Sono tutti morti dopo lo schianto sull’isola!
Se è questo che pensate dopo aver visto sei stagioni della serie capolavoro creata da JJ Abrams, Damon Lindelof e Jeffrey Lieber, LOST, bhe…smettete pure di leggere questo articolo.
Per chi non avesse ancora guardato la madre di tutte le serie, questa sentenza non cambierà assolutamente nulla alla vostra visione. Anche se definire “visione” il guardare Lost è sicuramente limitativo.
Si tratta più di un’esperienza, un viaggio in cui vi affezionerete a quei personaggi del piccolo schermo con cui condividerete misteri, aspettative, paure, amori, gioie e dolori.
Sarà impossibile dimenticarvi di loro e, di tanto in tanto, avrete voglia di andarli a trovare facendo un inevitabile rewatch periodico. Per la sottoscritta, è un appuntamento annuale.

Prodotta da ABC, Bad Robot Productions e Grass Skirt Productions, la serie è stata trasmessa negli Stati Uniti dal 2004 al 2010.
Lost ha conquistato l’attenzione di milioni di spettatori ed è stata una delle serie più importanti di sempre a livello mondiale.
E’ riuscita a elevare il serial come genere. Ma non solo…è diventato un fenomeno di massa trattando temi come filosofia, letteratura, arte, poesia, scienza, cultura pop e fantascienza influenzando i fans di tutto il globo. E continua a farlo ancora adesso, a distanza di quasi vent’anni dalla messa in onda della prima puntata.
La trama di Lost

L’aereo di linea 815 della compagnia australiana Oceanic Airlines in volo da Sydney a Los Angeles, il 22 settembre 2004 precipita su un’isola nell’Oceano Pacifico apparentemente deserta.
Sono 48 i sopravvissuti all’incidente tra cui: il dottore Jack, la fuggitiva Kate, la rockstar Charlie, il torturatore iracheno Sayid, lo scontroso Sawyer, l’incinta Claire e un misterioso uomo di nome Locke. I passeggeri si rifugiano sulla spiaggia e cercano di resistere fino all’arrivo dei soccorsi, che però tardano ad arrivare.
Inizialmente il loro obiettivo primario è sopravvivere, ma presto si rendono conto che il loro incidente non è frutto del caso…
E’ impossibile dare maggiori informazioni sulla trama di Lost senza spoilerare.
Al centro della storia c’è l’Isola, la vera protagonista dei 118 episodi che compongono la serie. E’ un luogo misterioso che non fa semplicemente da sfondo ai passeggeri del volo 815, ma ne diventerà croce e delizia. C’è chi la vuol lasciare, chi ci vuol tornare, chi fa di tutto per trovarla, chi per nasconderla, chi per proteggerla, chi per distruggerla.

Tutto, fin dal primo frame di questa serie, è incentrato sui personaggi ben caratterizzati e che sono connessi l’un l’altro, a loro insaputa. E’ lo spettatore che potrà incastrare i vari pezzi del puzzle empatizzando con loro nel corso delle puntate.
Il Lost del titolo, infatti, non sta semplicemente a indicare il fatto che i protagonisti sono dispersi nell’Oceano Pacifico. C ‘è di più… Sono delle persone che avevano “perso”, appunto, le redini delle proprie esistenze. Con le loro debolezze e i loro problemi, stavano attraversando delle difficoltà prima di arrivare sull’Isola.
L’unicità di Lost sta nella tecnica narrativa delle varie trame e sottotrame che avvengono attraverso l’utilizzo di flashback, flashforward, cliffhanger… è raro trovare un prodotto seriale in cui alla tecnica di scrittura si uniscono grandi interpretazioni e grandi maestranze. Proprio per questo Lost è un’opera unica che non sente il passare degli anni.
Il culto di Lost
Io l’ho guardata negli occhi quest’Isola e quello che ho visto…è bellissimo
John Locke
L’idea per il soggetto di Lost arriva dal film Cast Away.
Lloyd Braun, che nel 2003 era presidente della ABC Entertainment, era in vacanza alle Hawaii e vide per la prima volta il film con Tom Hanks. Pensò potesse essere una storia interessante da sviluppare come serie tv.
Inizialmente i vertici di ABC non erano convinti che potesse funzionare. Braun affidò a Jeffrey Lieber la creazione della puntata pilota, ma gli affiancò J.J. Abrams poiché non fu soddisfatto della prima stesura. Lui accettò con la condizione che la serie dovesse contenere elementi paranormali e volle un co-sceneggiatore. Fu assunto, così, Damon Lindelof ed ebbe inizio Lost. Ma c’è un finale amaro: Braun venne licenziato poco prima del debutto dello show. C’è da dire che quel presidente, però, aveva un grande intuito per gli affari e per il successo. Probabilmente non avrebbe mai immaginato, all’inizio, che Lost sarebbe diventata una serie di culto.
Ma qual è il segreto di questo enorme consenso globale?

