La Trilogia dell’Apocalisse di John Carpenter, che include le pellicole La cosa, Il signore del male e Il seme della follia, potrebbe essere vista come un genere a sé

Questi tre film sono speciali: realizzati nell’arco di tredici anni e non collegati tra loro, sono uniti dalla discesa nella follia dei personaggi, dai finali disastrosi e pessimistici e, soprattutto, dall’idea della perdita del controllo.

Vediamo come, film per film, John Carpenter mette in crisi il nostro modo di intendere la realtà quando c’è un’apocalisse imminente.

La cosa è il primo passo nella Trilogia dell’Apocalisse di John Carpenter

La cosa (The Thing) è un film horror-fantascientifico del 1982 diretto da John Carpenter e scritto da Bill Lancaster, liberamente tratto dal racconto La cosa da un altro mondo (Who Goes There?) di John W. Campbell, uscito poco prima degli anni ‘40.

Con Kurt Russell nei panno del protagonista R.N.MacReady, questo è il primo lungometraggio carpenteriano ad alto budget che apre la Trilogia dell’Apocalisse e che vede il cineasta americano riportare sullo schermo la tragica avventura di dodici scienziati del U.S Outpost, dispersi al Polo Sud per fronteggiare da soli una minaccia extraterrestre parassita dalle sembianze multiformi, in grado di ricreare fedelmente qualsivoglia essere vivente con cui entra in contatto. Ogni membro della base si trova di fronte a un enigma angosciante: individuare quale corpo sia stato assunto dall’alieno. 

Dopo varie prove del nove, aggressioni, uccisioni e sabotaggi rimangono solo MacReady e Childs (Keith David): i due rimangono isolati da tutto, andando incontro a una probabile morte per assideramento, oltre a nutrire il reciproco sospetto che l’altro sia stato contagiato.

La cosa è un cult che risulta ancora disturbante: essendo capostipite del genere body horror dove le varie mutazioni del corpo la fanno da padrone, gli effetti magnifici di Rob Bottin e della sua squadra superano i limiti tecnologici del tempo. Le creature e i cadaveri sono statue modellate a mano e mosse per animatronica o manualmente e la colonna sonora, composta da Ennio Morricone e accompagnata da sottofondi elettronici prodotti dallo stesso Carpenter, sottolinea il disagio dei personaggi.

Il film è un classico horror non solo per gli effetti speciali, ma soprattutto per la mancanza di umanità e solidarietà tra i membri della spedizione. Il finale del film è tragico, senza via d’uscita, dove nessuno vince mentre tutto è – letteralmente – in fiamme.

Carpenter dissolve ogni elemento che può consentire un’ultima difesa contro l’ignoto e la dissoluzione, poiché l’apparizione della figura aliena getta la squadra in uno stato di incertezza, dove né la scienza né l’ingegno sono d’aiuto.

Tale concetto è messo in scena in maniera magistrale quando il Dottor Blair (A. Wilford Brimley), dopo aver chiesto al computer di fargli un calcolo sull’esito del contagio e quest’ultimo non è affatto confortante, impazzisce e taglia le comunicazioni con il mondo esterno, che per disperazione sceglie di cancellare tutto e far finta di niente finché non accadrá anche al di fuori della truppa. Ma, purtroppo, per loro è troppo tardi e Blair già lo sa. 

Il regista in questo film mostra l’apocalisse sotto forma di qualcosa di estraneo che riesce ad entrare nel privato, nelle persone stesse, e che getta il mondo nel timore e nella diffidenza in cui si diventa incapaci di collaborare e sostenersi di fronte a un nemico comune. Paranoia, orrore, egoismo e paura non lasciano scampo a nessuno e l’unica consolazione sembra l’eliminazione del mondo in maniera assoluta e, in qualche modo, ridurre il dolore il più possibile, ma non dopo vari tentativi inutili.

