La moglie di Frankenstein è un film del 1935 diretto da James Whale, sequel del celebre film Frankenstein.
E’ una pietra miliare nel genere horror e si distingue per la sua atmosfera gotica e l’interpretazione magistrale di Boris Karloff nel ruolo di Frankenstein.

La trama si svolge subito dopo gli eventi del primo film, con Henry Frankenstein intenzionato a replicare l’esperimento che ha portato alla creazione di un essere umano attraverso la necrofisiologia. Tuttavia, la moglie del dottore, Elizabeth, è contraria a questo progetto e teme le conseguenze che potrebbero derivarne.

Trama de La moglie di Frankenstein

Nel prologo Mary Shelley narra al marito Percy Bysshe Shelley e all’amico scrittore George Byron l’ipotetico prosieguo ideale del suo romanzo Frankenstein.

La creatura (Boris Karloff) vagabonda per le campagne dopo essere sfuggita all’incendio del mulino. Anche il dottor Henry Frankenstein (Colin Clive) è scampato alla morte e giura alla compagna Elizabeth (Valerie Hobson) che avrebbe smesso con i suoi esperimenti.
Un giorno, però, bussa alla sua porta il dottor Pretorius (Ernest Desiger), un suo antico insegnante. Gli propone di dar vita a una nuova razza di uomini artificiali donando alla creatura una sposa. Il dottor Frankenstein è allettato dalla proposta, ma si rifiuta di collaborare. La sua mostruosa creatura originale, però, rapisce sua moglie Elizabeth ed è costretto ad accettare la proposta del suo insegnante. 

Nel laboratorio Pretorius e Frankenstein danno vita a una nuova creatura di sesso femminile. La prima creatura guarda con affetto alla sua nuova compagna, ma essa, scorgendo le fattezze del mostro, grida terrorizzata.

La sua reazione scatena una rabbia furiosa della creatura maschile.
Alla fine, il dottor Frankenstein e sua moglie riescono a fuggire dal laboratorio in fiamme, ma il dottor Pretorius e le due mostruose creature troveranno la morte.

La pellicola subì molti tagli da parte della censura, sia durante la produzione a causa del codice Hays (linee guida morali in vigore negli Usa fino agli anni sessanta) sia quando venne distribuita nelle sale. Erano molte le scene incriminate, soprattutto quelle legate al mondo cattolico.

Inoltre,  la rappresentazione velatamente omosessuale di Pretorius destò molto scalpore. In diversi Paesi il film venne proibito o pesantemente tagliato, come in Italia.
Tutto questo clamore, tuttavia, ha reso ancora  più interessante e memorabile La moglie di Frankenstein.   

La moglie di Frankenstein: finchè morte non ci separi

La regia di James Whale è eccezionale. E’ riuscito a creare una tensione costante e un’atmosfera gotica che si adatta perfettamente alla tematica del film.
Le scene sono magnificamente illuminate, con una particolare attenzione ai dettagli e alle ombre che contribuiscono a creare suspense.

Le interpretazioni degli attori sono straordinarie, in particolare quella di Boris Karloff nel ruolo di Frankenstein. La sua capacità di esprimere emozioni attraverso il trucco e il movimento è straordinaria, riuscendo a far provare al pubblico empatia per un essere apparentemente mostruoso. Anche la performance di Valerie Hobson nel ruolo di Elizabeth è degna di nota, mostrando la sua forza e determinazione nel proteggere la sua famiglia.

La sceneggiatura si sviluppa in maniera avvincente, mantenendo l’interesse degli spettatori fino alla scena finale. Esplora in modo approfondito i temi dell’etica scientifica, dell’amore e della responsabilità umana nei confronti delle proprie creazioni.

Sebbene il film sia stato realizzato nel 1935, gli effetti speciali sono ancora impressionanti, soprattutto considerando le limitazioni tecniche dell’epoca. Le sequenze in cui viene mostrata la creazione della moglie di Frankenstein attraverso la combinazione di cadaveri elettrificati sono particolarmente spettacolari ed emozionano ancora oggi.