Sicuramente la caratterizzazione dei personaggi e un cast di alto livello.
I protagonisti della serie sono assolutamente credibili. Sembrano vivi, sono realistici. I loro trascorsi vengono raccontati attraverso il sapiente uso di flashback rendendo intriganti le loro storie.
Il pubblico si immedesima facilmente in loro e simpatizza per alcuni di loro. Persino i villains di Lost (primo su tutti Ben Linus) sono impossibili da odiare. Perché la convivenza tra bene e male è presente in ogni personaggio. Questo rende i sopravvissuti imperfetti e terribilmente veritieri.
L’immedesimazione in uno o in più protagonisti avviene nonostante gli autori si divertano a instaurare giochi di linee temporali non sempre semplici da seguire. Nelle ultime due stagioni, si perdono un po’, a dire il vero. Soprattutto nella quarta che ha risentito fortemente dello sciopero degli sceneggiatori e che risulta essere la meno delineata e completa.

Ma a Lost si perdona tutto, anche i misteri irrisolti e le strade aperte, ma mai chiuse. Perché? Semplicemente per gratitudine.
Nella sua imperfezione, il viaggio di Lost è sempre stato guidato da forti emozioni, dal primo all’ultimo episodio. Così passano in secondo piano anche quei piccoli buchi di sceneggiatura o di false piste meno coinvolgenti, ma che hanno condotto per mano lo spettatore per sei stagioni. Basta un episodio come La Costante della quarta stagione, per compensare le storylines meno brillanti e per restare segnati a vita da questa serie.
Il microcosmo dei protagonisti di Lost funziona alla grande. A legare e slegare i personaggi c’è l’eterna lotta tra scienza e fede; tra bene e male. Ma anche temi più carnali come la passione, il tradimento, il triangolo amoroso.
Ancora oggi fans di tutto il mondo sono pronti a darsele di santa ragione per sostenere la coppia Kate-Jack (Jater) o Kate-Sawyer (Skater). Temi e sentimenti alla portata di tutti, questo è secondo me il segreto del successo di Lost. Il tutto condito con suspense e mistero che strizzano l’occhio al Re del Brivido, Stephen King (tra l’altro grande fan della serie).
I personaggi di Lost
Si vive insieme, si muore soli.
Jack Shepard
Il miglior pregio degli autori di Lost è quello di essere riusciti a scavare nell’animo di quasi cinquanta personaggi. Quelli principali possono essere considerati tutti dei co-protagonisti perché ognuno di loro ha la stessa importanza a livello narrativo.
Per lo spettatore è bellissimo vederli crescere, maturare e seguirli nella loro evoluzione. Questo accade spesso nella narrativa, ma è davvero poco comune vedere un tale approfondimento sul piccolo schermo.
Ogni personaggio è unico in Lost.
Attraverso i flashback si scopre il passato di ognuno di loro e si comprendere il loro punto di partenza. Grazie a questo il pubblico riesce a captare l’evoluzione che i protagonisti stanno compiendo nel corso delle stagioni.

I dettagli della vita dei sopravvissuti (ma anche de “gli Altri”) viene raccontata, spesso, da più punti di vista. Gli autori danno le informazioni. Lo spettatore compone il puzzle. Non solo ci si appassiona a vedere quanto i vari personaggi siano, a loro insaputa, connessi l’un l’altro; ma andando avanti con la visione si può quasi anticipare il loro comportamento.
Si ha la sensazione di conoscere Jack, Locke, Kate, Sawyer e compagnia bella. Sembrano nostri amici di vecchia data di cui immaginiamo le reazioni. Però, proprio quando pensiamo di sapere quello che faranno, arrivano i colpi di scena che mostrano un aspetto oscuro del loro carattere che non era ancora venuto fuori.
Si rimane sorpresi e non si vuole altro che… saperne di più. Conoscere meglio quei personaggi. Ad oggi, sono veramente pochi gli sceneggiatori che sono riusciti a fare un lavoro così profondo tale da generare una potente empatia con gli spettatori.
Le citazioni in Lost
Ogni cosa accade per una ragione
John Locke
Quello che attrae maggiormente il pubblico è sicuramente l’Isola con tutto il suo simbolismo e funzioni segrete. Gli autori si sono divertiti anche con la scelta di nomi e cognomi che rimandano a quelli di scienziati, filosofi, intellettuali, letterati.
Come John Locke, Desmond Hume o Daniel Faraday per citarne alcuni. Ed è divertente come la scelta del personaggio storico di riferimento abbia caratteristiche simili al sopravvissuto che porta quel nome. Le citazioni non si riducono solo a questo.

