Mi fanno male i capelli è il particolarissimo film-omaggio che Roberta Torre dedica alla stella del cinema Monica Vitti, presentato alla 18a edizione della Festa del Cinema di Roma.
Prendendo il titolo da una celeberrima battuta pronunciata da Monica Vitti, in Deserto Rosso di Antonioni, Mi fanno male i capelli è un film che si gioca tutto sulle suggestioni, sui ricordi perduti e ricostruiti.
Roberta Torre, per ricordare l’indimenticabile attrice, non si affida ad un biopic, a un docu-film o a nulla di simile, anzi, stravolge le convenzioni con un’audace pellicola che ha l’idea di far dialogare passato e presente, come in una lunga conversazione fra cinema di oggi e di ieri.

Insomma, quello di Torre è quasi un salto mortale, una pellicola che cammina sul filo, soprattutto per la sua narrazione dispersiva e un montaggio che, forse, cerca di aspirare ad un cinema “colto”, quasi d’avanguardia.
Mi fanno male i capelli: trama del film di Giorgia Torre
Di Monica, in Mi fanno male i capelli, ce ne sono ben due, una interpretata dalla splendida Alba Rohrwacher, in tutta la sua delicata fragilità e l’altra, appunto, Monica Vitti.
La Monica della Rohrwacher è una donna affetta dalla sindrome di Korsakoff, una malattia che sembra mangiare i suoi ricordi, escluso uno, una presenza costante che la protagonista porterà anche nella sua nuova realtà: suo marito Edoardo, interpretato da un grande Filippo Timi.
Edoardo, innamorato, disperato ma impotente di fronte a questa malattia, cerca in tutti i modi di tenere sua moglie con sé, in quella vita che le sta sfuggendo, quasi come la tirasse per quei capelli che nel titolo del film le fanno così male. Monica, però, quella realtà non la conosce più e l’unico modo per restare è costruirne una tutta sua.
Ho l’impressione di scordarmi ogni giorno qualcosa
Basta questa frase, pronunciata da Vitti a Mastroianni nel film La Notte, per congiungere le due Monica, quella del passato e quella del presente, in un gioco di specchi e sovrapposizioni in cui la Rohrwacher si convince di essere quella grande stella del cinema che in comune con lei ha però solo il nome. Insomma, per rimanere ancorata a quel mondo di cui, giorno dopo giorno, sembra dimenticare un pezzetto, Monica si costruisce una realtà alternativa, una sorta di via di fuga dove può essere qualcuno, una donna o anche tutte le donne, o almeno tutte quelle interpretate dalla Vitti.

Il marito glielo lascia fare, per amore, disperazione o anche solo perché quelli in cui interpreta la Vitti sono gli unici momenti in cui Monica sembra essere davvero felice. In un gioco tenero e assurdo la donna comincia ad appuntarsi tutte le battute della Vitti, ripetendole e trascinando con sé anche Edoardo, in quella reinterpretazione di vecchie pellicole che, nella sua testa, ora sono la sua vita. Il tutto è corredato dai magnifici costumi di Massimo Cantini Parrini che, in un modo nuovo e volutamente dissimile, fanno rivivere i look di Monica Vitti dando al film un ulteriore punto di contatto tra passato e presente.
Mi fanno male i capelli: un film “difficile”
Mi fanno male i capelli è un film audace, drammatico, straziante, ma con una costruzione che a tratti fa sì che il pubblico si perda nei meandri della narrazione. Dispersivo come la mente della sua protagonista, il nuovo film di Roberta Torre gioca con un’infinità di titoli celebri del cinema italiano e riporta sul grande schermo due immensi nomi: Monica Vitti e Alberto Sordi.

La Monica di Rohrwacher con questi due mostri sacri ci parla, in uno scambio di battute ben incastrate, su cui la regista ha modellato la sua sceneggiatura, proprio per far in modo che quegli onirici e impossibili discorsi, in un certo senso, funzionassero davvero.
Un’impresa imponente che ha certamente i suoi pregi, come la recitazione carica di pathos di Alba Rohrwacher, capace di far sorridere e commuovere allo stesso tempo, ma ci sono anche dei difetti; I cambi di scena, il continuo alternarsi del materiale d’archivio, Alberto Sordi che vuole Monica all’apertura al pubblico della sua casa, insomma, l’immenso magma d’intenti, in alcuni punti, rischia di sommergere l’intera pellicola in un’esasperata confusione.
In fin dei conti, per citare Filippo Timi “I vivi sono l’immortalità dei morti” e quindi sta a noi continuare a ricordarli.