Dino Risi è considerato uno dei padri della commedia all’italiana.
Milanese, classe 1916, si avvicinò al cinema dopo una laurea in medicina. Si rifiutò di diventare psichiatra e cominciò a lavorare sui set come aiuto regista di Alberto Lattuada e Mario Soldati. A trent’anni girò il suo primo cortometraggio, “Barboni” un affresco sulla disoccupazione milanese. Dopodiché ne girò altri, tra cui “Buio in sala” (1950), costato duecentomila lire e venduto a Carlo Ponti per due milioni. Questo primo successo gli permise di raggiungere una certa notorietà e ottenne la possibilità di trasferirsi a Roma, dove scrisse il soggetto di “Anna” di Lattuada.

 “Mi piacciono solo i film che sto per fare. Dopo non vado neanche a vederli.“

Dino Risi

Sono molti i film noti di Dino Risi. Nella sua carriera è stato in grado di alternare il registro comico a quello drammatico e tante delle sue pellicole sono diventate dei veri e propri cult. Tanto per citarne qualcuno: “Pane,amore e…”(1955), “Il Sorpasso” (1962), “I mostri” (1963) , “Vedo nudo” (1969), “Sesso matto” (1973), “Profumo di donna” (1974), “Il commissario Lo Gatto” (1986). Ma quali sono i film meno conosciuti di Dino Risi? Ecco tre film che noi di Cabiria Magazine vi  consigliamo di vedere assolutamente:

Vacanze col Gangster, Dino Risi 1951

Film d’avventura per ragazzi, che vanta una sceneggiatura brillante e in cui si intravede il Risi che verrà. E’ l’opera prima del regista milanese. Non segna però solo il suo esordio, ma anche quello del giovane attore Mario Girotti che diventerà famoso con il nome di Terence Hill e persino quello di Mario Cecchi Gori come aiuto produttore.

E’ una pellicola sospesa tra sogno e realtà, una favola all’insegna dei buoni sentimenti. I  protagonisti di questa storia sono un gruppo di goonies ante litteram:  cinque compagni di scuola che credono di salvare un innocente, ma liberano un criminale.

I ragazzi  scoprono un messaggio nascosto all’interno d’un cavalluccio di cartapesta. Si tratta  dell’appello del prigioniero  n. 5823 (Lamberto Maggiorani) che afferma d’essere stato condannato ingiustamente.  I cinque giovani progettano un piano per liberarlo da mettere in pratica durante le vacanze estive sulla spiaggia di Monteforte, proprio nei paraggi del castello diventato prigione. I piccoli salvatori decidono di mandare un messaggio al detenuto e lo nascondono in una torta. Però, non tutto va secondo i loro piani. Il prigioniero divide la cella e, ahimè, anche il dolce con il  n.6211: un pericoloso criminale.

E’ proprio il galeotto a trovare il biglietto. Caso vuole che anche i membri del clan del carcerato n.6211 stanno preparando un piano per la sua evasione e approfittano dei ragazzi per riuscire nella loro impresa.
Tra inganni ed errori, i giovani finiscono per liberare l’uomo sbagliato. Fanno evadere il gangster Jack Menotti (Mark Lawrence) e lo nascondono in un’imbarcazione abbandonata.
Capiscono troppo tardi di essere stati imbrogliati, ma fortunatamente arriva la polizia che ammanetta il criminale. I giovani sono salvi e, nonostante tutto, la loro impresa non si rivelerà vana…

La stanza del vescovo, Dino Risi 1977

Da un’avventura tra ragazzini passiamo a quella di un giovane playboy che si ritrova coinvolto in un dramma familiare con tanto di assassinio.
Il film è valso il David di Donatello alle penne di Leo Benvenuti e Piero de Bernardi che hanno adattato l’omonimo romanzo di Piero Chiara per il grande schermo.

Questo film del 1977 di Dino Risi ottenne un buon successo di pubblico, merito non solo della sceneggiatura, ma anche delle ottime interpretazioni dei protagonisti e delle bellissime ambientazioni poco viste nel cinema di allora.