L’intera serie è ricca di rimandi ad autori da cui gli sceneggiatori hanno attinto per la scrittura di Lost. Attraverso libri inquadrati mentre vengono letti dai personaggi stessi o attraverso conversazioni e immagini, gli ideatori del serial tv hanno omaggiato Golding, Melville, Kerouac, P.K.Dick, Dostoevsky, Orwell, Verne, King, Omero e L’Odissea, Lewis Carroll e Alice nel paese delle meraviglie, Frank Baum e il suo Il Mago di OZ e la lista potrebbe continuare a lungo.
Anche per l’aspetto spirituale e filosofico/religioso è possibile trovare dei riferimenti a testi sacri come la Bibbia, il “Sentiero della Legge” (Dhammapada) emblema del Buddhismo e il Libro dei Mutamenti (I Ching).
Il logo della Dharma è stato preso proprio da quest’ultimo. Un altro ruolo fondamentale lo ha la numerologia… chi non ha impresso nella propria memoria la nota sequenza 4 8 15 16 23 42 ?
Stephen King e Lost
“Non c’è niente di Stephen King?” – Henry Gale
Uno degli autori che è stato di grande ispirazione per le penne degli autori di Lost è sicuramente Stephen King. Essendo il mio scrittore preferito, ho subito avuto una sensazione di dejà-vù fin dalle prime puntate.
Più che altro, un senso di familiarità con il romanzo che è al numero uno della mia top list: L’Ombra dello Scorpione (The Stand). In effetti, sono molti i personaggi della serie che hanno delle caratteristiche in comune con quelli del libro del re.

Larry Underwood è uno dei principali protagonisti del romanzo, un musicista con problemi di dipendenze che va sempre in giro con la sua chitarra… non vi ricorda Charlie?
Frannie Goldsmith è incinta all’inizio del racconto e partorirà nel corso della storia. Il suo bambino si ammalerà, ma riuscirà a sopravvivere. Tutto questo non vi fa pensare a Claire?
Nick Andros è sordomuto e ha un grande senso per la collettività. Locke è ( o è stato) disabile ed è il primo a captare il potere dell’Isola cercando di tenere unito il gruppo. Tra l’altro, per un periodo, perderà anche l’uso della parola.
Harold Lauder con i suoi problemi legati al peso fa pensare a Hurley. In più, ha in comune con Ben e Juliet la scelta di rivoltarsi contro la propria gente mietendo vittime.
Vincent è il cane di Walt in Lost che accompagnerà i nostri sopravvissuti sull’Isola fino alla fine. Un po’ come il Kojak di The Stand.
Ma, a parte le caratteristiche di questi personaggi a quattro zampe e non, la serie ha in comune col romanzo la presenza di premonizioni, sogni realistici e, fondamentalmente, l’eterno scontro tra bene e male. Una chicca che li accomuna è il libro La collina dei conigli.
Nella storia di King, il protagonista Stu Redman lo nomina spesso. Nella serie, Boone ne teneva una copia prima dello schianto e Sawyer viene visto diverse volte intento nella sua lettura. Dulcis in fundo, nel romanzo del re l’antagonista per eccellenza dello scrittore, Randall Flagg , indossa un giubbino di jeans che ha per bottone uno smile. La stessa faccina sorridente è stampata sulla mongolfiera di Henry Gale.

A parte L’Ombra dello Scorpione, comunque, la serie pullula di tributi al re del brivido. La terza stagione di Lost inizia con una riunione del club del libro in cui si parla proprio di Carrie, il romanzo preferito di Juliet. Il libro è palesemente inquadrato più volte.
Accade anche più avanti nel corso della serie che venga inquadrato un romanzo di King. Si tratta de L’ultimo cavaliere della saga de La torre nera a cui Lost deve molto sia in quanto a ispirazioni per i personaggi (Susanna Dean è sulla sedie a rotelle come Locke, Padre Callahan è un prete sconsacrato come Mr.Eko) sia per le attitudini degli Altri.
Per esempio, i Lupi del Calla rapiscono i bambini da un villaggio accanto; i Frangitori vivono in comunità isolate, proprio come loro. Ci sono similitudini anche tra la Tet Corporation della Torre Nera e la Dharma Initiative: società che hanno fatto indagini ed esperimenti per sfruttare forze sovrannaturali che, però hanno perso il controllo della situazione. Entrambe finiscono in rovina, disseminando a testimonianza della loro esistenza dei relitti tecnologici, come le stazioni Dharma in Lost.
Le ispirazioni di Lindelof&Co dai romanzi del re non si limitano a queste che ho citato. E’ chiaro che la serie deve molto a Stephen King e oltre ai suoi libri già nominati, è giusto menzionare anche: Il miglio verde, La bambina che amava Tom Gordon (con tutto l’amore per i Red Sox), The Shining, It, Le creature del buio, Cuori in Atlantide, Il Talismano, On Writing… insomma, una vera e propria dichiarazione d’amore alla penna dello scrittore del Maine… Per la gioia di tutti noi fans!
Il marketing di Lost
Benvenuta nel meraviglioso mondo dove non si sa mai cosa succede
Kate Austin