Il truccatore Jack Pierce  merita una nota speciale per il suo lavoro. Per l’aspetto del mostro di questo film, modificò il trucco da lui ideato nel 1931 per mostrare gli effetti dell’incendio nel quale era rimasta coinvolta la creatura alla fine del film precedente. Aggiunse cicatrici e accorciò i capelli della creatura in modo da dargli l’aspetto bruciacchiato.

Girando in sequenza il film, Pierce con il passare delle riprese, modificò gradualmente il trucco del mostro per mostrare come le sue ferite stessero guarendo. Inoltre, creò l’aspetto della sposa seguendo i consigli di Whale, specialmente riguardo l’iconica acconciatura, ispirata a Nefertiti, che la creatura doveva possedere.

Il film è ricco di simbolismo cristiano. A partire dalle scene in cui la creatura viene legata e immobilizzata a mo’ di crocifissione, fino  alla presenza della figura di Cristo in croce nel cimitero. Il mostro incontra un eremita che ha un crocefisso appeso al muro della sua casa. Con una transizione in dissolvenza, il montatore del film Ted kent lo fece risplendere, con grande costernazione del regista. Whale sembra voler comparare il mostro di Frankenstein e Gesù. La sua orrenda creatura viene generata dall’uomo e non da Dio. 
Prima resuscita dal regno dei morti e poi viene crocifissa. Esattamente l’opposto del Cristo.

La moglie di Frankenstein: un clamoroso successo

La moglie di Frankenstein fu un successo finanziario per la Universal Pictures, con un resoconto datato 1943 che riportava un incasso di 2 milioni di dollari dell’epoca (circa 29 milioni attuali) a favore dello studio. Eppure, durante la lavorazione ci furono diversi problemi.

Il primo giorno di riprese, Karloff si fratturò un fianco e fu necessario impiegare una controfigura per proseguire con la tabella di marcia. Inoltre, ci furono dei ripensamenti sul finale del film. In quello originale, il dr. Henry Frankenstein moriva nel castello durante l’esplosione. Poi, Whale pensò a un lieto fine e rigirò la scena per salvare il personaggio.
Si dimenticò, però, di eliminare delle inquadrature in cui Colin Clive era visibile nel crollo del laboratorio. Allora il regista rigirò e rimontò il finale solo pochi giorni prima della presentazione ufficiale del film.

La pellicola è un cult di genere che è citato in diverse opere e ha ispirato molti registi.  
Ne La donna esplosiva (1985) i due protagonisti si convincono di creare la donna dei loro sogni al computer dopo aver visto La moglie di Frankenstein in televisione.
Ne La sposa di Chucky (1998), Chucky dà vita alla sua compagna di plastica, dopo aver ammazzato la sua fidanzata da vivo gettando nella vasca da bagno la televisione che trasmetteva il film di Whale.

In The Rocky Horror Picture Show (1975), Magenta, una delle protagoniste, indossa la stessa parrucca della moglie di Frankenstein.  La stessa acconciatura viene sfoggiata in  Frankenstein Junior (1974) da Elizabeth che viene rapita dalla creatura. Per lo spavento i suoi capelli assumono la forma dell’iconica chioma del film del 1935. Ma il tributo a questa acconciatura non finisce qui! La sfoggia anche la barbocina di cui si innamora Sparky, un cane riportato in vita come Frankenstein nel film Frankenweenie (1984).

Ci sono stati diversi remake de La moglie di Frankenstein (tra cui uno con Sting).
Si vocifera da tempo di una versione moderna per Netflix diretta da Maggie Gyllenhall, ma al momento il progetto risulta annullato.

Staremo a vedere se Christian Bale vestirà o no gli abiti del dr Frankenstein. Ma una cosa è certa: questa pietra miliare del cinema horror è una storia senza tempo che continua ad affascinare generazioni differenti. Gli anni passano, l’amore mostruoso resta.