L’intera vicenda è ambientata nel 1946. Il ricco protagonista Marco Maffei (Patrick Dewaere) è proprietario di un’ imbarcazione e trascorre il suo tempo veleggiando sulle acque del Lago Maggiore. Un giorno stringe amicizia con un uomo bizzarro: l’avvocato di mezza età Temistocle Orimbelli (Ugo Tognazzi) sposato con la fredda e bisbetica Cleofe (Gabriella Giacobbe). La cognata di Temistocle è una bellissima ragazza, Matilde (una giovanissima Ornella Muti) che viene sottoposta a continue pressioni psicologiche e ricatti di varia natura dalla dura bisbetica. L’avvocato invita a casa sua Marco e viene ospitato per la notte nella “stanza del vescovo”, un prozio di Cleofe annegato misteriosamente nella darsena anni prima.

Il playboy e l’ avvocato vivranno insieme piacevoli giornate fino a quando Temistocle non manifesterà apertamente la volontà di sedurre sua cognata Matilde.  Marco aveva delle mire su di lei e il rapporto tra i due amici sembra incrinarsi.  Tra suspence e colpi di scena, il film si tinge di giallo.  Arriva l’annuncio della morte di Cleofe, annegata nella darsena della villa come lo zio vescovo. Il sospettato è Temistocle, ma riesce a farla franca e anche a sposare la cognata.
Il finale a sorpresa è la ciliegina sulla torta di questa pellicola ricca di intrighi e misteri.

Scemo di guerra, Dino Risi 1985

Questo film di Dino Risi del 1985, è ispirato ai diari di Mario Tobino “Il deserto della Libia (dai quali venti d’anni dopo Mario Monicelli trarrà “ Le rose del deserto) . E’ ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, fra le truppe italiane di stanza in Africa settentrionale. Una commedia agrodolce con protagonisti Beppe Grillo e Colouche.
L’attore d’oltralpe interpreta il folle Capitano Oscar Pilli, parte che era stata inizialmente pensata per Vittorio Gassman. Infatti, Age e Scarpelli avevano in mente di realizzare questo film già negli anni ’60, ma l’attore de “Il Sorpasso” vent’anni dopo era fuori parte e Dino Risi optò per l’istrionico Colouche.

Il sottotenente medico Marcello Lupi (Beppe Grillo) alla fine del 1940, viene assegnato a una sezione sanitaria nell’oasi di Sorman, in Libia, comandata dal maggiore Bellucci (Bernard Blier).  Poco dopo il comando passa all’uomo col grado più alto, il capitano Oscar Pilli (Coluche), che è afflitto da gravi disturbi mentali. Marcello rimane immediatamente colpito dalla personalità psicopatica dell’uomo. Un despota puerile e arrogante dall’indole infantile e contraddittoria,  che viene isolato dai militari stessi.

Marcello si rende conto della sua pericolosità e insieme ai colleghi Pintus (Claudio Bisio), Cerioni (Gianni Franco), Nitti (Franco Diogene) e Bodda (Fabio Testi), scrive una lettera anonima al comando generale dell’esercito per chiedere la rimozione di Pilli per manifesta instabilità psichica. Viene allora inviato nel campo il Colonnello della psichiatria Morelli (Nicola Morelli) che, visitando Pilli, lo reputa assolutamente inidoneo al ruolo assegnatogli. Ma l’amicizia dell’uomo con il maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani, e la conseguente trama di protezioni altolocate, rende impossibile il provvedimento di rimozione.

Alla fine l’esaltazione del capitano si manifesterà in un gesto folle ed estremo: affrontare da solo gli inglesi con una bomba a mano. Il titolo e il cast traggono in inganno perché non si tratta di un film propriamente comico, piuttosto di una tragicommedia che affronta un tema serio come la malattia mentale nel corso di una guerra.

Presentato al Festival di Cannes, Scemo di guerra non fu un grande successo. Alcuni non apprezzarono la performance di Grillo, prestato dalla televisione al cinema.  Ma la sua interpretazione, invece, è misurata. E  lasciarlo recitare con il tipico accento genovese gli conferisce una buona dose di autenticità.  Davvero memorabile la prova d’attore di Colouche in questo sottovalutato film di Dino Risi che merita una seconda chance a quasi quarant’anni dall’uscita.