C’è ancora domani, film d’apertura della diciottesima edizione della Festa del Cinema di Roma, è il primo lungometraggio firmato da Paola Cortellesi che stavolta si mostra, non solo nelle ben note vesti di attrice ma anche in quelle di regista.
Per il suo esordio dietro la telecamera, l’attrice sceglie una storia toccante, cruda e capace d’emozionare, con una pellicola che sa di neorealismo, non solo per ambientazioni e tematiche, ma anche per quel bianco e nero capace di riportare indietro nel tempo una sala intera.
C’è ancora domani: trama del film di Paola Cortellesi
Secondo Dopoguerra, Roma è libera e per le strade si vedono camionette con soldati americani che d’italiano conoscono giusto qualche parola.
Delia, Paola Cortellesi, è una donna come tante, una figlia della sua epoca che sa cosa significa faticare per poche lire, crescere tre figli e vivere con un marito violento. Ivano, interpretato da un accigliato e rabbioso Valerio Mastandrea, è un uomo dispotico, un capofamiglia che più che un padre è un padrone dallo schiaffo facile, picchia e disprezza la moglie come prima di lui faceva suo padre, lo sboccato Sor Ottorino, interpretato da Giorgio Colangeli.
Delia va avanti, nasconde i lividi e vive ogni giorno quella vita: rammenda vestiti, poi qualche puntura agli anziani malati, ripara ombrelli e si chiede perché un uomo che non sa fare il suo mestiere guadagna più di lei…”perché é omo“, fine.
Questo tocca alle donne, a meno che un qualche benestante non s’innamori di loro, come succede alla figlia di Delia, ma un uomo padrone è sempre padrone, pure con le tasche piene. E allora Delia lavora, tanto, ma per suo marito nulla è mai abbastanza, né lei né gli schiaffi, tanto poi la scusa è sempre la stessa “Ivano è nervoso, ha fatto due guerre“.
Lo dice lui e lo ripete lei, come una favola a cui ormai non crede più nessuno, meno che mai l’esuberante amica Marisa, Emanuela Fanelli, l’unica che sembra capirla, la custode dei suoi segreti, confessioni e, soprattutto, grande spalla comica per la Cortellesi.
Dramma e comicità
C’è da dire che Paola Cortellesi la sua innata comicità non la perde mai, neanche in C’è ancora domani, in questa pellicola triste e ruvida che racconta la fatica vera dello stare al mondo, anche qui lei riesce ad alleggerire “il carico” con i suoi tempi comici strabilianti, come se quello di Delia fosse quasi un male capace di ridere di sé stesso.
E infatti qui si ride, e tanto, in un continuo sali e scendi di emozioni che ricalca alla perfezione le mille sfaccettature di una vita. La violenza domestica diventa una macabra danza a due, sulle note di Lucio Dalla, che spiazza ma funziona, i personaggi vivono gli anni ’40 ma trasudano modernità, come anche la colonna sonora che si fa rock e ritmata in un contrasto azzeccatissimo, con Dalla, Silvestri e Concato. Tra urla, battute e un alone di mistero racchiuso in un biglietto, tutte le generazioni di uomini violenti che passano sullo schermo diventano quasi macchie che pian piano lasciano il passo a una storia di femminismo, di lotta, di militanza, di diritto non solo di votare ma d’essere.
Quindi, nella sua storia, scritta insieme a Furio Andreotti e Giulia Calenda, la neoregista racchiude mille altre storie: il valore e la forza delle donne, la violenza domestica, l’agognata scalata sociale di chi è stufo di non avere niente, il sacrosanto diritto di sentirsi giusti e importanti anche solo per un minuto, e ancora l’amicizia come rifugio, i figli come depositari di vite migliori, i sogni come unica fuga dalla cupa realtà e il tanto sospirato diritto di voto per tutte le donne. Non è nostalgia di un passato andato, ma piuttosto una finestra da cui spiare com’eravamo donne ieri e come lo siamo diventate oggi.
Stringiamo le schede come biglietti d’amore
Film davvero bello, mi sono piaciuti i contrasti musicali e l’insistere sempre sugli stessi luoghi…lo voglio rivedere!