Lost è stato innovativo anche dal punto di vista del marketing virale. La narrazione è un mix tra avventura, dramma, fantascienza e reality e la trama è ricca di sorprese e colpi di scena. Tutto questo ha fatto in modo che nel corso degli anni gli spettatori si siano posti degli interrogativi.
Le estati tra una stagione e l’altra sembravano infinite e l’unico modo per cercare conforto nell’attesa di poter vedere “come andava a finire” era condividere le proprie teorie e opinioni con altri fans. Il mondo era poco social allora. C’erano i forum, c’erano gli incontri di persona. Ci si riuniva per estrapolare teorie o cercare informazioni in più.
La stessa ABC ha investito per incrementare l’alone di mistero generato da Lost. Nelle pause di messa in onda ha fatto realizzare dei giochi, ARG (Alternate Reality Games) , legati a degli avvenimenti della serie per cercare di penetrare misteri irrisolti e punti oscuri.
Attraverso la decodifica di enigmi disseminati tra youtube, call center, siti di aziende, compagnie presenti all’interno di Lost, i fans interagivano tra loro alla ricerca disperata di qualche dritta sul futuro della trama.
E’ nata, così, la narrativa cross-media, che andava ben oltre il tubo catodico e che alimentava la promozione dello show televisivo, una vera e propria “Lost Experience”.
Proprio per questi motivi Lost segna l’inizio di fan theory, spoilers e anticipazioni a cui oggi siamo abituati e che adesso fanno proprio parte dello show business.
La colonna sonora di Lost

