Che dolore quando il nostro amato cinema (già di per sé in forte crisi a causa di innumerevoli fattori che non staremo qui a elencare) viene brutalmente violentato con l’unica finalità di strappare lacrime facili e soldi dai portafogli degli spettatori! Che dolore quando, malgrado tali premesse, c’è sempre e comunque chi casca in tali trappole commerciali fortemente manipolatorie! E, di fatto, chiunque ami anche solo un po’ il cinema, al termine della visione di Il Sole a Mezzanotte – Midnight Sun (diretto da Scott Speer nel 2018) si sente esattamente come un imbecille che ha appena realizzato di essere stato preso in giro da aspiranti furbi che millantano uno smisurato amore per la settima arte, con l’unica finalità di rimpinguare le loro tasche.

Già, perché, di fatto, questo nostro Il Sole a Mezzanotte – Midnight Sun (remake del lungometraggio giapponese Taiyō no uta, realizzato da Norihiro Koizumi nel 2006) altro non è che un banalissimo teen movie strappalacrime che si rifà a molte altre pellicole realizzate in passato, mantenendo – se non addirittura portando all’estremo – ogni possibile cliché a cui una storia del genere può facilmente dar vita. Ma vediamo nello specifico di cosa si tratta.

La storia messa in scena, dunque, è quella della giovane Katie (impersonata da Bella Thorne), appassionata di musica, da sempre innamorata di Charlie (Patrick Schwarzenegger, figlio del ben più noto Arnold), il belloccio della sua scuola, e che vive insieme a suo padre Jack (Rob Riggle), con cui ha un bellissimo rapporto.

Dopo molto tempo trascorso a sognare il suo amore impossibile, il bel Charlie sembra finalmente accorgersi di lei e le chiede di uscire. Tutto bene, no? In realtà, non proprio. Perché, di fatto, la nostra Katie è affetta da xeroderma pigmentoso (XP), una rara malattia genetica che le impedisce di esporsi alla luce solare, la quale potrebbe esserle fatale. Che fare, dunque? Per non essere osservata con compassione, Katie deciderà di non dire nulla al suo Charlie, incontrandolo soltanto dopo il tramonto. Per quanto tempo, però, potrà mantenere il suo segreto?

Già da una prima, sommaria lettura della sinossi, dunque, ci rendiamo conto di quanto questo Il Sole a Mezzanotte – Midnight Sun ci trasmetta immediatamente una pericolosa sensazione di déjà vu. E, di fatto, fin dai tempi del drammatico, ormai cult Love Story (Arthur Hiller, 1970) pare che il dramma della malattia nel contesto di una storia d’amore senza precedenti sia in grado di esercitare sullo spettatore sempre un certo appeal.

Nei limiti del possibile, però. In questo caso, infatti, con tutta la retorica dei teen movie di grande distribuzione (e dai facili incassi), questo lungometraggio di Speer si è rivelato spesso e volentieri forzato e con parecchie lacune e twist poco credibili al proprio interno (sulla malattia stessa della protagonista – sempre esteticamente perfetta a prescindere dalle sue condizioni di salute – si potrebbe iniziare un discorso a parte, ad esempio).

Prevedibile, banale, fortemente stereotipato e decisamente poco credibile, Il Sole a Mezzanotte – Midnight Sun ha la non sempre scontata capacità di rendere piatto e privo di mordente ogni elemento potenzialmente interessante.

A partire dal rapporto tra la protagonista e suo padre (il cui sviluppo si è rivelato, a causa di una scrittura a dir poco raffazzonata, per nulla credibile), fino ad arrivare ai tanto complessi quanto meritevoli di approfondimento dilemmi morali che riguardano la giovane Katie e la necessità di nascondere all’amato il suo segreto. Ma, alla fine della fiera, come ha reagito il pubblico? A quanto pare (come non di rado accade in questi casi), c’è anche chi ha apprezzato. Eppure, nonostante ciò, in molti sembrano aver dimenticato tale pellicola già poco tempo dopo la sua uscita in sala. No surprise.