Il signore del male, la risposta liberatoria di Carpenter ai precedenti fallimenti al botteghino

Il signore del male viene rilasciato nel 1987 ed è l’unico in cui Carpenter ha scritto personalmente la sceneggiatura, utilizzando lo pseudonimo di Martin Quatermass.  
Donald Pleasence e Victor Wong tornano a recitare per il regista anche in questo film che va a prendersi, cronologicamente, il secondo posto all’interno della Trilogia dell’Apocalisse.

Il film arriva dopo 5 anni dal primo, ma l’insuccesso commerciale rende difficile a John Carpenter produrre pellicole con un budget alto. D’altro canto, l’appoggio di case di produzione minori gli garantiscono maggiore libertà creativa.

Il lungometraggio prende avvio dalla morte ambigua di un prete, che frugando in uno scantinato, trova una fiala piena di melma, che consegna a studiosi e scienziati. Il prete, a detta del suo successore Padre Loomis (Donald Pleasence), era l’ultimo membro della cosiddetta Confraternita del Sonno, una setta millenaria oscura persino al Vaticano che da secoli mantiene un terribile segreto riguardante la presenza di un cilindro contenente una sostanza di colore verde situato nei sotterranei della chiesa di Saint Godard’s. 

Tale scoperta smuove Padre Loomis a contattare il professore di fisica di nome Howard Birack (Victor Wong), per studiare il contenuto di quella melma.

Con l’aiuto di giovani laureandi si rende disponibile nel trovare una risposta al mistero, insieme ad alcuni microbiologi e alla traduttrice di lingue antiche Lisa (Ann Yen), chiamata a trascrivere l’antico libro che racconta del fluido.

Si intuisce alla fine che lo strano liquido è l’essenza di Satana, che trasforma alcuni accademici in morti viventi assassini. Più precisamente stiamo parlando di un Anti-dio parassitario in cerca di un ospite per riportare in vita il padre, ovvero il Male. 

Dopo diverse esperienze orrifiche, quello che sembra uno spiraglio di luce nel sacrificio di Catherine Danforth (Lisa Blount), è solo una pausa concessa allo spettatore che presto viene troncata dall’incubo di Brian Marsh (Jameson Parker), il ragazzo di Catherine e l’unico ad essere scampato alla carneficina nei sotterranei della chiesa di Saint Godard’s, sogna la sua ragazza nelle sembianze dell’Anticristo e, quando si sveglia trova una Catherine scarnificata proprio accanto a lui: ma anche questo si rivela essere un sogno e, inorridito, corre allo specchio della camera con le mani tese per verificare se il portale è aperto. Appena c’è il tocco, arriva il nero. Il pubblico non sa più niente e rimane così, con il dubbio che il Male sia ancora libero.

Sogni premonitori e gli specchi che riflettono e contengono il Male compongono la bellezza formale di tale pellicola, sono delle figure retoriche che si scontrano con le crudi immagini dei cadaveri, di insetti che mangiano corpi, di persone possedute e di volti sfigurati. 

La pellicola ha la sua forza nel mettere sullo stesso piano il teorico, lo scientifico ed il religioso, lasciando così il pubblico con l’amaro in bocca. La blasfemia di ogni credo, quello razionale e quello fantasioso, è punto cardine de Il Signore del Male: Carpenter vuole distruggere tutto ciò che pretendiamo di sapere e che mettiamo alla guida della nostra vita. La scienza non ha esperienza di ciò che sta succedendo, Cristo viene considerato un alieno lontano dal nostro mondo e la Chiesa risulta una setta che per anni ha tenuto l’umanità all’ oscuro di questa scomoda verità.

Ancora una volta non è lo strato superficiale del film a generare paura ma i concetti e le teorie che gli stanno dietro, che vedono l’uomo immerso in un universo che pensava di conoscere, le cui verità gli sono però totalmente ignorate. C’è anche la rabbia nei confronti di un ordine religioso che non ha saputo tenere a bada questo male o non riesce a domarlo, risultando in una sfiducia completa in tutto ciò che definisce arbitrariamente il bene e il male.

Il seme della follia, il capolavoro metafilmico della Trilogia dell’Apocalisse

Il seme della follia (In the Mouth of Madness) è l’ultimo horror della Trilogia dell’Apocalisse che esce nel 1994: è ispirato ai racconti e romanzi di Howard Phillips Lovecraft e la regia di Carpenter è accompagnata dalla strepitosa fotografia di Gary B. Kibbe.

