Dopo la partecipazione al 72. Trento Film Festival, in tour tra Roma e Milano sarà presentato il secondo lungometraggio documentario di Vanina Lappa Nessun posto al mondo.
La giovane regista, che abbiamo avuto il piacere di intervistare, dopo aver ritratto la gioventù del paesino di Caselle in Pittari in Sopra il fiume, torna a indagare le piccole comunità di periferia attraverso gli occhi di un mandriano.

Antonio, membro di quei pastori transumanti divenuti nel 2019 patrimonio dell’umanità (come significativamente ricorda all’inizio del documentario la regista), vive tra i pascoli di mucche e capre come il pastore Serafino e, similmente a quello cantato da Adriano Celentano, vivrebbe una vita serena se a tormentarlo non ci fossero i contrasti con i compaesani per questioni economiche (ma non solo).

In Nessun posto al mondo, attraverso lo sguardo di Antonio e mediante i versi con cui sembra dialogare con gli animali, si dispiega un entroterra remoto e quasi arcaico in cui un bilanciamento tra natura e presenza umana è ancora possibile.

Riuscendo più efficacemente a restituire una visione panica della natura (attraverso anche alcuni suggestivi quadri), meno a intercettare la dimensione sociale della comunità, Vanina Lappa trova proprio nella figura di Antonio (punto d’incontro tra i due aspetti) l’elemento di maggior potenza per mostrare sì una realtà periferica in cui i boschi non sono solo quelli dei parchi cittadini e gli animali non si trovano unicamente nelle fattorie didattiche, ma che forse non è poi ancora così rara e stupefacente nel territorio nostrano.

Intervista alla regista Vanina Lappa