Michael Giacchino ha composto una delle più belle colonne sonore di sempre e, senza ombra di dubbio, Lost non sarebbe stato lo stesso senza la sua arte. Lui aveva già collaborato con J.J.Abrams in Alias con un’orchestra dal vivo e il suo apporto alla serie sui sopravvissuti del volo 815 è diventato così fondamentale che gli autori scrivevano degli appunti e dei riferimenti per lui direttamente nelle sceneggiature, tanto da essere trasformato in un vero e proprio personaggio: “The Giacchino”.
Non volevo fare una colonna sonora prevedibile o tradizionale. Ci sono due anime nelle musiche di Lost: da una parte abbiamo il lato più ‘scomodo’, mentre dall’altra c’è quello più toccante e denso di emozioni. Per quanto mi riguarda, era importante che riuscissimo a mantenere un livello alto di inquietudine, in modo che lo spettatore avesse la sensazione di non sapere cosa aspettarsi. Allo stesso tempo volevo che fosse anche qualcosa che, al momento, fosse confortevole, perché l’unica cosa che non hanno su quest’isola è la comodità.
Michael Giacchino
In due giorni Giacchino doveva scrivere e orchestrare la musica di un episodio (almeno 30 minuti). Il terzo giorno registrava per circa tre ore con la Hollywood Studio Symphony, condotta da Tim Simonec, suo collaboratore storico. Nella sala di registrazione venivano proiettate le immagini della puntata e, con i musicisti, capitava di fare delle migliorie last-minute ai brani scritti nei giorni precedenti. Il compositore ha sempre avuto grande libertà creativa da parte dei produttori che, nonostante i tempi stretti del mondo televisivo, si sono affidati al suo talento e al suo intuito.
La sua creatività lo ha portato a impostare un organico orchestrale inusuale e all’utilizzo di tecniche non convenzionali. Oltre agli archi, tromboni, arpa e pianoforte, la scelta dell’utilizzo di settecentocinquanta percussioni è stato fondamentale per enfatizzare i momenti di tensione e di suspense. Sicuramente, il suono più riconoscibile di Lost è quello dei troboni “arrabbiati” usati per punteggiare i cliffhanger e mettere in allerta lo spettatore. L’arpa veniva suonata con un ritmo lento e regolare. Le corde venivano strappate con le unghie o scosse da una matita per trasmettere ansia e inquietudine. Il pianoforte, invece, veniva per lo più utilizzato per sottolineare i momenti solistici dei personaggi con note e passaggi calmi.
Ma è con la grande varietà di percussioni che Giacchino si è divertito ad accompagnare le scene d’azione e i momenti più misteriosi della serie. Ha addirittura fatto suonare dall’orchestra alcuni pezzi del vero aereo usato per girare la puntata pilota! Inoltre, grazie a uno dei più grandi percussionisti viventi, Emil Richards, ha avuto modo di sperimentare strumenti poco conosciuti ma dal grande effetto, come l’angklung, la marimba di pietra, la flapamba, gli udu,i taiko…e addirittura una pallina giocattolo, la Superball, sfregata su un gong. Per saperne di più su questi strumenti per lo più ignoti e per vedere quanto si sia divertito Giacchino nel creare la colonna sonora di Lost, potete guardare questo video su youtube in cui ve ne parlerà lui stesso:
La conclusione di Lost
Hai mai pensato che forse l’isola potesse sistemare le cose a modo suo?”
Jack Shepard
Qual è l’essenza di Lost? In fondo, di cosa parla veramente? Parla dell’umanità. Della potenza e della bellezza della natura. Parla di luce e ombra, di vita e morte. Di spiritualità e di carnalità. Amore e odio. Bene e Male. Insomma, Lost parla di tutti noi. Non era semplice dare una degna conclusione a un’opera di questo livello che abbraccia così tanti temi, restando coerenti con quello che ha voluto raccontare dall’inizio alla fine. In molti non hanno apprezzato il finale, tralascio commenti su chi non lo ha capito, perché è fiato sprecato.
Un’occhio si apre. Un occhio si chiude. In mezzo, c’è un bellissimo viaggio che fanno i co-protagonisti della serie insieme allo spettatore. Si matura insieme a loro. Si cambia. Durante le sei stagioni il pubblico cerca di ottenere i pezzi di un puzzle complesso e di completarlo. Ma il divertimento non sta nel concluderlo, ma nel comporlo! Il lungo viaggio della serie, è vero, finisce in maniera lineare, lontana dall’imprevedibilità e dai colpi di scena a cui gli sceneggiatori ci avevano abituato. Ma non potrebbe essere considerata un’ennesima sorpresa anche questa? Nell’ultimo episodio si fondono tutti i temi trattati nei sei lunghi anni di produzione, a primeggiare su tutti è quello della spiritualità.

Uno dei mantra di Lost è “Si vive insieme, si muore soli”.
Nella puntata finale, cercando di evitare il più possibile gli spoilers, si va oltre questo aforisma. Perché per andare avanti, si deve stare di nuovo insieme. Perdonando, accettando i propri errori e le proprie scelte, qualunque sia la propria fede quello che conta è ricordare. Non dimenticare di quanto le connessioni con le persone che abbiamo incontrato nella nostra vita possano essere forti e potenti tanto da segnarci per sempre. E’ solo insieme e non soli, che si può fare un ultimo passo verso l’ignoto. L’uomo di scienza diventa uomo di fede e finalmente si può andare verso la luce…
Un finale così in linea con tutti gli argomenti approfonditi in Lost come fa a non essere coerente e sorprendentemente toccante? Litri di lacrime sono stati versati da milioni di fans in tutto il mondo. Certamente, nemmeno io avrei voluto che la mia serie preferita finisse… Ma dato che un epilogo era inevitabile, sono felice sia stato così coinvolgente ed emozionante. E’ vero, sono state lasciate alcune strade in sospeso e alcune domande sono rimaste senza risposte. Ma per alcune di queste, c’è una puntata extra che chiarisce qualche dubbio irrisolto. Si chiama The new man in charge e per anni è stata la speranza di tutti i lost-dipendenti. Perché? Semplicemente poteva essere l’inizio di un meraviglioso spin-off che, ahimè, non è mai stato realizzato. Ma se volete godervi questo episodio divertente ed esplicativo, puoi godertelo qui:
E se questo epilogo non vi è bastato a farvi passare la Lost-algia, non vi resta che fare un rewatch e tornare dai vostri vecchi amici che vi aspettano sull’Isola… oppure potete sempre fare un salto alle Hawaii e godervi le meravigliose locations che hanno ospitato il set per sei anni. C’è ancora il villaggio Dharma a disposizione dei fans…Non resta che dirvi: “Namastè e buona fortuna!”