Con un’ampia completezza narrativa e un’atmosfera a metà strada tra horror e grottesco, il duo francese composto da Jean-Pierre Jeunet e Marc Caro scrive e dirige Delicatessen.
Siamo nel 1990 e la pellicola riscuote un più che dignitoso successo, tanto da accaparrarsi -due anni più tardi– quattro premi César, tra cui migliore opera prima.

Jeunet e Caro, dopo essersi cimentati nei cortometraggi tra gli ultimi anni Settanta e i primissimi anni Ottanta, prendono coraggio e iniziano la loro carriera registica proprio con Delicatessen, ma continueranno la loro collaborazione fino al 1995 con il loro secondo film La Città Perduta.

Con Delicatessen, Jeunet inizia ad abituarci a quel suo cinema du look in cui le ambientazioni sono cariche e dettagliate, a metà strada tra realtà e immaginazione e in cui i personaggi sullo schermo sono caratterizzati da peculiarità fisiche e caratteriali.

Ci troviamo in una qualche zona della Francia, in un’epoca ignota e immaginaria in cui un’apocalisse ha messo in ginocchio gli esseri umani riducendoli alla fame.
La società non si basa più sui dettami di un tempo, la carne è introvabile e l’unica moneta di scambio è il mais, divenuto rarità in mano ai più ricchi. All’interno di un condominio fatiscente è situata la macelleria Delicatessen di proprietà di Clapet (Jean-Claude Dreyfus), un affittuario senza scrupoli che macella gli inquilini che non possono permettersi di pagare e porta avanti la sua attività vendendo carne umana agli altri membri dello stabile.

Un giorno il clown Louison (Dominique Pinon) arriva al Delicatessen in cerca di un alloggio in cambio di qualche lavoro di manutenzione ed è proprio durante il suo lavoro giornaliero che conosce Julie (Marie-Laure Dougnac), la figlia di Clapet. Inevitabilmente tra Julie e Louison nasce l’amore e la stessa Julie – per paura che suo padre possa macellare Louison – decide di far rapire il suo amato dai Trogloditi vegetariani che vivono nel sottosuolo.
Nel caos generale, però, il rapimento fallisce innescando una serie di situazioni fuori dal comune…

Delicatessen ti immerge all’interno di un’atmosfera distopica e surreale, in cui lo humor si scambia continuamente con situazioni potenzialmente drammatiche.
Con sorprendente naturalezza, il film scorre per tutti i suoi 99 minuti senza intoppi e senza dilungarsi su parentesi superflue.

Tutto ciò che accade è sotto i nostri occhi, in un tempo non meglio specificato e in una generica ambientazione francese. Il fatto di inserire la storia in un contesto spazio-temporale indefinito genera una maggiore atmosfera sinistra e ci cala dentro una immaginaria dimensione carica di folli gesta e di “cannibalismo bon ton”.

Infatti, per quanto i dialoghi e le azioni dei personaggi ci indichino il consumo di carne umana sia come sopravvivenza alla fame che, come merca di scambio, non ci sono delle vere e proprie scene esplicite di violenza.
In Delicatessen lo splatter viene bypassato in virtù di una regia molto più curata, che si dedica a mostrarci la bontà, le crudeltà e le stranezze che appartengono a ogni personaggio.

Al limite del grottesco, gli attori interagiscono all’interno dello stabile riuscendo a fornire delle interpretazioni di altissimo livello amplificate da una carica, ma naturale espressività, il film vanta attori comici come Dreyfus e attori poliedrici come Pinon, che in breve tempo diventerà feticcio di Jeunet.

Pinon è Louison, un clown che non può più esibirsi perché il suo collega Mr. Livingstone (uno scimpanzé) è stato mangiato per colpa della carestia. Louison è sensibile e semplice, manifesta un garbato interesse per Julie fin da subito. Julie è la figlia del macellaio e proprietario, suona il violoncello e ha una grande sensibilità che la porta a non approvare le gesta di suo padre.

Clapet, invece è l’antagonista a tutti gli effetti. È colui che uccide e macella gli inquilini che non pagano così da riuscire a guadagnare mais in ogni caso e a garantirsi ricchezza.  

Delicatessen è una deliziosa commedia-horror fatta da dialoghi trascinanti ed originalità. L’attenzione all’estetica si rivela tramite un’ambientazione sinistra, completata da una fotografia giallastra dai toni retrò e dalle molteplici zone d’ombra. In tutta la sua completezza Delicatessen è un lungometraggio che resiste al tempo, continuando a farci divertire con una buona dose di sano cinismo.