Attraverso un lungo flashback, veniamo a conoscenza delle disavventure dell’investigatore assicurativo John Trent (Sam Neill, adattissimo per questo ruolo) viene ingaggiato da un’importante casa editrice per ritrovare Sutter Cane (Jürgen Prochnow), celebre scrittore che, ormai da diverso tempo, rimanda la pubblicazione del suo ultimo, attesissimo, romanzo horror In The Mouth of Madness

Linda Styles (Julie Carmen) viene incaricata dalla casa editrice di aiutare Trent e, per questo, gli rivela che in alcuni lettori il romanzo sembra avere un impatto disturbante inducendoli a sperimentare visioni, paranoia e perdita di memoria. Cosa che succede anche al protagonista.

Per cercare questo scrittore, Tren risale ad una cittadina di nome Hobb’s End e, una volta lì, scopre che tutto e tutti corrispondono alla descrizione data nel romanzo. Qui la linea tra finzione e realtà si sfuma, Linda stessa è uno dei personaggi di Cane, scompare dalla trama e svanisce dai ricordi di tutti tranne che di Trent. Prima di lasciare Hobb’s End, Trent parla con lo stesso Cane, che gli dà il libro appena finito di scrivere chiedendogli di consegnarlo all’editore.

Non appena lascia la città, Trent tenta di sbarazzarsi del libro, ma non riesce nemmeno bruciandolo: quando torna a Harglow, scopre che il libro è stato pubblicato diverse settimane prima e che lui stesso aveva consegnato il manoscritto mesi prima. Ormai in preda ad un esaurimentio, Trent arriva in un negozio e uccide un ragazzo che ha appena acquistato il libro, finendo per essere internato in un ospedale psichiatrico.

Trent si sveglia il giorno dopo e scopre che tutti all’ospedale sono stati assassinati: una radio dell’ambulanza dice che il mondo è stato conquistato da mostri mutanti, fuori regna il caos con massacri e suicidi in abbondanza. Nel frattempo, il film basato sul romanzo è al cinema e Trent lo va a vedere: con sua sorpresa, si ritrova sullo schermo e inizia a ridere per lo shock.

La risata si trasforma presto in singhiozzi quando si rende conto di essere semplicemente un’opera di finzione che non ha modo di decidere per sé.

Il Seme della follia è una spirale delirante: questo è un meta film che merita di essere studiato a scuola, per i suoi legami con la letteratura e con tutto ciò che succede in quella crepa creata dai diversi universi che collidono. Non a caso, viene definito come il migliore della Trilogia dell’Apocalisse.

I personaggi perdono il controllo sulle proprie vite e neppure Trent, un individuo solitamente insospettabile e abile nel riconoscere le truffe nel suo lavoro, riesce a sfuggire a un ciclo senza fine. Talvolta, la follia sembra essere l’unica risposta possibile.

La Trilogia dell’Apocalisse: il caos per Carpenter è terreno fertile per il cinema

La Trilogia dell’Apocalisse viene studiata a fondo ormai da un po’ e probabilmente questo articolo non porta niente di nuovo alla discussione, ma fa sempre bene parlarne poiché il genio di John Carpenter rivisita il genere horror e lo rende più tangibile, anche se impossibile o lontano. Ma è proprio questo il punto: non è detto che questa apocalisse sia impossibile, tanto meno lontana.

La paura che si instaura nei personaggi e nello spettatore è costituita dal fatto che in ogni film non c’è traccia di speranza nei loro finali, dove viene trasmesso sullo schermo un collasso della realtà come la conosciamo, dove pure gli uomini più razionali o che più si fidano di un bene superiore vengono spogliati dalle loro certezze, gettandoli nel caos del divenire.

E non c’è niente di meglio del concetto dell’apocalisse per fare ciò, per osservare i personaggi da più punti di vista e, infine, per giocarci. E se non è cinema questo, allora cos’è?