Apples – Mele del greco Christos Nikou è un inquietante e straniante viaggio dentro la solitudine moderna
Apples – Mele: trama del film
Aris (Aris Servetalis) è un uomo come tanti in Grecia, mentre è a bordo di un autobus, improvvisamente, a causa del virus che sta sconvolgendo il paese, perde la memoria. Si ritrova a fare i conti con la necessità di ricominciare a vivere ripartendo da zero e con quella di ritrovare o costruirsi un’identità ex novo senza sapere chi era o qual fosse la sua storia.
Ogni giorno registra, su delle audio-cassette, le sue attività giornaliere per avere una base su cui lavorare per crearsi una nuova memoria e avere un punto di partenza per tornare ad esistere.
Conosce Anna, vittima anche lei del virus e le cose sembrano tornare alla normalità, ma la memoria è complessa e imprevedibile e costringe Aris a scegliere chi vuole diventare e essere.
Apples – Mele: Analisi del film di Christos Nikou
La terrificante crisi economica della Grecia ha influenzato una nuova generazione di registi, guidati dall’affermatissimo Yorgos Lanthimos, che sfruttano il mezzo cinematografico per mostrare la tragedia di un popolo che ha visto azzerarsi la propria esistenza e si è trovato di fronte alla necessità di ricominciare da capo, proprio come il protagonista di Apples – Mele.
Christos Nikou (37 anni) è tra gli autori emergenti di questo nuovo cinema greco e a Venezia 2020, ha presentato Apples – Mele, impressionando la critica e lasciando sicuramente una traccia non trascurabile nel pubblico.

Il ritmo del film di certo non è il più accessibile perchè i dialoghi essenziali e la sua dimensione diegetica riflessiva, lenta, sovente cupa e deprimente, in cui l’espressività è affidata al corpo, lo rendono a tratti pesante soprattutto per lo spettatore non avvezzo a questo tipo di narrazioni.
Le mele, l’unica cosa che Aris ricorda del suo passato, l’unica cosa che forse gli piaceva, diventano chiara allusione alla metafora di Platone, intesa qui però non tanto come ricerca dell’anima gemella, ma come indagine sulla propria essenza. Aris deve innamorarsi ancora di sè, della sua anima disastrata e senza una chiara direzione, così come milioni di greci hanno dovuto fare in questi ultimi anni.
Apples – Mele potrebbe sembrare un film sulla pandemia in atto, invece è frutto di un percorso personale da parte di Nikou connesso alla morte dal padre e alla necessità di rendere la memoria qualcosa di selettivo e meno doloroso, un obbligo a guardare solo avanti, senza ripensare a ciò che è stato.
La bellissima fotografia di Bartosz Swiniarski valorizza l’abilità di Nikou alla regia di un racconto che è intimo ma labirintico, in cui le stanze e le luci, contribuiscono a far sentire in trappola e assediato da sé stessoe dalla sua ombra il protagonista.

La sceneggiatura dello stesso Nikou e di Stavros Raptis non è particolarmente complessa e si nutre di micro-eventi, di silenzi e di una volontà di essere scevri da ogni retorica, in cui il dialogo è semplicemente un orpello utile solo quando strettamente necessario.
La naturalezza dell’insieme è sicuramente coinvolgente, lo spettatore è invogliato a seguire i passi di Aris, un uomo solitario perché la vita lo ha portato ad essere tale, ma mai in panico e mai troppo spaventato dalla sua condizione.
Nonostante la forte immedesimazione nel personaggio, vi sono momenti in cui la narrazione sembri scivolare fuori da Aris per generare quasi una sorta di ellisse distopica nella quale si vede chiaramente una Grecia allo sbando economico e sociale.
Sicuramente vi è in Apples-Mele, anche il sentore del pericolo populista e di estrema destra dovuto alla perdita di memoria storica e al ricomparire di simboli legati al periodo più fosco della storia Grecia, dall’occupazione nazista alla dittatura dei Colonnelli.
Il punto di forza di Apples – Mele è racchiuso nelle mille sfaccettature del racconto che forniscono diverse chiavi di lettura e di interpretazione, ma alla fin fine (anche nella nostra “triste era covidiana”), ciò che emerge è il racconto di un uomo con la sua identità persa e una nuova trovata.
Per Nikou l’uomo non si riconosce più allo specchio e non capisce dove stia andando o qual è il suo posto in questa società che ci riduce a numeri e ci rinchiude da appena nasciamo in una gabbia.