hollywoodiana giustifica la plausibilità attraverso il gergo scientifico, operazione difficilmente conciliabile con il linguaggio cinematografico. Uomini sulla Luna (1950) vanta un Oscar per i migliori effetti speciali, ma la pura propaganda del viaggio spaziale rende il film ordinario e inespressivo. La pellicola è considerata il precursore “tecnico” di 2001: Odissea Nello Spazio (1968), vero spartiacque della fantascienza sul grande schermo in quanto aspira all’integrazione della cultura umanistica con la scienza.